‘Antlers’: l’orrore quotidiano si confronta con quello delle antiche tradizioni

In Antlers un’insegnante elementare torna nella sua cittadina natia per ricongiungersi col fratello poliziotto, dopo esser fuggita da ragazzina, a seguito dei comportamenti sessualmente depravati di un padre-mostro, ritrovatosi a gestire due figli dopo la morte della moglie. Cercando di ristabilire un rapporto col fratello, la donna inizia a reinserirsi in società iniziando a insegnare presso una scuola elementare.

Ma il comportamento strano di un ragazzino preso di mira dai compagni più bulli, e la sparizione di alcune persone poi ritrovate orrendamente straziate nei boschi vicini, portano alla luce l’esistenza di un essere che la mitologia dei nativi americani già ben conosceva. Una creatura mostruosa che si nutre di malvagità, oltre che di esseri umani, che fagocita con avidità impossessandosi del male che vive in loro.

Antlers disponibile in streaming su Disney Plus

“Sono inafferrabili, e sempre in cerca di cibo: ma mangiare li rende ancor più affamati…e più deboli.

Chi è così sfortunato da incontrarne uno, può ucciderlo, ma solo quando è debole.

E solo estinguendo il suo cuore pulsante, costringendolo così a cercare un altro ospite. Ma tutto questo ha un senso: i nostri spiriti ancestrali erano qui molto prima di noi, e saranno qui dopo che noi ce ne saremmo andati…. Ora però sono arrabbiati…”

L’atteso ritorno alla regia di  Scott Cooper (suoi i solidi Crazy Heart,  Il fuoco della vendetta, Black Mass – L’ultimo gangster e soprattutto Hostiles, ad oggi il suo titolo migliore), si manifesta con un horror che ambisce a fondare le radici del suo percorso narrativo, oltre che del mistero al centro della vicenda, in una antica e suggestiva, oltre che spaventosa leggenda delle popolazioni oriunde americane, volgarmente definite pellerossa o, incongruamente, “indiani”.

Le basi per un horror coi fiocchi ci stavano tutte, ma Cooper, in realtà cineasta di talento ma piuttosto mainstream, non si rivela avvezzo ai tempi e agli stili di genere, volendo anche a sondare sfaccettature umane di chi ha subito le terribili esperienze di incesti ed altre tragedie familiari.

Tematiche spinose, talvolta mature ed insolite, quelle che il film tenta di intrecciare, ma che mal si amalgamano alle atmosfere horror e che rendono il film un po’ incerto sulla strada da imboccare.

Il cast (che comprende una sensibile Keri Russell, l’ottimo e lanciatissimo Jesse Plemons, il sempre troppo sottostimato Scott Haze, il granitico nativo americano Graham Greene, la rediviva – ma per poco, nel film – Amy Madigan) funziona, ma l’horror di lusso non convince proprio.

Un po’ troppo edulcorato nelle scenografie certo ad effetto, ma anche un po’ posticce, e senza quel pathos sporco e un po’ artigianale che un buon horror deve quasi sempre provvidenzialmente portarsi appresso.

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