Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e disponibile in esclusiva sulla piattaforma ITsART dal 10 novembre al 21 dicembre e poi in onda in prima serata su RAI5 il 27 dicembre Inedita di Katia Bernardi ci racconta il vero volto di Susanna Tamaro. Del film e della sua vita abbiamo conversato con la protagonista del film.
Susanna Tamaro in Inedita
La prima cosa che ho pensato dopo aver visto Inedita è che la tua vita assomigli a un vero e proprio romanzo di formazione. Come i personaggi di certi film, anche tu hai dovuto superare una serie infinita di difficoltà e incomprensioni prima di riuscire ad arrivare al punto in cui sei adesso.
È vero. Inedita è nato in maniera spontanea dopo aver conosciuto Katia Bernardi di cui avevo apprezzato molto il film precedente. Le ho scritto su Facebook e abbiamo deciso di incontrarci. Da lì è nata un’amicizia basata su un’affinità artistica e su una libertà mentale che, sul principio, ci ha spinto a fare un film insieme. Purtroppo non ci siamo riuscite e a quel punto Katia mi ha detto che la mia vita era già un film e dunque le sarebbe piaciuto fare un documentario su di me. L’assoluta fiducia nei suoi confronti mi ha permesso di farla entrare nella mia casa e nella mia vita. Dovendo filmare la mia biografia era necessario che tra noi ci fosse amicizia e grande complicità e così è stato. Per farlo ci sono voluti tre anni: è stato un lavoro lunghissimo in cui filmavamo due giorni all’anno. In quelle condizioni Katia è stata determinante nel creare la dinamica della storia.
Il cinema è molto presente nella tua vita. Attraverso Inedita scopriamo che ti sei laureata al Centro Sperimentale pensando di diventare regista e di realizzare film.
Avevo una fortissima vocazione per la regia. Sono stata l’allieva più giovane a diplomarsi al Centro Sperimentale. Sono entrata a diciott’anni e a venti mi sono laureata. Da lì, una volta terminati gli studi, ho iniziato a fare l’aiuto regista e a scrivere sceneggiature salvo poi scoprire che, soprattutto in Italia, il cinema non è un mestiere per donne. Lo dico con rammarico ma è così anche oggi. Ogni volta che ho cercato di portare avanti un progetto ho trovato sempre tutte le porte chiuse. L’idea di scrivere è nata da questa considerazione. Ho pensato che se non potevo esserlo nel cinema sarei diventata una regista sulle pagine della carta in cui avrei creato le storie dei miei personaggi. In questo senso si può dire che sono una regista prestata alla scrittura.
Dal particolare all’universale
Sempre a proposito di cinema in Inedita dici che per gli aspetti legati alla sindrome di Asperger ti viene spontaneo soffermarti sui particolari e da lì risalire al tutto. Cioè tu parti dai segni della realtà e da quelli arrivi all’universale. È un processo in cui mi sono ritrovato molto perché anche io nella lettura dei film parto dal particolare per arrivare al generale.
Per me è esattamente così. Non a caso i miei libri sono molto visivi. I miei testi non contengono elucubrazioni metafisiche senza fondamento, ma sono sempre un susseguirsi di immagini. In Va dove ti porta il cuore la protagonista è vittima di un matrimonio infelice, così, per renderne il malessere, mi sono affidata, tra le altre cose, all’immagine di un sogno in cui degli scarafaggi mangiano il suo vestito da sposa. Quella, per esempio, sarebbe stata un’immagine che avrei messo volentieri in uno dei miei film, ma purtroppo non è stato possibile. Il cinema resta il mio grande rimpianto. In realtà sono riuscita a farne uno, ma ripeto ho trovato sempre le porte chiuse verso quella che era la mia massima aspirazione. Peraltro ho avuto dei grandi insegnanti come Nelo Risi, Francesco Rosi e Valerio Zurlini, questo per dire che non mi mancava un bagaglio culturale importante.
A proposito di cinema Inedita è, per sua natura, un film catartico perché tutto il suo viaggio altro non è che una liberazione dai fantasmi che hanno accompagnato la tua vita. Da personaggio diventi finalmente persona.
