Tra i protagonisti di Alice nella città, sezione parallela della Festa del cinema di Roma, c’è l’opera prima di Elie Grappe: Olga.
Elie Grappe, dopo aver presentato Olga alla Settimana delle critica di Cannes, è venuto anche a Roma.
Il giovane regista, scelto per rappresentare la Svizzera agli Oscar per il Miglior Film Straniero, ha partecipato ad un incontro con la stampa .
La trama
2013. Una ginnasta di 15 anni è divisa tra la Svizzera – dove si sta allenando per il Campionato Europeo in preparazione delle Olimpiadi – e l’Ucraina, dove sua madre è una giornalista e scrive su Euromaidan.
Olga è una ragazza particolare, con un carattere chiuso. La decisione di allontanarla dalla madre viene fatta per sottolineare questo carattere molto forte o solo per allontanarla dal pericolo?
Il tema del film è l’esilio, è un’esperienza sul vissuto dell’esilio.
In realtà ho scelto di raccontare l’esilio di Olga per parlare di lei, una ragazza per cui la ginnastica è tutto. Avrebbe potuto praticarla ovunque ma non è così, e poi la squadra svizzera è composta , come abbiamo visto, da tante ragazze straniere quindi, in realtà, è una squadra con tantissime nazionalità. L’esilio è il focus, e anche tutti gli altri strumenti che ho usato, l’immagine, il suono sono a favore di questo racconto, di questa sensazione di non essere nel posto giusto dove stanno succedendo le cose.
Ho notato infatti che il tema dell’esilio è comunicato riprendendo Olga soprattutto in luoghi al chiuso…
Anche il luogo dove corre è un posto all’aperto ma chiuso. Non appena l’ho visto ho deciso che avrei fatto lì le riprese esterne perché era perfetto per il racconto.
Come è stato scrivere un film al femminile?
Ho scelto questo personaggio perché non c’è un equivalente maschile della ginnastica artistica.
Mi sono molto interrogato su questa questione del genere. E, mi sono detto, che è molto raro che nel cinema venga raccontato il corpo femminile in un modo così potente, così ginnico e fisico. Mi sono posto queste domande di “genere” anche perché mi pongo sempre domande in generale… E così ho scelto di scrivere la sceneggiatura con una donna, Raphaëlle Desplechin, più grande di me e con un’esperienza diversa dalla mia. Lei ha figlie dell’età delle protagoniste e ho pensato che potesse aiutarmi nel racconto di alcuni aspetti che, per me, sono più oscuri.
Il tema del femminile è stato una sfida fin dall’inizio e così mi sono circondato di donne in modo che mi potessero aiutare.
C’è un motivo particolare per cui Olga pratica ginnastica artistica?
Il film è incentrato sul parallelismo tra una passione individuale e il collettivo esterno, dovevo concentrarmi su una passione e ho scelto la ginnastica.
Io ho studiato a lungo al conservatorio di Lione e quindi mi sono confrontato molto con la musica, ma anche con la danza che ho praticato da piccolo. Ho scelto una passione, volevo raccontarne una, e volevo mostrare dei giovani che intraprendono una disciplina e il percorso, sia fisico che interiore, che devono affrontare per seguirla.
Diciamo che è una pratica che si presta molto al cinema, è molto movimento e suono e quando sono andato nelle palestre ho avuto subito voglia di registrare i suoni!
Il contesto mi interessa di più rispetto alla ginnastica… tutti i movimenti, la preparazione, la fatica della sera… volevo raccontare questi aspetti perché è in questi momenti che emerge l’emotività degli atleti.
Il finale è positivo, possiamo definirlo un finale aperto? Volevi comunicare speranza?
Non so se è giusto parlare del finale per non anticipare (ride) … posso solo dire che c’è un’ambiguità tra l’esterno e quello che avviene in lei.
Ho notato un netto cambio della luci: nel finale sono calde e luminose perché lei è positiva?
Sì, diciamo che c’è un ambiguità tra lei come persona e lei come cittadina. Lei da una parte è positiva, ma al contempo non lo è per la situazione politica che sta vivendo.
Però che lei alla fine lasci l’individualità per la collettività : questo è positivo!