OLTRE LE CENSURE. IL CINEMA IRANIANO TRA RIBELLIONE, SIMBOLISMO E CONTEMPORANEITÁ
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Editoriale
Hanno provato in tutti i modi a fiaccarlo, annientarlo, imprigionarlo, censurarlo: ma lui è lì, il cinema iraniano, con la fiaccola dell’arte e della vita in mano, lo sguardo avanti, mentre fa il giro del mondo senza autorizzazioni.
Negli anni Settanta, sotterraneamente, circolava su videocassette, più in là nel tempo su CD e dvd piratati, o grazie ai Festival Internazionali, che ne riconoscono da subito la valenza etica ed estetica, premiando pellicole e registi resistenti – purtroppo quasi mai presenti di persona – ed infine sulla rete, finalmente libera di hackerare un sistema spietato, ripreso e messo in video anche nelle sue peggiori forme di repressione e conservatorismo, politico (come negli ultimi disordini del Movimento Verde a Teheran, dove tanti riuscirono a documentare la repressione tramite cellulari) e, ovviamente, artistico e cinematografico.
È cosa nota che il docu-film di Jafar Panahi “This is not a film”, fu esportato clandestinamente dall’Iran e presentato al Festival di Cannes 2011 in un hard disk nascosto all’interno di una torta.
Involuzione sociale e politica
Peccato che l’antico regno di Persia, una delle culle della civiltà mediorientale antica, abbia subito una così triste e drammatica involuzione sociale e politica nel tempo, dalle dittature laiche dei vari Scià, fino a Reza Pahlavi, a quelle religiose, dall’ayatollah Khomeini fino ad oggi, tra alterne vicende, tali da censurare l’arte cinematografica, arrestare i suoi registi e condannarli ad anni di carcere.
Ne è un esempio quanto accaduto a Moshen Makhmalbaf da giovanissimo, per la sua opposizione al regime dello scià Reza Pahlavi, e/o al divieto di lasciare il paese per anni, come nel caso di Jafar Panahi, costretto a 20 anni di interdizione dall’estero per la sua opposizione al presidente Mahmud Ahmadinejad, e ancora oggi, con il regista Mohammad Rasoulof.
Vincitore dell’Orso d’Oro 2019 a Berlino con il film “There is no evil”, Mohammad Rasoulof è stato condannato dalla corte rivoluzionaria iraniana a un anno di prigione, al divieto di lavorare come regista per due anni per ‘propaganda contro il governo’ ed all’ impossibilità per due anni di uscire dal paese o partecipare a qualsiasi attività sociale o politica.
Il nostro omaggio a Mohammad Rasoulof e al cinema iraniano
Al regista Mohammad Rasoulof, Taxidrivers ha voluto dedicare la copertina di questo “DossierIran”: il suo film “There is no evil”, che sarà distribuito nelle sale italiane da Satine Film, è una riflessione, articolata in quattro parti, sulla reale possibilità di esprimere le libertà individuali di fronte a situazioni obbligate e/o imposte, dove non sussiste in realtà, una vera opportunità di scelta.
Questo piccolo dossier, lungi dal voler proporre una visione esaustiva di un cinema e di un paese di amplissima complessità, bellezza e cultura, intende proporre uno sguardo e dei focus specifici, su temi importanti, come quello della censura e della condizione delle donne in Iran.
E abbiamo provato a farlo, passando per le avanguardie giovanili e i film di ‘genere’, attraverso i racconti visivi e a volte autobiografici di artiste ed artisti, cineaste e cineasti che hanno anteposto il sogno, la poesia e la libertà intellettuale alla loro stessa vita, e che rischiano ogni giorno per le loro idee e per far conoscere al mondo il cinema iraniano e gli eventi storici che lo accompagnano.
Artisti di tutto il mondo hanno protestato e richiesto con urgenza alle autorità iraniane di ritirare le accuse e garantire sicurezza e salute al regista Rasoulof, mentre la diffusione incontrollabile del Covid-19 virus, anche nelle carceri iraniane, può mettere seriamente in pericolo la sua vita.
La battaglia per la libertà di espressione
“Il nostro collega, Mohammad Rasoulof – ha dichiarato Wim Wenders, presidente della European Film Academy – è un artista che continua a raccontarci una realtà di cui altrimenti non saremmo a conoscenza. Il suo film vincitore dell’Orso d’oro “There is no evil” è un ritratto profondamente umano delle persone in situazioni estreme, situazioni che nessun essere umano dovrebbe essere costretto a sperimentare: abbiamo bisogno di voci come la sua, voci che difendano i diritti umani, la libertà e la dignità”.
Ci uniamo alla voce di questo grande Maestro del cinema, per onorare e sostenere tutti gli artisti, i filmmaker e gli attivisti che, pur oppressi e perseguitati da regimi ciechi e totalitari, sono riusciti a produrre e diffondere opere straordinarie, profonde, simboliche, visionarie in condizioni difficilissime, riuscendo a descrivere e denunciare le condizioni di un popolo in rivolta, la lotta spesso silenziosa delle donne per l’emancipazione, la battaglia di tutti per la libertà di espressione.
Elisabetta Colla
Hanno scritto in questo numero Elisabetta Colla, Rita Andreetti, Mattia Caruso, Maria Cera, Lucilla Colonna, Simona Grisolia, Anna Quaranta
Concept Designer Clarissa La Viola