Disponibile nel catalogo di Netflix,Un pettirosso di nome Patty è un film d’animazione in stop motion della Aardman (Wallace e Gromit, Galline in fuga, Giù per il tubo e Shaun, vita da pecora) di Daniel Ojari e Michael Please. Un film sulla consapevolezza e sulla fiducia in sé stessi, molto più profonda di quanto possa sembrare.
Un pettirosso di nome Patty: la trama
Patty, il cui nome nella versione originale è Robin, è un pettirosso femmina nata in una tana di topi. Convinta di essere come la famiglia nella quale si trova a vivere, inizia a procurarsi cibo come loro, rubando briciole e avanzi nelle case degli esseri umani. Questo finché, nell’ennesima abitazione, non fa cadere un cucchiaio e si fa scoprire, insieme a tutti gli altri topolini che sono con lei. Da quel momento inizia a interrogarsi sulla sua vera natura. Come mai non riesce a procurarsi cibo come il resto della sua famiglia? Cos’ha di diverso rispetto a loro? Mentre cerca una risposta a queste domande, conosce una gazza e con lei tenta il colpo più ambizioso della sua vita.
La conoscenza di sé e degli altri
Un pettirosso di nome Patty insegna, con delicatezza, ad aprirsi al mondo. Quello che affronta Patty è un percorso di formazione e di accettazione. Lei crede di essere veramente un topo (e la rappresentazione delle orecchie ne è una prova) e, per questo, pensa di potersi comportare come tale. Solo col tempo capisce che non è così e che deve necessariamente guardarsi intorno. La sua preoccupazione iniziale è quella di non essere all’altezza della sua famiglia e per la sua famiglia arriva a mettersi in discussione.
Un pettirosso di nome Patty: l’incontro con la gazza
Per la crescita e la formazione di Patty è fondamentale l’incontro con Magpie, una gazza che la instrada verso il mondo esterno. Con sincerità, la gazza l’aiuterà ad aprire gli occhi su sé stessa e sugli altri. Una missione considerata la più spericolata della loro vita le unirà come non mai e insegnerà alla giovane protagonista più di quanto non abbiano fatto le parole rassicuranti della sua famiglia.
Tanti riferimenti
Impossibile non associare Un pettirosso di nome Patty a storie come La gabbianella e il gatto o anche il più recente Kung Fu Panda. Ma, in qualche modo, anche Il libro della giungla o Tarzan possono essere correlati a questo cortometraggio/mediometraggio sincero e genuino. Il protagonista (o la protagonista, come in questo caso) vive in una realtà diversa da quella alla quale dovrebbe appartenere. In tutti i casi citati, sono chiari riferimenti ai quali la storia su Netflix si ispira. C’è l’individuo, apparentemente estraneo rispetto a chi lo circonda, ma che, vivendo e crescendo in quel determinato ambiente, si adatta. E si adatta a tal punto da convincersi di essere qualcuno che non è. Patty, non avendo conosciuto il mondo da prospettive diverse da quelle dei topi, si convince di esserlo lei stessa, pur vedendosi e riconoscendosi fisicamente diversa.
Un pettirosso di nome Patty: un mix perfetto
Animazione per i più piccoli, tematiche anche per i più grandi. Il tutto mescolato con la giusta dose di ironia e con un pizzico di musica per stemperare la tensione. Sono questi gli ingredienti di successo di un mediometraggio che nulla ha da invidiare ad altri titoli presenti sulla piattaforma di streaming. E, in più, con quel tocco natalizio che fa appassionare anche lo spettatore occasionale che si mette alla ricerca di un film leggero durante le vacanze. Una mezz’ora sfruttata nel migliore dei modi anche solo, nella versione originale, per un Richard E. Grant molto bravo nel ruolo della gazza, ma soprattutto per una superba Gillian Anderson nel ruolo della temibile gatta che tenta di ostacolare Patty.