Appuntamento dal 21 al 30 gennaio con il 33. Trieste Film Festival: diretto da Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo, il festival, dopo l’edizione forzatamente in streaming dettata l’anno scorso dall’emergenza sanitaria, torna finalmente (anche) in presenza. Al via una formula “ibrida”, che potrà contare dal 21 al 27 su tre sale della città (Rossetti, Ambasciatori e Miela), e dal 26 al 30 sulla piattaforma online di MYmovies.
Ad aprire il festival sarà Quel giorno tu sarai (Evolution), il nuovo lungometraggio diretto da Kornél Mundruczó e scritto da Kata Wéber dopo lo straordinario successo di Pieces of a Woman (premiato a Venezia e candidato all’Oscar). Applaudito fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes, e in uscita nelle sale italiane il 27 gennaio distribuito da Teodora Film, Quel giorno tu sarai racconta una vicenda di straordinaria intensità, sempre con Martin Scorsese nella veste di produttore esecutivo.
Protagonista del film, una famiglia che attraverso tre generazioni si confronta con l’eredità della Shoah, dalla nascita miracolosa di Éva in un campo di concentramento fino alla vita quotidiana del nipote Jonas e di sua madre nella Berlino di oggi. Ispirandosi a eventi realmente accaduti, Mundruczó e Wéber realizzano una riflessione potente sulla memoria e l’identità, anche grazie a un cast formidabile e a una messinscena che lascia a bocca aperta per i suoi incredibili piani sequenza.
“Ogni nuovo film di Mundruczó e Wéber”, ha dichiarato Scorsese, “arriva come un salutare shock per gli spettatori e per chi fa cinema: si tratta di due autori che non smettono mai di avventurarsi in territori inesplorati. Con Quel giorno tu sarai riescono a drammatizzare il movimento stesso del tempo, il modo in cui ricordiamo e il modo in cui dimentichiamo”.
Alla proiezione di Quel giorno tu sarai sarà inoltre legato uno dei due tradizionali premi assegnati dal Trieste Film Festival, l’Eastern Star Award, nato per segnalare le personalità del mondo del cinema che con la loro carriera hanno gettato un ponte tra l’Est e l’Ovest (nell’albo d’oro Irène Jacob, Monica Bellucci, Milcho Manchevski, Rade Šerbedžija, Kasia Smutniak, Miki Manojlović), e assegnato quest’anno proprio a Mundruczó, protagonista negli ultimi anni di un autentico exploit internazionale, che dall’Ungheria l’ha portato alla ribalta dei principali premi mondiali, Oscar compreso, e alla sceneggiatrice Kata Wéber.
Il Cinema Warrior Award, istituito per premiare l’ostinazione, il sacrificio e la follia di chi “combatte” per il cinema, va invece a Luciana Castellina, instancabile protagonista della vita politica e culturale del nostro Paese, con un’attenzione sempre viva per il cinema e l’Europa.
Nucleo centrale del programma si confermano i tre concorsi internazionali dedicati a lungometraggi, cortometraggi e documentari.
33 Trieste Film Festival il programma
Undici i titoli del Concorso lungometraggi (in giuria le critiche cinematografiche Dubravka Lakić ed Emanuela Martini, e il programmatore e selezionatore Edvinas Pukšta).
Il croato Murina di Antoneta Alamat Kusijanović (produttore esecutivo Martin Scorsese, vincitore della Caméra d’or come migliore opera prima all’ultimo Festival di Cannes) legge nella tensione tra una figlia adolescente e un padre ossessivo, destinata ad aumentare con l’arrivo in casa di un amico paterno, le derive scioviniste (camuffate da “tratti culturali”) di un intero Paese.
Un’altra storia di famiglia, stavolta più corale e tutta al femminile, presta alle bulgare Mina Mileva e Vesela Kazakova (e alla protagonista Maria Bakalova, diventata una star internazionale con Borat 2) l’opportunità di raccontare, in Women Do Cry, una società maschilista e patriarcale, scossa dalle proteste nazionaliste contro la parità di genere.
