Luara D.(Déborah François), diciottenne studentessa in Lingue, non riesce ad arrivare a fine mese. Le necessità di una studentessa al primo anno, lontana da casa, sono molte e i guadagni racimolati al call center non bastano. Per pagare affitto, bollette, tasse universitarie e libri, si riduce a non mangiare, tanto da svenire a lezione. Una famiglia modesta e un fidanzato “bamboccione “, Manu (Benjamin Siksou ), bravo solo a sfruttare economicamente, completano il quadro delle difficoltà quotidiane di Laura, che un giorno, casualmente, si ritrova a spulciare gli annunci sentimentali sul web.
Per un’ora di “tenerezze” Laura scopre di poter guadagnare fino a duecento euro, allora decide di cedere alle lusinghe virtuali di Joe (Alain Cauchi), rassicurante cinquantenne, che si rivelerà tutt’altro.
La ragazza promette a se stessa che cederà solo per una volta, solo per pagare la bolletta della luce, staccata la sera prima, ma la spirale del guadagno facile e veloce finisce per risucchiarla.
Quella di Laura D. è una storia vera, raccontata in un libro autobiografico, Mes chères études, uscito nel 2008, dal quale la regista Emanuelle Bercot ha preso ispirazione per una fiction, trasmessa in prima serata da Canal +. Il film duro e scabro della Bercot non ha particolari aspirazioni autoriali o drammatiche, ma l’obiettivo di raccontare una storia dolorosa senza risparmiare particolari e senza dare giudizi, concedendo allo spettatore la possibilità di immedesimarsi completamente con la protagonista, per toccare il fondo insieme a lei. In questo Student Services è molto simile a Chrtistianne F. – Noi i ragazzi dello Zoo di Berlino (1981) di Uli Edel, come è praticamente uguale la scelta della protagonista: Déborah François e Natja Brunckhorst sono due graziose ragazze che si confondono tra la folla, tutte due risucchiate da una dipendenza che domina mente e corpo.
Si tratta di due film documento, che, pur non volendo affrontare il tema della percezione giovanile del corpo nell’epoca post moderna, finiscono per mostrare come negli anni ’80 fosse l’eroina a distruggere i giovani e oggi, nel periodo della mercificazione, sia il sesso. Ma se il corpo può essere controllato al punto tale da non provare nessun piacere, non sempre la psiche rimane vergine e, presa dalla voglia ardente di proseguire gli studi e dalla convinzione di poter smettere quando vuole, quella di Laura costruisce una personalità borderline, certa di poter separare ciò che è di giorno (studentessa) da ciò che fa di notte (squillo).
Da non sottovalutare perciò la forza di denuncia e le ricadute sociali di questo film, nelle sale dal 26 agosto. Potrebbe fornire l’occasione di aprire un dibattito tra società universitaria e istituzioni anche qui in Italia, dove non siamo esenti da questo triste fenomeno. Un’idea per la distribuzione potrebbe essere l’organizzazione di proiezioni gratuite nelle università.
Francesca Tiberi
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