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Film sul Nazismo. Cosa vedere assolutamente

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Silvio Soldini apre il Bif&st di Bari, con il suo primo film girato in costume e in lingua tedesca intitolato, Le assaggiatrici, al cinema dal 27 marzo, distribuito da Vision Distribution. Il film ci riporta all’epoca del nazismo, quando il capo del Terzo Reich ha trascinato l’Europa e il mondo intero, nella catastrofe della Seconda Guerra Mondiale.

Le assaggiatrici: il film sul nazismo di Silvio Soldini

Con la sua ultima fatica cinematografica, Silvio Soldini riversa sul grande schermo una storia vera, già narrata nel romanzo Premio Campiello 2018, scritto da Rosella Pastorino. La vicenda di Rosa, la protagonista del libro e del film, è riconducibile a Margot Wolk, una delle quindici giovani donne scelte dal nazismo per assaggiare il cibo di Hitler per verificare che non fosse avvelenato. Questa singolare e tragica storia è rimasta nascosta per decenni, fino a quando nel 2012, in occasione del suo 95° compleanno la stessa Margot la rivela in un’intervista.

L’antefatto del film sceneggiato da Leondeff

Oggi, a distanza di quasi un secolo dai fatti, il tutto diventa un film, sceneggiato da Doriana Leondeff, insieme a Silvio Soldini e interpretato da un cast tutto tedesco (Elisa Schlott, Max Riemelt, Alma Hasun, Emma Falck, Olga Von Luckwald, Thea Rasche, Berit Vander e Kriemhild Hamann), che ci mostra la tragedia della guerra senza farcela vedere. Una storia personale per raccontare il male delle dittature. Il nazismo si è posto di sterminare il popolo ebraico, ma come dimostra il film di Silvio Soldini, il regime di Hitler ha fatto del male anche al popolo tedesco. La protagonista, interpretata da Elisa Schlott, è una tedesca ariana, ma nonostante ciò è vittima della violenza nazista.  Le politiche sulla purezza della razza, per lei e le sue compagne non sono garanzie di salvezza.

Ancora una volta la tragedia umana di quel triste momento storico diventa fonte d’ispirazione. Oggi, come nel passato, il cinema racconta il male del nazismo e Le assaggiatrici e l’ultimo film di un filone cinematografico che, più di una volta, ha fatto discutere e riflettere sulla Storia. Ogni genere cinematografico, dal documentario, alla commedia, ha affrontato il tema del nazismo, e alcune di queste opere, hanno scandalizzato gli addetti ai lavori e l’opinione pubblica, portando alla ribalta, aspetti poco conosciuti, come l’ultimo film di Silvio Soldini.

  • Per leggere la recensione de Le assaggiatrici clicca qui 

Alcuni tra i tantissimi film sul nazismo da non perdere

Nonostante sia uno tra i temi più affrontati nel cinema, vi proponiamo una serie di titoli per un pubblico eterogeneo

Bastardi senza gloria: il film su nazismo di Tarantino

Parte del cast di “Bastardi senza gloria” in una scena del film.

Uno dei film più recenti dedicati al nazismo, è senza dubbio, Bastardi senza gloria (2009) di Quentin Tarantino. Sebbene gli eventi narrati dal regista sono integrati al contesto storico dell’occupazione della Francia da parte dei nazisti, molti aspetti affrontati sono di pura fantasia.

Inventato di sana pianta è, per esempio, l’uccisione di Hitler e Goebbels, per mano di soldati ebrei americani.

Bastardi senza gloria  racconta la storia di Shosanna Dreyfus (Melaniè Laurent), giovane ebrea, che per miracolo sopravvive al massacro della sua famiglia, commesso dal colonnello nazista Hans Landa (Christoph Waltz). La ragazza continua la sua esistenza nutrendo un forte sentimento di vendetta. L’occasione le si presenta qualche anno dopo, a Parigi, dove si rifugia sotto falso nome e diventa proprietaria di una sala cinematografica. Federik Zoller (Daniel Bruhl), soldato tedesco, diventato eroe durante un’operazione militare, decide di organizzare la prima del film, che celebra la sua impresa, nel cinema di Shosanna. Alla prima partecipano tutti i capi nazisti e la ragazza decide di mettere in pratica la sua vendetta.

