In concorso al Torino Film Festival, l’esordio di una regista svedese-costaricana di trent’anni. Una taumaturga, abitante di un villaggio superstizioso, cerca, attraverso la scoperta della sessualità, una via per affrancarsi dal suo presunto dono. Il racconto di una oppressione emotiva e del potere salvifico delle immagini.
Clara Sola è l’opera prima di Nathalie Álvarez Mesén, classe 1988, nata a Stoccolma, figlia di genitori del Costa Rica, paese del quale è cittadina. Il film, in concorso a Torino, è scritto dalla regista e da Maria Camila Arias, prodotto da HOBAB, Resolve Media, Need Productionse Pacífica Grey insieme con il Fondo per il cinema svedese, e distribuito da Luxbox. L’opera, al pari di Between Two Dawns, è prettamente visiva ed equilibrata, utilizza le inquadrature per indagare l’intimità nascosta, soffocata, della protagonista.
La trama di Clara Sola
Clarita (Wendy Chinchilla Araya) ha quarant’anni e abita un villaggio del Costa Rica. Parla poco, soffre di dolori ossei, assume espressioni distratte o burbere e diffida del contatto fisico con persone che non siano i suoi familiari. Vive con sua madre, Doña Fresia, e la figlia adolescente della sorella defunta, María. La donna anziana crede che Clara abbia il potere di guarire le malattie, così le intima di essere casta, cattolica, e di imporre le mani agli abitanti del villaggio, così da ricevere in cambio una piccola elemosina. La protagonista rompe la propria laconicità solo in compagnia di Yuca, una cavalla alla quale è molto legata, sulla quale proietta il proprio desiderio di libertà. Ci sono anche i coleotteri, suoi amici, dei quali si prende cura e sui quali concentra le sue attenzioni tattili.
La scoperta della sessualità da parte della protagonista – i baci tardivi e ingessati, la masturbazione, l’indagine dei propri sensi – è punita dalla madre, che le strofina i polpastrelli con il peperoncino. Clara osserva la nipote María e le libertà di cui gode: la danza, il trucco, i bei vestiti, la festa di compleanno; tutto ciò che a lei è invece negato. Quando il ragazzo che accudisce Yuca, ovvero uno dei pochi maschi che frequentano la casa, intreccia, sotto gli occhi di Clara, un rapporto con María, i castighi di Doña Fresia non saranno più sufficienti a reprimere la curiosità erotica della protagonista.
«Tutti noi dobbiamo lavorare. La mamma dice che io lavoro per Dio».
Clara
Un’indagine sui sensi attraverso la cura delle immagini
Clara del mondo comprende poco, e molto di quello che riesce a percepire viene mortificato dall’educazione materna. Del mondo, tuttavia, conosce il «nome segreto delle cose» e lo custodisce segretamente; il suo è Sola (sola). Il tatto, il suo strumento principe di conoscenza, è anche il più peccaminoso; la protagonista ha bisogno di sfiorare, accarezzare, tastare ciò che la circonda con la stessa urgenza con cui ha bisogno di toccare il proprio corpo. E la fotografia privilegia questi momenti sensoriali-speculativi, concedendo alla donna quell’intimità che la vita domestica le nega. La solitudine, per lei, è più una benedizione che una gabbia; in effetti, l’unica beatitudine a cui aspira.
La religiosità è, per inverso, la forma di prigionia alla quale la madre l’ha relegata; Clara non desidera questo presunto potere miracoloso, né vuole il contatto fisico con gli abitanti sui quali è costretta a imporre le mani. Le sue stesse vertebre storte costruiscono un ulteriore livello carcerario. La violenza della coercizione alla quale è sottoposta è soprattutto visiva, non drammatica; la protagonista reagisce raramente agli obblighi, e i suoi tentativi di ribellione si placano presto; per via della sua condizione di creatura inconsueta, Clara interiorizza in segreto la violenza e la lascia traspirare in durezza espressiva. Tanto la sessualità quanto la libertà sono esigenze che non sfociano in nessuna manifestazione, né verbale né fisica. Il semimutismo di Clara sottintende la povertà del suo vocabolario. La densità dialogica è quindi molto bassa e le immagini, molto curate, guidano la narrazione.
Nel tenue equilibrio cromatico delle scene e, insieme, nel verde della radura, Clara trova spesso l’armonia rispetto a un mondo fatto di castighi. Clara Sola è la storia di un’espiazione in senso contrario: dalla purezza – innaturale – al peccato – innocente. Nella chiarezza delle immagini si stagliano, infine, come le stelle per i naviganti, gli indizi per la sua liberazione.