Sì, non a caso Katia ama raccontare storie catartiche ed è per questo che si è innamorata della mia storia. D’altronde uno dei miei film preferiti è Billy Elliot, esemplare nella proposizione di una vicenda in cui si assiste al riscatto e alla rinascita della persona.
La vera Susanna Tamaro in Inedita
Preannunciato dal titolo, il film procede in una sorta di svelamento della tua vera identità. A colpire è soprattutto lo scarto tra pubblico e privato e il confronto tra quello che veramente sei e la maschera che dovevi indossare in occasione delle tue uscite ufficiali.
Quella è la grande frattura che c’è nella mia vita perché l’immagine che si dà di me è del tutto diversa da come sono io. Questo capita a tutte le persone, ma nel mio caso la distanza tra le due realtà era veramente grande e pesante da sopportare. Io sono una persona opposta a quella che per anni è stata descritta.
Il film ricorda di come, a un certo punto, ti fu imputato di aver assunto posizioni fasciste. Mi ricordo di una campagna molto dura nei tuoi confronti cosa che già allora mi stupì non poco perché si trattava di un attacco non supportato da evidenze concrete. Peraltro il ritratto che si dava di te andava contro la mitezza trasmessa dalla tua immagine.
Fu pazzesco e anche molto folle. Non ho mai capito come possa essere successo anche perché non ho mai litigato con nessuno. Sono una persona molto tranquilla che non ha mai dato adito ai comportamenti di cui venivo accusata.
Non sono in grado di sapere quanto e come queste notizie abbiano inciso sull’opinione che le persone hanno di te. Sono portato a credere che sia rimasta una cosa fine a se stessa, ma è stato davvero così?
Purtroppo no, nel senso che questa convinzione è filtrata molto profondamente nella società e con mia grande tristezza è rimasta perché queste dilazioni si diffondono per poi rimanere nella memoria delle persone. Si tratta di cose molto brutte per chi le subisce.
Questo episodio mi fa ragionare su come la diversità invece di essere un valore aggiunto venga considerata dall’”Elite” come un pericolo.
La diversità è qualcosa da colpire e distruggere. Essendo una persona essenzialmente autistica non ho mai avuto relazioni sociali mondane, cioè non sono mai andata a cena con i giornalisti, né ho dovuto telefonare a tizio e caio. Sono una persona che vive in un piccolo paese dell’Umbria e non ho reazioni con il cosiddetto mondo che conta. Nel mio privato porto avanti molte relazioni nella maniera in cui capita alla gente normale, ma non ho mai saputo gestire quelle che ti fanno avere una buona opinione pubblica. Il fatto che io non abbia un’agenda come quella del personaggio di Carlo Verdone in Un sacco bello, cioè che non vi figurino il direttore di un giornale importante e quello di altrettanti giornalisti e critici letterari equivale a non avere una rete di protezione sociale. Su di me è più facile infierire e nessuno paga, se non io, le conseguenze di questo dileggio.
Susanna Tamaro protagonista di Inedita
La bellezza di Inedita che è un romanzo di formazione sta nel fatto che il personaggio principale, cioè Susanna Tamaro, nonostante tutto riesce non solo a sopravvivere, ma anche a trionfare sulle avversità della vita. In questo Inedita e la tua persona trasmettono un messaggio di conforto e speranza allo spettatore.
Tenevo a fare il film anche per questo, per dire a tutte le persone in difficoltà che si può riuscire a farcela. Non è detto che questa marea di negatività debba prevalere. È difficile fermarla, ma si può resistere. La mia grande fortuna è quella di avere una vita identica a quella raccontata nel film: sono appassionata di arti marziali e ho molti amici in questo campo e tante altre relazioni che però sono fuori dal cosiddetto mondo delle apparenze. Sono relazioni reali che mi hanno protetto da quelle finte.
Nel corso del film sottolinei come la sindrome di Asperger renda faticoso il tuo approccio con la realtà. Così non succede per i tuoi lettori che a partire da Va Dove Ti porta il Cuore ti riconoscono e ti apprezzano in maniera istintiva, a conferma di come il conflitto tra le persone dipenda spesso da motivi diversi dall’essenza della natura umana che è uguale per tutti ma piuttosto dalle sovrastrutture sociali.