La narrazione cinematografica sul nazismo

La proiezione del film suscita l’interesse dei “Bastardi”, dei soldati ebrei dell’esercito americano, guidati dal tenete Aldo Raine (Brad Pitt).

Nonostante il film non sia uno dei migliori del regista, Tarantino, autore di Django, Le Iene, Jackie Brown, Grindhouse A prova di morte, con Bastardi senza gloria, ha il merito di ribaltare alcuni schemi narrativi ricorrenti nel cinema dedicato al nazismo e alla persecuzione degli ebrei.

In molti film del genere come, Stelle (1959) di Konrad Wolf, L’oro di Roma (1961) di Carlo Lizzani, Giulietta, Romeo e le tenebre (1960) di Jiri Weiiss; e persino quando il personaggio ebreo è un uomo, come in Schindler’s List (1993) di Steven Spielberg; l’ebreo viene rappresentato come incapace di reagire alle prepotenze dei nazisti e il suo riscatto avviene nel finale e quasi sempre, grazie a qualche sostegno esterno.

In Bastardi senza gloria, questo cliché narrativo, viene radicalmente invertito. È vero che Shosanna è donna e per giunta ebrea (caratteristiche che la rendono un soggetto debolissimo), ma lei, anche se segretamente, agisce attivamente per realizzare il suo piano di vendetta nei confronti dei nazisti.

Inoltre, Tarantino dipinge il gruppo di soldati ebrei dell’esercito americano, come un gruppo spietato e crudele, che firma le proprie azioni, incidendo con il coltello svastiche sulla fronte dei nazisti.

Bastardi senza gloria, conferma come Tarantino sia un regista, volutamente, scorretto politicamente. L’ebreo inerme, che subisce la crudeltà dei nazisti, non è solo una dinamica narrativa ben consolidata, non solo nel cinema, ma è anche una caratterista fondante dell’etica ebraica, che rifiuta ogni desiderio di vendetta, nei confronti del nemico, per porsi su un livello diverso, superiore. Ma il regista non ne tiene conto è ribalta questo concetto.

Black Book: il nazismo tra spionaggio e resistenza

Un altro film, relativamente recente, che racconta aspetti importanti del nazismo e della sua crudeltà è Black Book (2006), diretto da Paul Verhoeven.

Protagonista è la cantante ebrea Rachel Stein (Carnice van Houste), che fugge da Berlino per raggiungere la parte meridionale dei Paesi Bassi, già liberata dagli alleati. Ma il battello, su cui ritrova la sua famiglia, viene scoperto da una pattuglia nazista, e tutti gli ebrei vengono uccisi. L’unica a salvarsi è Rachel. La giovane donna riesce a raggiungere L’Aia, dove assume una falsa identità ed entra fa parte della Resistenza, con l’incarico di sedurre Ludwig Muntze (Sebastian Koch), ufficiale delle SS, allo scopo di carpirgli le mosse dell’esercito nazista.

Ma la donna s’innamora dell’ufficiale e inizia ad essere lacerata dai dubbi. La situazione si fa drammatica quando fallisce il piano della Resistenza di liberare quaranta partigiani. Rachel viene scoperta dai nazisti come spia, mentre la Resistenza, la considera responsabile del fallimento della liberazione dei prigionieri. La ragazza, però, riesce a scappare insieme a Ludwig. Finita la guerra, i Paesi Bassi vengono liberati, ma Raschel viene imprigionata poiché accusata di collaborazionismo, mentre Ludwig viene fucilato da un tribunale militare. Rachel riesce a salvarsi, dimostrando la sua innocenza. Il film termina undici anni dopo, con la giovane donna che vive in Israele, ma anche qui deve scappare dalle bombe degli arabi.

