Tornare all’anormalità (più complesso di un virus) è disponibile sulla piattaforma Streeen.org. Il film documentario, nato da un’idea di Virgilio Cipressi, è una co-pruduzione indipendente di Ecuador, Brasile, Messico, Cile, Colombia, Spagna, Stati Uniti e Italia; prodotta da Fujakkà e Finis Terrae. Il ricavato sarà devoluto a Emergency Ong Onlus.
È un documentario semplice, ma per nulla semplicistico. Come un fiume in piena Tornareall’anormalità straripa sullo schermo con le sue storie. Gli autori diventano gente comune e raccontano storie normali, o meglio dire anormali, come suggerisce il titolo. C’è un filo rosso, che parte da un punto estremo della terra e arriva al suo opposto, unendo tutti gli uomini e le donne in uno dei momenti più tragici della storia dell’umanità.
La pandemia
Era il dicembre del 2020, quando il coronavirus fa la sua prima comparsa nella città di Wuhan. Il mondo occidentale si sentiva al sicuro, lontano migliaia di chilometri dal focolaio. Ma purtroppo non è stato così. In poche settimane il pericoloso virus è giunto in Europa e in America.
Il covid 19 ha causato più di due milioni di morti in tutto il mondo e continua mietere vittime. La pandemia ha profondamente cambiato la nostra esistenza, stravolgendo la quotidianità in ogni parte del globo.
Ha creato un panorama apocalittico, dove la follia si estende come un velo sul nostro pianeta. Ma la pandemia passerà e si tornerà alla normalità. E se si è salvi dal virus, ci sarà tutto il resto a preoccupare l’umanità.
È questo il tema principale di Tornare all’anormalità. Il documentario non nega l’emergenza sanitaria, tutt’altro. Ma testimonia come il coronavirus ha reso palese le contraddizioni della società contemporanea.
La nostra memoria è diventata un caleidoscopio di dati, numeri, notizie, immagini ed eventi. Gli autori di Tornare all’anormalità non usano orpelli nel testimoniare una realtà tragica. Si limitano a raccontare la loro esperienza e la realtà che vivono, integrandola con immagini e materiale recuperate in rete.
La trama
Il documentario è diviso in otto storie ambientate in otto Paesi diversi. Si parte dall’Ecuador, dove i morti per Covid vengono abbandonati per strada. In Colombia, Rosa e Fredy vivono in uno dei quartieri più poveri. Ma non temono il virus. Per loro la morte, la paura e il chiudersi in casa sono una realtà conosciuta da tempo. Poi c’è una riflessione sulla necessità di stare in movimento e inizia un viaggio che parte dalla Cina e ci porta fino in America latina.
Arriviamo in Italia e si dà voce agli operai delle fabbriche costretti a lavorare, esponendosi al contagio. Poi la Spagna dove si racconta la vita degli anziani e il business delle case di riposo. Oltrepassiamo l’oceano per arrivare negli Stati Uniti, dove troviamo un fiero sostenitore del possesso delle armi da fuoco. E in Brasile, dove gli indigeni vengono accusati da Bolsonaro di essere gli autori degli incedi della foresta Amazzonica. Infine il Messico, segnato dalla ferita sempre più profonda del femminicidio.
Ecuador
La prima storia è scritta e diretta da Priscilla Aguirre Martinez.
Alcuni paesi hanno costruito ospedali in tempi da record, l’Ecuador, invece, ha costruito cimiteri in tempi da record.
Con queste parole l’autrice descrive la situazione nel suo paese. È un racconto in prima persona dedicato alla città di Guayaquil, una delle più colpite di tutta l’America latina. Nel mese di marzo ha avuto più di 300 morti al giorno.
Priscilla Aguirre Martinez racconta che le strade sono piene di cadaveri. È come vivere in un film sugli zombi, oppure in un girone dell’inferno dantesco. La sua è una profonda riflessione. Un diario dell’orrore e delle diseguaglianze sociali.
Colombia
La seconda storia è diretta da Juan Pablo Patiño e Lukas Jaramillo. Rosa e Fredy vivono nel quartiere La Honda nella città di Medellín. La loro quotidianità si svolge tra fiori e canarini, ma la loro vita non è certo idilliaca.
La morte, la paura, il chiudersi in casa per molti sono la novità a causa della pandemia, per loro due è una realtà già conosciuta. Il Covid 19 è solo un dramma in più. Qui la gente è più spaventata dai proiettili e chiede dignità, come recita una scritta su un muro.
Un lungo viaggio
La terza storia è diretta da Pauli Gutiérrez Arcos. L’autrice decide di lasciare il suo lavoro e iniziare a viaggiare per il mondo intero.
Perché muoversi fa sentire l’uomo libero.
Il suo arrivo in Cina, avviene quando il Covid inizia a diffondersi, ma ancora non desta molta preoccupazione. Pechino, però, appare già silenziosa e deserta. Notevole è il lavoro della regista, che con l’aiuto di Alfredo Ortega, il montatore, costruisce una sequenza di fotogrammi che esprimono al meglio le sensazioni vissute.
Italia
La quarta storia è diretta Stefano Virgilio Cipressi.
L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
Con questa didascalia inizia il quarto capitolo di Tornare all’anormalità, ambientato nel nostro Paese. L’attenzione dell’autore è rivolta al mondo del lavoro. È un collage di testimonianze di operai e sindacalisti che raccontano la loro esperienza.
Eliana Como (Fiom-CGIL), da Bergamo, una delle città europee più colpite, rende la sua testimonianza, mentre in sottofondo si sentono le sirene delle ambulanze.
Poi c’è il prezioso contributo di un operaio, che preferisce restare anonimo. La sua è una pesante denuncia sulle precarie condizioni di molti lavoratori.
Spagna
La quinta storia è diretta da Xabier Ortiz de Urbina. In questo episodio, come anche negli altri del resto, le immagini della vita reale si accavallano con i suoni provenienti dai mass media, soprattutto la radio.
È un racconto dedicato all’assistenza degli anziani. Una figlia accudisce con amore un padre ormai non più autosufficiente. La popolazione del paese iberico diventa sempre più vecchia e il business della cura degli anziani è un affare d’oro.
Stati Uniti
La sesta storia è diretta da Andrés Rico. Ci troviamo a Boise, una delle città più popolose dello Stato dell’Idaho. Il protagonista è Gene Sullivan, membro della NRA – National Rifle Association. Ci spiega l’importanza, secondo lui, del secondo emendamento della Costituzione americana, soprattutto durante la pandemia.
Brasile
La settima storia è diretta da Raíssa Dourado. È un viaggio nella foresta amazzonica brasiliana. La comunità indigena è stata pesantemente colpita dal Covid 19 e ha chiesto il sostegno del governo. Ma Bolsonaro ha respinto ogni richiesta e in più ha accusato gli indigeni di aver provocato gli incedi che hanno distrutto la foresta.
Messico
L’ottava e ultima storia di Tornare all’anormalitàè diretta da Diana María González Colmenero.
In quest’ultimo episodio scorrono immagini semplici, per certi versi casalinghi. Ma la voce over è agghiacciante. Un lungo elenco di donne e bambine ammazzate durante il lockdown in Messico. 385 casi di femminicidi da marzo a luglio, 10,3 omicidi al giorno.
Tornare all'anormalità, il documentario sulla pandemia è disponibile su Streeen.org