Tra gli ospiti di questa edizione di Giffoni, Lillo è uno dei più sorprendenti ed energici. Ma c’è poco di cui sorprendersi, considerando la personalità di cui ha sempre dato prova e la disponibilità riservata ai suoi affezionati.
Non a caso l’accoglienza dei giurati del Giffoni è stata pensata per far uscire quel “mostro” di comicità e divertirsi insieme a lui. Ovviamente Lillo non si aspettava nulla di meno e ha colto al volo l’occasione di riportare su un palcoscenico il mitico Posaman di LOL.
Il programma targato Amazon Prime lo ha visto protagonista insieme a colleghi del calibro di Elio, Frank Matano e Caterina Guzzanti. Lillo è riuscito a regalare risate (fino alle lacrime) in un momento in cui ce n’ era davvero bisogno.
Con TaxiDrivers abbiamo assistito ai vari incontri dello showman durante la kermesse campana ed ecco cosa ne é emerso.
Qual è il tuo primo ricordo artistico?
Da piccolo mi piaceva giocare con i soldatini e così sono nate le mie prime sceneggiature. Le storie erano quasi sempre tutte uguali, con l’esercito dei buoni e quello dei cattivi, e una principessa da salvare. All’epoca però non esistevano soldatini femmine, per cui usavo un guerriero greco con la gonnellina.
Il gioco è legato al lavoro che faccio ora.
Come nascono i tuoi sketch con Greg?
Come tra le persone che non fanno questo mestiere. Il nostro lavoro consiste nel capire quali possono essere divertenti anche per gli altri e non solo per noi. Nascono banalmente dal cazzeggio. In fondo anche la comicità surreale nasce dalla realtà.
Cosa pensi del binomio satira/comicità?
Il politicamente corretto a volte non aiuta, ti tarpa le ali, mentre dietro il politicamente scorretto si nasconde una denuncia importante e spesso devi usarlo. Se non dai qualche pugno nello stomaco non puoi raccontare la realtà.
Come è nata la battuta “So’ Lillo”?
Sul momento! Mi sono preso anche l’ammonizione perché il gioco non va assolutamente fatto serio, altrimenti non funziona. Quindi per amor di gag ho sorriso. Poi ho visto un paio di loro cedere e ho riprovato a farlo. Ma chi si aspettava che potesse avere un simile successo!
Impossibile prevedere l’effetto virale.
Che effetto ti fa rivederti? Ti fai ridere da solo?
Di solito no, sono molto autocritico. Quando mi sono rivisto in LOL non pensavo di aver fatto quelle facce, con gli occhi strabuzzati per cercare di non cedere alla risata, me ne sono accorto solo dopo. Ecco quello mi ha fatto ridere.
Chi temeva di più in LOL?
Quando Elio faceva il tip tap con quattro braccia e facendo “yeah” era devastante. Lì ho temuto troppo però ce l’ho fatta.
Come è stato lavorare con Amazon Prime?
Piacevole, perchè la rete ha creduo nel programma e ci ha fatto lavorare a modo nostro.
Che effetto ti fa aver creato un simile fenomeno, con tanto di maglie con la scritta Posaman e So’ Lillo?
È un pensiero bellissimo, quello di aver regalato, insieme agli altri, un attimo di spensieratezza in un momento in cui c’era molto bisogno di questo. Me ne sono accorto solo dopo, rivedendo il programma, sentendo i commenti.
Come hai scelto questa carriera?
La mia filosofia di vita è che è meglio fare tante cose male che una bene (ride, ndr.). Io ho sempre fatto una cosa sola: divertire. Ci ho provato col fumetto, con la musica, col teatro.
A scuola mi buttavano sempre fuori dalla classe perchè ridevo per la qualsiasi.
Quanto è difficile fare arrivare quella comicità?
A me piace quella surreale, dell’assurdo. In Italia si pratica poco. Cochi e Renato la facevano negli anni Sessanta, Tognazzi e Vianello anche. Adesso sta cominciando a riprendere, sembrava chissà che invenzione e invece il genere esiste da sempre.
Come cambia il modo di proporre la comicità con l’avvento del digitale?
La comicità è sempre una, devi capire il mezzo che usi per esternarla. Ogni mezzo ha le sue regole. Una cosa che funziona da una parte, potrebbe non farlo dall’altra. Si tratta di capire bene il linguaggio che stai affrontando. Noi facciamo una cosa sola, divertire, portare la nostra comicità sperando che risulti divertente. È interessante utilizzare tutti i mezzi, ma devi capire bene qual è funzionale.
Come è andata coi ragazzi di Giffoni?
Abbiamo ballato anche insieme, c’è stata un’interazione stupenda. A livello artistico, nel mio campo, ci sono giovani e giovanissimi potenziali futuri comici, registi. Mi colpiscono e vorrei che dessero spazio a loro. In Italia si fa troppo poco. Noi artisti che “abbiamo già dato”, dobbiamo avere il coraggio di metterci un po’ da parte e aiutare le giovani leve.
Qual é l’esperienza più bella e quella che ti ha formato di più? E come ti senti all’idea di essere riuscito a fare ridere con una semplice frase?
Mi piace l’idea che la gente si sia divertita così tanto con una frase nata lì, nell’immediato, senza alcun tipo di calcolo. A volte uno fa riunioni e basta So’ Lillo. La trovo una cosa stupenda. Fa parte di una comicità surreale.
Io ho fatto la gavetta e di esperienze ne ho fatte molte. Quella con Latte e i suoi derivati è stata un’esperienza pazzesca a livello psicologico e di autostima. Con un passaparola riempivamo i locali di Roma, ma quando ci hanno chiamati a Mantova non c’era nessuno!
Il consiglio più prezioso?
All’epoca quello di mia madre, in un momento in cui non sapevo bene cosa fare, sapevo solo che volevo fare ridere la gente. Quando le ho detto che mi esibivo lei mi ha risposo “Tu? Ma che sei matto? Vabbé, ti piace? Ti diverte sta cosa? Falla!”. Dietro poche parole c’era una grande verità. Bisogna inseguire le proprie passioni, senza pensare che debbano per forza tramutarsi in un lavoro. Se poi ci si riesce è il massimo delle fortune.
Come hai affrontato la pandemia?
Durante il primo lockdown avevo molto bisogno di sdrammatizzare e l’ho fatto con Instagram.
Pubblicavo un post al giorno cercando di rilassarmi per quei minuti e questo mi ha aiutato molto. Per noi artisti che facciamo teatro, quando manca il pubblico, è deprimente. Per questo, anche se in sala oggi foste stati in cinque, io sarei stato contento lo stesso!
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