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Non lasciarmi

«”Non lasciarmi”: thriller dell’anima soffuso e cadenzato, che racconta l’esistenza angosciante di giovani esseri umani creati per essere letteralmente destinati al macello».

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Tratto dal romanzo di Kazuo Ishiguro (già autore di Quel che resta del giorno), arriva nelle sale italiane Non lasciarmi, thriller dell’anima soffuso e cadenzato, caratterizzato da tinte fosche, che racconta l’esistenza angosciante di giovani esseri umani creati per essere letteralmente destinati al macello.

Kathy (Carey Mulligan), Tommy (Andrew Garfield) e Ruth (Keira Knightley) trascorrono l’infanzia nel collegio inglese di Hailsham, un luogo apparentemente idilliaco, dove in realtà vengono “coltivati” esseri umani, clonati appositamente per fornire organi di riserva ad altri esseri umani. Chi siano i modelli e chi i beneficiari delle donazioni non è dato saperlo (sebbene il personaggio della Knightley lo ipotizzi durante la scena del litigio in riva al mare), si tratta di una delle tante informazioni che il film, così come immaginiamo anche il libro, decide di relegare fuori dal quadro della rappresentazione. Una mancanza che pare più accettabile all’interno di un’opera letteraria, che per definizione si alimenta della fantasia e dell’interpolazione di chi legge, e meno si addice invece ad un soggetto cinematografico. La fine dell’infanzia e l’entrata nel mondo dell’adolescenza portano ai protagonisti, oltre i normali e classici turbamenti dell’età (gelosie, rivalità e amori apparentemente non corrisposti), anche la presa di coscienza del loro destino e la speranza sommessa di riuscire a trovare una via di fuga.

Ciò che più impressiona nel racconto di Ishiguro è il fatto che la storia sia ambientata ai giorni nostri, in un arco temporale che va dal 1978 al 1995: un ventennio che lo spettatore rivive attraverso il lungo flashback che accompagna i ricordi della protagonista. Non un’ambientazione futuristica, quindi, ma la descrizione di un universo parallelo inteso come ritratto di una società che ha sacrificato la propria umanità in nome del progresso scientifico.

Il confronto con le conseguenze di questo sacrificio sembra essere uno dei temi principali del film di Mark Romanek (One Hour Photo): si tratta di un confronto che diviene interrogazione sulla condizione umana, sull’omologazione, la libertà individuale e la pressione di un potere che aspira a livellare il pensiero. Ne sono elementi costitutivi gli interrogativi sulla scienza, sul senso dell’amore, dell’amicizia e dell’arte. Non a caso, in un siffatto scenario, l’arte diviene elemento di possibile salvezza, salvezza tanto agognata ma nei confronti della quale non si compie il passo della ribellione che tutti noi ci saremmo aspettati. Ma si sa, la matrice del racconto è nipponica e a caratterizzare il popolo giapponese è proprio l’etica del sacrificio…

Materia narrativa affascinante, Non lasciarmi gioca in sottrazione, trattando con eccessiva freddezza il coté emotivo, non riuscendo a trovare il giusto equilibrio tra sentimento e sentimentalismo. Un racconto affascinante nella prima parte, ma che poi si perde in un distacco eccessivo e poco coinvolgente in cui i sentimenti promessi all’inizio del film vengono per lo più repressi.

Buona l’interpretazione degli interpreti: tra i tre protagonisti è Carey Mulligan a regalare la prova più convincente, mentre teniamo a sottolineare i brevi ruoli di Charlotte Rampling, nei panni della direttrice dell’istituto, e Sally Hawkins (vista recentemente in We Want Sex) in quelli dell’insegnante, l’unica che riesce ad essere completamente sincera con  i ragazzi e,proprio per questo, allontanata dalla scuola.

Federico Larosa

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