Carnice van Houste tra femme fatal e vittima del nazismo

Questa pellicola di Paul Verhoeven, oltre ad accennare nel finale la questione mediorentale, tra Palestinesi ed Ebrei; in parte, come il film di Tarantino, rovescia alcuni schemi narrativi del cinema sul nazismo. Gli ufficiali nazisti, non sono più descritti tutti come malvagi e crudeli, ma in loro si percepiscono tratti di umanità. Ciò avviene soprattutto per Ludwig. È lui, nazista, che per gran parte del film protegge Rachel, l’ebrea, mentre la Resistenza olandese (descritta nelle sue differenze ideologiche, tra comunisti e cattolici), sembra non occuparsi di salvare la sua vita.

Inoltre Rachel è connotata con una forte carica erotica. In molte sequenze, la giovane donna, mostra e offre il suo sensuale corpo all’ufficiale nazista e anche i membri della Resistenza mostrano interesse per la sua bellezza estetica. È una caratterista, essenzialmente in coerenza con lo svolgimento narrativo, ma ribalta ancora una volta un clickè classico. La donna ebrea, raramente, è vista come un soggetto attivo sessualmente, ma il regista non si fa scrupoli nel mostrare Rachel, abilmente consapevole del suo potenziale erotico.

Arrivederci ragazzi: il film sul nazismo tratto da una storia vera

In tutt’ altro modo viene affrontato il tema del nazismo in Arrivederci ragazzi (1987) di Louis Malle, vincitore del Leone d’oro alla 44° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

Il film è ambientato in in un collegio cattolico francese, durante l’occupazione nazista. Il direttore decide di accogliere, sotto falso nome un ragazzo ebreo, per salvarlo dai nazisti. Le giornate scorrono in tranquillità, finché Joseph (Francois Berleand), un ragazzo povero e zoppo, che lavoro come tuttofare, presso il collegio, viene sorpreso a rubare del cibo, per poi barattarlo con oggetti dei ragazzi. Joseph viene licenziato e cacciato dal convento. Joseph, spinto dalla rabbia, rivela ai nazisti, che nel collegio sono ospitati ragazzi ebrei. Questi, insieme al direttore, vengono catturati dai tedeschi e intraprendono un lungo viaggio, che li condurrà alla morte.

Il film è basato su una storia vera, vissuta dal regista durante la sua infanzia. Ma è lo stesso Malle a ribadire che la pellicola mescola ricordi reali, con altri aneddoti e fatti di fantasia.

Il ruolo dei cattolici in “Arrivederci ragazzi”

Arrivederci ragazzi, in ogni modo, racconta una prassi comune nell’Europa occupata dai nazisti, dove cattolici spesso offrivano ospitalità agli ebrei.

Il regista, decide di descrivere il nazismo attraverso il personaggio di Joseph. Il ragazzo viene maltrattato dai scolari del collegio. Il suo difetto fisico lo rende un emarginato e un respinto. Ma scopre, attraverso il razzismo del nazismo che esistono gli ebrei, emarginati, non fisicamente, come lui, ma moralmente. Viene accolto dai nazisti, ottenendo il suo riscatto sociale ed economico.

Suggestiva è una delle sequenze finali, quando il direttore del collegio viene portato via dai nazisti, mentre i ragazzi sono nel cortile e ascoltano la crudele retorica dell’ufficiale tedesco.

L’ultimo metrò: quando il teatro incrocia il nazismo

Un altro film francese che affronta il tema del nazismo è L’ultimo metrò (1980) diretto Fracois Truffaut. La pellicola è ambientata nel 1942, a Parigi, dove Marion Steiner (Catherine Deneuve), una celebre attrice, dirige la compagnia teatrale del marito, Lucas Steiner (Heinz Bennet), regista ebreo, che per fuggire all’arresto si finge fuggito all’estero, mentre si nasconde nello scantinato del teatro, dove la sua compagnia provano la rappresentazione di un dramma.