Tra favola ed epica, realismo e metafora, si muovono due autori già apprezzati a Trieste. Stefan Arsenijević, che in As Far as I Can Walk adatta nella Belgrado di oggi, snodo della rotta migratoria dei Balcani, il poema medievale Strahinja Banović, facendo di un giovane del Ghana l’eroe nazionale serbo. Il rumeno Radu Muntean, in Întregalde si serve di una struttura da fiaba (con tanto di viaggio iniziatico) per mettere in discussione, o meglio in crisi, le certezze sulla solidarietà e l’empatia di un gruppo di amici in partenza per una missione umanitaria di fine anno.
33 Trieste film Festival il programma: omaggio al cinema georgiano e altro
À mon seul désir di Juja Dobrachkous, ritorno a casa di una giovane modella costretta a confrontarsi con il ruolo complesso e talvolta crudele che la nonna appena scomparsa ha avuto nella sua infanzia, “apre” all’omaggio alle registe del cinema georgiano, protagoniste quest’anno della sezione “Wild Roses. Registe in Europa” (vedi più avanti).
E ancora: dalla Serbia arrivano Celts di Milica Tomović, che nella Belgrado del ’93 fa specchiare l’insoddisfazione privata di Marijana con la dissoluzione pubblica della Yugoslavia, e Darkling di Dušan Milić, che con i codici del genere (e gli archetipi di certe paure ancestrali) riflette sull’eredità e i traumi psicologici della guerra in Kosovo. A proposito di Kosovo, due racconti al femminile firmati da Luàna Bajrami (The Hill Where Lionesses Roar, presentato alla Quinzaine di Cannes, storia di sogni, ambizioni e speranze di un gruppo di giovani amiche) e Norika Sefa (Looking for Venera, premiato a Rotterdam, vita complicata di due adolescenti che sognano di sfuggire dal rigore della loro società patriarcale). Il bullismo (anche cyber) è al centro del delicato Sisterhood di Dina Duma, dalla Macedonia del nord, mentre la Slovenia è presente con Orkester di Matevž Luzar, che fotografa in b/n segreti e bugie di una banda di ottoni in trasferta in Austria.
Due gli eventi speciali fuori concorso: oltre al citato Quel giorno tu sarai, anche il nuovo di un’altra grande firma del cinema ungherese, Ildikó Enyedi, che chiude le proiezioni “dal vivo” del festival con l’anteprima italiana di The Story of My Wife (prossimamente nelle sale con Altre storie).
Un kolossal dei sentimenti presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes, interpretato da un cast stellare guidato da Léa Seydoux, Gijs Naber, Louis Garrel, insieme ai “nostri” Sergio Rubini e Jasmine Trinca.
Altre sei le proposte fuori concorso: lo slovacco 107 Mothers di Peter Kerekes, tutto chiuso in un carcere femminile. Not So Friendly Neighbourhood del premio Oscar Danis Tanović, commedia romantica al sapore di kebab girata a Sarajevo durante la pandemia. Fabian – Going to the Dogs di Dominik Graf, dal romanzo di Erich Kästner, ritratto della Berlino dei primi anni ’30. Piccolo corpo di Laura Samani, tra gli esordi più sorprendenti e apprezzati (anche alla Semaine de la Critique di Cannes) del cinema italiano recente.
Vera Dreams of the Sea di Kaltrina Krasniqi, la vita di una donna matura sconvolta dal suicidio del marito. Infine Leave No Traces di Jan P. Matuszyński, ricostruzione del caso di Grzegorz Przemyk, uno studente liceale picchiato a morte dalla polizia nella Polonia del 1983.
33 Trieste Film Festival il programma: i documentari
Dodici i titoli del Concorso documentari (in giuria la regista georgiana Nino Kirtadze, il regista italiano Gianfranco Pannone e la regista e videoartista serba Marta Popivoda).
