Freud, la nuova serie Netlix, ha debuttato il 23 Marzo sulla piattaforma streaming e in poco tempo ha raggiunto la prima posizione della top 10 delle serie più viste in Italia. La nuova serie tv austriaca, co-prodotta dal servizio di video in streaming e ORF, si concentra sulla gioventù misteriosa e ribelle del padre della psicoanalisi Sigmund Freud, presentato come un arguto “detective” dai metodi discutibili. La prima stagione di Freud segue lo psicologo nella sua fase giovanile e altrettanto difficile: volenteroso di farsi un nome, le sue teorie sembrano non riscuotere successo e fiducia da parte dei colleghi; Freud si trova a dover fare i conti, in più, con una dipendenza da cocaina. Il protagonista (Robert Finster) sarà così coinvolto in un’indagine per omicidio ma, grazie all’aiuto della medium Fleur Salomé (Ella Rumpf) e dell’agente di polizia Alfred Kiss (Georg Friedrich), inizierà a indagare scoprendo una cospirazione ben più grande di quanto potesse immaginare.
Freud tradisce le aspettative
La serie è ambientata a Vienna nel 1886, tuttavia, non è stata girata nella capitale austriaca. Il set, è stato, infatti, costruito nella Repubblica Ceca, vicino alla capitale Praga. Il motivo lo ha spiegato a Variety il creatore Marvin Kren: «l’architettura delle due città è molto simile ma la cosa bella di Praga è che, a differenza di Vienna che ha subito rinnovamenti nel corso degli anni, ha conservato ancora un fascino storico e una patina antica.» Lo sceneggiatore dal canto sua ha dichiarato di essere cresciuto a Vienna e di essersi lasciato ispirare dalle luci e dalle ombre della capitale austriaca: «ha un certo fascino che, soprattutto di notte, lascia un senso di inquietudine. È qualcosa di sinistro e oscuro da cui sono stato influenzato.» L’ambientazione è, infatti, tra quelle caratteristiche più degne di nota che la serie mette in scena, Vienna è raffigurata non solo attraverso gotiche atmosfere, con echi al cinema espressionista tedesco, ma anche con quelle più moderne e pop di From Hell – La vera storia di Jack Lo Squartatore (2001), Penny Dreadful (2014) e Sherlock Holmes (2010).
Freud, sin dalle prime puntate, si presenta decisamente ambiziosa e lo stesso titolo si dimostra un fardello di non poco conto da portare e sviluppare. Sigmund Freud è un personaggio tanto interessante quanto complesso da trattare e, per questo motivo, guardandola le aspettative iniziali potrebbero essere facilmente deluse. La serie non ha, difatti, l’assoluta intenzione di trasporre la vita dello studioso, né di darne una visione della sua giovinezza; la figura di Freud si rivelerà piuttosto un pretesto per inscenare un thriller. L’aspetto dell’ipnosi e di tutta la scienza freudiana divengono elementi di contorno e posti sempre più in secondo piano, per fare spazio, piuttosto, all’elemento del soprannaturale. La serie quindi tradisce non una, ma per più volte, le aspettative dello spettatore, passando apparentante fisionomia di biopic al detective-story, quindi al soprannaturale, fino al thriller esoterico. Un vero pastiche di generi che prende e fagocita tutto, facendo appello non solo alla mitologia ungherese ma anche allo sfruttamento, a volte gratuito e puramente voyeuristico, della componente sessuale del tutto slegata dalla logica psicanalitica. Il fatto che gli otto episodi siano intitolati quasi come un inesistente trattato psicanalitico (Isteria, Trauma, Sonnambulismo, Totem e Tabù, Desiderio, Regressione, Catarsi e Rimozione) non è un elemento sufficiente a porre ordine in una trama quanto mai frastagliata.
Quanta finzione nella realtà e quanta realtà nella finzione
La serie decide quindi di prendersi molte libertà, ma non si esenta a intavolare dei cenni storici. Freud presenta molti personaggi e alcuni di questi sono figure esistite realmente, o perlomeno ispirate a esse: il dottor Josef Breuere il professor Theodore Meynert sono studiosi esistiti. Josef Breuer ha infatti influenzato molto gli studi di Freud, in particolare in riferimento al caso di Anna O., esplicitamente citato all’interno della serie. Freud, pur prendendosi delle licenze, mantiene comunque una certa coerenza con la realtà storica, come, ad esempio nel caso di uno dei personaggi più carismatici: Fleur Salomè. Ispirata alla figura di Lou Andres Salomè, quest’ultima, fra le personalità più enigmatiche dell’Ottocento, ha permesso a Freud di rinnovare e teorizzare la dualità tra Eros e Thanatos. In modo affine, anche nella serie, Fleur Salomè risulta essere una delle cause che spingono il protagonista a riformulare la teoria sul mondo dell’ipnosi.
Freud una serie ibrida
Capiamo bene, quindi, come la serie, seppur deludendo le aspettative iniziali, cerca a suo modo di riadattare e reinventare eventi mantenendo una certa coerenza storica. Paradossalmente, questo aspetto diventa, allo stesso tempo, sia un punto di forza che a sfavore della stessa. Freud, con la sua estrema tendenza alla mescolanza di genere e stili, diventa un genere del tutto ibrido: prendendo ora spunto da atmosfere noir, ora dalla cultura pop, facendone un mix fra il thriller e il dark, in cui la componente investigativa si contamina con spiritismo, esoterismo, mito ed elementi sovrannaturali. L’aspetto tecnico ci viene in aiuto in questo senso, laddove le colorazioni molto cariche e le inquadrature distorte tratteggiano i personaggi in modo deforme e ambiguo; amplificato da una recitazione (si guardi i coniugi Szapar) estremizzata, carica e grottesca: tutte caratteristiche che sembrano strizzare l’occhio al cinema espressionista. Freud non si accontenta e passa così velocemente all’horror, in cui il colore rosso domina le inquadrature ai limiti dello splatter.
La serie colpisce certo per una buona regia e soprattutto per i rischi che decide di correre. Una sfida vinta però solo in parte perché se da un lato l’ambientazione e la scenografia risultano ben congegnate, dall’altro non si può dire lo stesso della sceneggiatura, la quale risulta visibilmente appesantita. Nei primi episodi il tutto può incuriosire e coinvolgere, ma a lungo andare risulta un’operazione noiosa in cui la moltitudine di vicende e personaggi presentati sembra non avere uno scopo ultimo. Molteplici tematiche, generi e influenze visive risultano essere un’arma a doppio taglio che rischia di sovraccaricare il tutto e di fare della mescolanza una soluzione non sempre piacevole, ma che sfocia in uno stucchevole kitsch.
Freud fa così dell’ibridazione la sua cifra stilistica presentando anche lati positivi che meritano di essere comunque citati. Le incursioni nell’horror e nel macabro riescono difatti a non risultare ridicole o del tutto stranianti, ma si dimostrano convincenti e ben girate. Gli stessi profili di alcuni personaggi funzionano, come quello dell’ispettore Kiss che, pur non essendo fra i protagonisti, si rivela essere fra coloro meglio delineati e con un sviluppo soddisfacente e interessante.
Possiamo concludere affermando che Freud è sicuramente una serie stimolante e innovativa, soprattutto per una casa di produzione al suo debutto su Netflix. Nonostante le pecche a livello tecnico e la narrazione appesantita da troppi elementi, non si può negare la sua singolarità, laddove stravolge completamente il personaggio storico di Freud.
Alessia Ronge