Guardians Of Justice: la recensione dell’allucinogena serie Netflix

Guardians of Justice è una serie originale distribuita e disponibile su Netflix.

La trama

Nel 1987 il mondo è cambiato da quando è arrivato un alieno che ha preso su di sé il compito di proteggere la Terra: lo stesso Nixon ha dato la sua benedizione, affiancandogli tutti i supereroi disponibili. Tutto sembra andare per il verso giusto, finché l’eroe, Marvelous Man, non decide di suicidarsi in diretta tv.

I suoi compagni, i Guardiani della Giustizia, continuano a combattere in suo nome cercando allo stesso tempo il colpevole: ma tutto sembra andare a rotoli, e niente sembra poter fermare il disastro incombente: i Cyborg T-Rexes attaccano la Siria, una frana di fango sta per sommergere tutta l’India, il disastro nucleare è alle porte e per le strade degli Stati Uniti sta serpeggiando pericolosamente una nuova droga, il Mellow Devil.

La recensione

È definitiva la conquista dell’immaginario degli Anni Venti da parte del genere supereroico: e non semplicemente per i trionfi progressivamente sempre più assordanti al botteghino, quanto perché i cinecomic hanno dimostrato di saper rileggere i generi e aggiornarli all’epica e all’epoca moderna, e contemporaneamente non rinunciare mai ad una sanissima autoironia, dissacrante anche se spesso leziosa.

Guardians Of Justice ne è la conferma lampante: da una parte, l’ennesimo racconto di un supergruppo che però non è uguale a nessun altro; dall’altra, la riflessione, questa volta cinica (e veramente spietata anche dal punto di vista della sincerità ed assolutezza della violenza mostrata e mai risparmiata), sul genere stesso e sul concetto di superuomo, un corpo fisico e metafisico esibito ed esposto ad suggestioni etiche, morali e filosofiche infinite.

La regia di Ari Shankar aveva creato attese non da poco -tanto per capire, è suo l’unico film vincente e convincente di un altro antieroe come il Punisher, secoli prima della libertà offerta dalla stessa Netflix, nel film The Punihser: Dirty Laundry con Thomas Jane-, ma gli episodi superano ogni aspettative.

GoJ è colorata come i Power Rangers, violenta come The Boys, eticamente spessa come Wathcmen, grottesca come Umbrella Academy; eppure non somiglia a nessuna di queste.

Anzi, forse molto più vicina all’opera di Moore traslata da Lindelof rispetto al resto, ma niente è paragonabile al viaggio allucinato che inizia con il primo episodio e va fino in fondo senza un attimo di pausa o cedimento di ritmo. Marvel Comics e Dc Comics sono i bersagli, e via via i loro eroi, le loro storie e le loro assurdità: tutto ad una velocità forsennata, dialoghi fitti, un immaginario che torna così indietro (più o meno al Batman di William Dozier del 1966) da fare il giro e arrivare così avanti da risultare in alcuni punti avanguardistica.

I toni sono oscuri anche se il cromatismo vira su colori caldi; e l’aria è così densa da rendere ogni passaggio di trama così perturbante da diventare inquietante, mentre lo schermo si satura di influssi da ogni dove, mescolando senza soluzione di continuità didascalie fumettistiche, animazione videoludica 3D, filmati stock manipolati, interferenze ad 8-bit, live action anni Ottanta.

Un tripudio di cultura pop all’ennesima potenza che non rinuncia alla serietà, al dramma e ad una violenza che non fa sconti, reso ancora più appetibile dalla struttura gialla a whodunit che diventa il fil rouge da seguire per orientarsi in una vera e propria ordalia di suggestioni e rimandi, barbarica e vertiginosa.