Sono d’accordo. Va Dove ti porta il cuore è uscito molti anni fa e, nonostante ciò, continua a essere letto da una generazione all’altra creando sempre grandi emozioni e grandi aperture mentali anche nei ragazzi adolescenti. In generale i lettori mi amano molto: attraverso Instagram e Facebook riesco a mantenere un buon rapporto con loro. Anche quando li incontro per la strada ricevo continue manifestazioni d’affetto forse perché riconoscono in me una persona vera.
Il mondo intorno
In contrasto con le difficoltà di cui abbiamo parlato in Inedita appari in completa armonia con il mondo. Si tratta di un sentimento contagioso, capace di arrivare a chi guarda il film.
Me lo hanno detto diverse persone e ne sono contenta. Nonostante i miei non pochi problemi neurologici sono rimasta sempre una persona positiva ed equilibrata. Sono felice che Katia sia riuscita a rendere questo sentimento anche perché abbiamo lavorato molto in fretta, senza soldi e dunque in condizioni molto difficili riuscendo a portarlo a termine grazie alla sua passione e a quella del suo bravissimo operatore. Abbiamo girato due giorni in primavera, due in autunno e così via. Nonostante questo andamento così spezzettato lei è riuscita a dare unità e coerenza al racconto. Abbiamo girato circa dieci ore di materiale per cui Katia è stata anche brava a selezionare i momenti più significativi.
A mio avviso la regista è stata brava a fare di Susanna Tamaro l’essenza artistica del film. Rinunciando a qualsiasi vezzo artistico ha messo te al centro dell’inquadratura sapendo di poter contare su un materiale – consentimi la parola – di per sé estroso, imprevedibile e direi artistico.
Sì, certo. Poi ha voluto fare cose un po’ matte: ci siamo messe d’accordo che avrei fatto delle mimiche un po’ buffe. Ne avremmo voluto fare di più, ma come sai la mancanza di soldi nel cinema è molto limitante. Ed è vero quello che hai detto perché in mancanza di possibilità assieme a Katia abbiamo deciso di concentrarci sull’energia artistica della persona che andava in scena.
Un aiuto per il pubblico
Oltre al piacere di scoprire te come persona, Inedita svolge anche una funzione sociale perché attraverso la tua esperienza aiuta le persone a saperne di più sulla sindrome, evitando le complicazioni che sono capitate a te.
Qualche anno fa ho scritto un libro sulla Sindrome di Asperger in seguito al quale mi hanno scritto tantissimi genitori di figli che ne soffrono chiedendomi consigli e informazioni perché soprattutto per le donne è difficile diagnosticarla, venendo spesso scambiata per altro. Il non saper riconoscerla crea comportamenti sbagliati che peggiorano la situazione per cui ho fatto il film anche con l’intento di far capire che con questa sindrome si può comunque vivere bene a patto di conoscere con chi stai lottando. Io ho vissuto con questo terribile nemico sin dai tempi dell’asilo anche perché allora era una patologia sconosciuta. A causa sua ho perso molti amici, ma ora conosco il suo volto e riesco a gestire meglio la mia vita. Non mi obbligo più a fare cose che non sono in grado di fare. Per esempio mi fa piacere fare questa intervista telefonica ma la stessa cosa non potrei farla in uno studio televisivo perché mi risulterebbe troppo pesante.
Il cinema per Susanna Tamaro, oltre Inedita
Per concludere vorrei che mi dicessi delle tue passioni cinematografiche.
Sono cresciuta a Trieste e davanti alla casa dei miei genitori c’era un cineclub dove proiettavano film dell’Est Europa. Da lì è nata una passione che resiste ancora oggi per quel cinema a cui appartengono i vari Tarkovsky e Polanski. Mi piace anche quello giapponese che ho visto tutto a partire da Kurosawa. Non sono appassionata del cinema americano, preferisco in generale quello europeo.
In questa ideale classifica che posto occupa il cinema italiano?
Adoro la commedia all’Italiana e per me quella di Virzì è il massimo. Il cinema italiano si è un po’ svegliato dal lungo letargo in cui è caduto dopo la grande stagione. Dopo di quella è diventato molto piatto e ideologico, molto legato alla cronaca e con produttori poco disposti a prendersi un minimo di rischio. Per fortuna con Costanzo e Sorrentino c’è stata una ripresa, ma negli anni settanta e ottanta sono stati terribili sotto questo punto di vista.
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