Marion cerca di organizzare la fuga del marito, ma giunge la notizia dell’invasione nazista della zona libera. Il progetto di fuga non è più realizzabile. La situazione degenera, con l’arrivo dei nazisti, che iniziano a perquisire il teatro, ma grazie a Marion e altri attori della compagnia, in particolar modo di Bernard (Gerard Depardieu), Lucas riesce a fuggire all’arresto. L’epilogo, ci mostra Marion applaudita sul palcoscenico e Lucas a dirigere il suo teatro.

L’ultimo metrò, è il secondo capitolo della trilogia che il regista aveva dedicato al mondo dello spettacolo. Era da tempo che Truffaut voleva realizzare un film sul nazismo e la sua occupazione in Francia. Il regista decide che un film sull’occupazione debba svolgersi quasi interamente di notte e in luoghi chiusi, per rendere l’atmosfera claustrofobica.

Anni bui, quelli raccontati in L’ultimo metrò, con restrizioni delle libertà individuali e deportazioni di ebrei e partigiani, ma furono anche anni di intesa attività culturale, con le sale cinematografiche e teatrali, sempre piene. È questa l’urgenza primaria di Truffaut, che voleva raccontare una Parigi viva, nonostante la crudeltà dei nazisti.

I film sul nazismo del panorama italiano

Anche il cinema italiano racconta le crudeltà dei nazisti. Nel genere ovviamente rientra a pieno titolo, La vita è bella (1997) diretto da Roberto Benigni. Ma la filmografia italiana dedicata a questo spinoso tema è molto antica e si può affermare, seppur con una certa cautela, che i cineasti italiani sono stati i primi a raccontare attraverso il cinema di finzione il massacro degli ebrei messo in atto dai nazisti. Un film, che si può considerare capostipite del genere, suscitando anche un interessante dibattito tra i critici, soprattutto francesi, è Kapò (1959) di Gillo Pontecorvo.

Un momento del film da non perdere “La vita é bella”

“Kapò” e il lato oscuro dell’animo umano

Protagonista è Edith (Susan Stransberg), un adolescente ebrea, che si trova gettata nell’inferno di un campo di sterminio tedesco. Lo spirito di sopravvivenza della giovane, fa si che accetta lo stratagemma di un medico del campo che la fa passare per Nicole, una criminale francese, appena morta. In questo modo Edith / Nicole sopravvive e diventa una Kapò. Al campo di concentramento arriva un gruppo di prigionieri di guerra, tra i quali Sasha (Laurent Terzieff), che s’innamora della ragazza. I russi organizzano una fuga di massa, ma Nicole viene uccisa.

Questo film di Pontecorvo, è stato uno dei primi, ad affrontare il tema dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti. Prima di Kapò c’era stato L’ebreo errante (1948) di Goffredo Alessandrini e un adattamento cinematografico del diario di Anna Frank, The Diary of Anna Frank (1959) di George Stevens.

un momento di Kapò

Come ogni opera innovatrice, il film di Pontecorvo dovette subire delle feroci critiche. Ad attaccare Kapò fu soprattutto Jacques Rivette, che sulle pagine di Cahiers du cinema, definì Kapò un film che offendeva la morale e non rispettava nessuna etica. Per il critico francese era scandaloso, che il regista italiano, aveva reso spettacolo, l’olocausto, la più grande tragedia dell’umanità.

Jacques Rivette contrappone a Kapò, Notte e nebbia (1955), un documentario, realizzato da Alain Resnais, dove non c’è nessun effetto cinematografico, ma fredda e crudele documentazione sul massacro degli ebrei. È questa, secondo il critico francese, l’unica possibilità per descrivere la crudeltà del nazismo. In particolar modo Rivette, accusa Pontecorvo di aver raccontato la tragedia dei campi di sterminio, utilizzando effetti cinematografici d’effetto, come un carrello in avanti, che mostra una deportata, che si suicida, gettandosi sul filo spinato elettrificato.

Il portiere di notte: un film sul nazismo controverso

Anche Il portiere di notte (1974) di Liliana Cavani, affronta il tema del nazismo in maniera originale ed ebbe non pochi problemi di censura.