1970 di Tomasz Wolski ricostruisce le proteste scoppiate nella Polonia comunista del 1970, raccontate però da una prospettiva inedita, quella degli oppressori, rendendo vivida e vera (grazie all’aiuto dell’animazione in stop motion) l’atmosfera che si respirava in quel momento al Ministero degli Affari Interni, sbirciando tra le conversazioni telefoniche e dietro le porte chiuse degli uffici dei funzionari di governo. Da Varsavia a Praga con Reconstruction of Occupation di Jan Šikl, che scava negli archivi cinematografici privati e amatoriali per mostrare – attraverso gli sbiaditi “home movies” d’epoca – l’invasione da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Immagini uniche, a lungo invisibili, in cui i volti di cittadini anonimi si trasformano in testimoni viventi di quei drammatici giorni della storia cecoslovacca. I’ll Stand by You di Virginija Vareikytė e Maximilien Dejoie, l’impegno di due donne, una psicologa e un’agente di polizia, per ridurre il numero record di suicidi nella loro ridente cittadina in Lituania. The Case di Nina Guseva, sul caso del giovane attivista politico Konstantin Kotov, arrestato a Mosca nell’estate 2019.
The Balcony Movie di Paweł Łoziński, premiato a Locarno, originale esempio di documentario d’osservazione interamente girato dal balcone dell’appartamento del regista, a Varsavia. Never Coming Back di Mikołaj Lizut, ritratto di quattro giovani detenute del Centro educativo giovanile di Goniądz vicino a Białystok, in Polonia. Krai di Aleksey Lapin, ritorno del regista nel villaggio natale della sua famiglia al confine ucraino, dove lui stesso un tempo era solito trascorrere l’estate. Looking for Horses di Stefan Pavlović, sull’amicizia tra il regista e un pescatore che ha perso l’udito durante la guerra civile in Bosnia e si è ritirato in un lago per vivere in solitudine.
Museum of the Revolution di Srđan Keča, storia di un edificio mai completato, progettato per celebrare la Jugoslavia socialista e oggi abitato dai reietti di una società rimodellata dal capitalismo. Reconciliation di Marija Zidar, perdono e riconciliazione in un’Albania ancora “regolata” dal codice del Kanun. René – The Prisoner of Freedom di Helena Třeštíková, nuovo tassello di una cine-biografia lunga ormai più di trent’anni. Factory to the Workers di Srđan Kovačević, 10 anni di lotta operaia in una fabbrica croata che si trasforma in una forma alternativa di produzione, contro l’economia capitalista.
Fuori concorso
Sette i documentari fuori concorso: Babi Yar. Context di Sergej Loznica. Bosnia Express di Massimo D’Orzi. Freikörperkultur di Alba Zari. Gorbachev. Heaven di Vitalij Manskij; The Jungle di Cristian Natoli. Tullio Kezich – A proposito di me di Gioia Magrini. L’ultimo calore d’acciaio di Francesco De Filippo e Diego Cenetiempo.
I cortometraggi
Tredici i titoli del Concorso cortometraggi. L’Italia è rappresentata da Big di Daniele Pini e Inchei di Federico Demattè.
Big
Wild Roses: Registe in Europa è uno spazio dedicato alle donne registe dell’Europa centro orientale. Al centro della sezione, quest’anno, la Georgia, con una selezione di film degli ultimi dieci anni, sia di fiction che documentari, che con sicurezza autoriale offrono degli spunti di riflessione sulla condizione femminile in un Paese che è stato dilaniato da guerre civili e che oggi appare ancora in bilico tra tradizioni ancestrali e spinte verso la modernità.
Due gli omaggi di quest’anno: al festival Artdocfest, emblema del cinema di opposizione al potere centrale russo non a caso esiliato a Riga come il suo direttore, il grande documentarista Vitalij Manskij, estensore quest’anno di una carta bianca in cui proporrà al pubblico di Trieste alcuni degli autori più interessanti scoperti in questi anni; e a Vesna Ljubić (1938/2021), la prima cineasta donna della Bosnia Erzegovina, di cui si vedranno Ecce Homo (1994) e Adio Kerida (2001).
Trieste Film Festival 2022: al via la 33esima edizione