Esiste una frase comune tra chi si occupa di storia: “ lo storico, quando scrive del passato, è comunque immerso nelle contraddizioni del presente, ed è questo che vuole influenzare”.
Lo stesso concetto credo valga per buona parte della filmografia di Tarantino, in cui il passato storico diviene l’espediente per parlare dell’attualità.
La scelta stilistica esplode nella pellicola, Bastardi senza gloria, dove la storia e la fantastoria si fondono, la finzione sfuma nella realtà.
Le imprese dei soldati sono guidate dal tenente Aldo Raine, interpretato dal monumentale Brad Pitt. Le gesta sembrano partorite dal grande genio pulp del regista, ed è sicuramente così per buona parte.
Certo la storia ci ha negato la soddisfazione di leggere nei libri di testo la parte sulla vendetta ebrea, o di come orso ebreo abbia mitragliato Hitler e Gobels durante la proiezione di un film.
Nonostante tutto, i fatti narrati in Bastardi senza gloria affondano le radici nella reale contrapposizione che il popolo ebraico ebbe contro la violenza nazista. Questo è un aspetto lodevole della pellicola, che mette in scena una storia di reale resistenza culminata poi nell’iperbole della vendetta ebrea. Non c’è nessun agnello sacrificale, ma solo uomini che cacciano i nazisti per raddrizzare il mondo.
La storia dietro la fantastoria
Ci troviamo nel Maggio del 1945. La Germania Nazionalsocialista è al collasso, e il secondo conflitto mondiale sta giungendo al termine. In un tale scenario, gli Stati Uniti creano l’operazione Greenup, dispiegata per colpire e minare le comunicazione naziste lungo il Brennero.
L’obiettivo era penetrare oltre le linee nemiche; le persone scelte dovevano essere di lingua tedesca. Gli uomini d’azione furono Hans Wijnberg e Fred Mayer, entrambi fuggiti dal nazismo.
L’operazione fu un successo, divenendo una delle più proficue mai realizzate dall’intelligence americana durante la seconda guerra mondiale.
Dalla fantastoria alla riflessione
Il finale del film sfocia nella vendetta ebrea, un tripudio di violenza che decapita i vertici del nazismo. La brutalità è portata all’estremo; le vittime designate si trasformano nei cacciatori con i quali è impossibile dialogare.
Non c’è nessuna pietà, solo il giudizio e il castigo. Ci torna alla mente la frase di la Haine: ” un nazi per esser buono deve esser morto”… ecco è questa la parrocchia a cui appartiene Quentin Tarantino. Non si dialoga con nazisti, schiavisti, e tantomeno con hippy esaltati pronti a portare morte seguendo ideali insensati.
Per tutta questa gentaglia ci sarà sempre un bastardo senza gloria pronto a fargli lo scalpo.