Il film è ambientato alcuni anni dopo la fine della seconda guerra mondiale e racconta la storia di Lucia (Charlotte Rampling), un’ebrea sopravvissuta al campo di concentramento e il suo aguzzino Maximilian (Dirik Bogarde), che sotto falso nome, lavora come portiere di notte in un albergo di Vienna. I due si rincontrano dopo anni e precipitano in una relazione sadomasochistica.

L’opera della Cavani, affronta un tema, che era rimasto per anni un tabù: La sessualizzazione dei campi di concentramento. Mentre l’ Italia, giudica il film in maniera provinciale e bigotta, e censura le numerose sequenze di sesso esplicito, all’estero il film suscitò un interessante dibattito e ottenne un notevole successo soprattutto in Francia.

Il nazismo raccontato attraverso la commedia

Per concludere questo viaggio tra i film piú rappresentativi sul nazismo parliamo di commedie e di novitá. Il cinema ha raccontato il nazismo anche attraverso la commedia, indimenticabile resta Il grande dittatore (1940), dove Charlie Chaplin, realizza una spietata satira di Adolf Hiltler. Un’interessante commedia è Lui è tornato (2015) di David Wnendt. Il film racconta di un fantasioso ritorno in vita del dittatore tedesco e affronta in maniera spregiudicata, problemi riconducibili al razzismo nella Germania di oggi.

American History X: il lato oscuro dell’America

La filmografia dedicata al nazismo, è sterminata e ancora oggi si realizzano film che affrontano questa pagina tragica della storia dell’umanità. Ma ci sono anche film che affrontano il tema del nazismo, nella società contemporanea, come American History (1998) di Tony Kayne, che racconta come l’ideologia nazista sia ancora viva, in certi tessuti della società americana.

Scrivevamo su Taxidrivers a proposito di American History:

(…) La pellicola è dedicata al tema della tensione sociale e del razzismo negli Stati Uniti ed è valso a Edward Norton una candidatura all’Oscar come miglior attore protagonista. Un film sul neo-nazismo negli Stati Uniti e sulla fragilità psicologica di due fratelli, Derek e Danny. American History X ha ottenuto una candidatura a Premi Oscar. Al Box Office Usa ha incassato 6,5 milioni di dollari. Con Edward Norton, Edward Furlong, Beverly D’Angelo, Fairuza Balk.

Edward Norton

Trama American History X
Spinto dal desiderio di trovare qualcosa su cui scaricare la sua rabbia, Derek diventa il leader di un movimento razzista che sostiene la supremazia dei bianchi. Le spedizioni punitive del suo gruppo e le risse continue culminano in un brutale omicidio. In prigione si ravvede, ma ad aspettarlo all’uscita c’è il fratello Danny, che lo vede come un modello da imitare.

Il film sul neo-nazismo

La pellicola affronta il tema della tensione sociale negli Stati Uniti, vale una candidatura Oscar come migliore attore a Edward Norton, ma non solo: il film sul neo-nazismo negli Stati Uniti e sulla fragilità psicologica di due fratelli, Derek e Danny. American History X ottiene una candidatura a Premi Oscar. Incassa  6,5 milioni di dollari al box office.

Tra gli ultimi film che racconto il nazismo ricordiamo La zona d’interesse, scritto e diretto da Jonatthan Glazer, vincitore di due Premi Oscar (Miglior film internazionale e Miglior sonoro).

Durante la seconda guerra mondiale, la famiglia Höß, composta dal comandante di Auschwitz, sua moglie e i loro figli, vive una vita completamente distaccata dalla tragedia che avviene accanto alla loro casa. Dalle mura del loro giardino si sente e intravede il campo di concentramento, ma i protagonisti, completamente distaccati moralmente, sembrano continuare senza rimorsi la loro quotidianità.

Le interpretazioni di Sandra Hüller e Christian Friedel sono impeccabili, la fotografia di Lukasz Żal è determinante, la pellicola lascia fortemente provati, fa pensare come non mai all’assurdità della malvagità umana, anche quando  nel documentario

 

 

 

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