«Con un soggetto di Cristina Comencini, Luca Lucini torna alla regia con “La donna della mia vita”, ma compie un passo indietro nel suo percorso artistico».
Con un soggetto di Cristina Comencini, Luca Lucini torna alla regia con La donna della mia vita, e lo fa continuando a coniugare gli ingredienti della commedia sofisticata, che ha dimostrato di saper maneggiare e dosare con professionalità dai tempi de L’uomo perfetto (2005), fino al penultimo Oggi sposi(2009).
La narrazione ripercorre le vicende di Leonardo (Luca Argentero) e Giorgio (Alessandro Gassman), fratellastri per linea materna. I due sembrano uno l’opposto dell’altro: timido e remissivo Leonardo, spregiudicato e “sottaniere’ Giorgio, complice anche la volontà educativa della madre che li ha cresciuti facendoli aderire forzatamente a questi stereotipi comportamentali. Ormai adulti, i due si troveranno a contendersi la stessa donna (Valentina Lodovini), fattore che farà emergere le loro vere personalità.
La donna della mia vita è una commedia borghese, sofisticata e brillante, che vorrebbe fare il paio con suoi emuli più famosi – da Hollywood alla cinematografia francese, a cui questo genere tanto deve – ma che risente di un provincialismo tutto italiano che coniuga ingredienti, pur collaudati, in maniera nient’affatto riuscita. Con un occhio al costume e con l’altro alla stereotipizzazione sociale, innestando gag per degli equivoci dal sapore più partenopeo che anglosassone, l’opera di Lucini dimostra di sapere in quali luoghi artistici e narrativi attingere, ma di ignorare le dinamiche drammaturgiche e di messa in scena che regolano il tutto. La narrazione, infatti, procede sciorinando la dualità comportamentale di tutti i protagonisti, facendo osservare allo spettatore come in ognuno di loro (di noi) esista un “Leonardo” e un “Giorgio”, con una consequenzialità però troppo geometrica e scontata. Nondimeno l’evolversi dei fatti – che dopo poco si ribaltano in maniera speculare rispetto alle premesse, assumendo un segno opposto – non è coadiuvato da una sceneggiatura e da una vena comica che facciano perdonare la ridondanza e la prevedibilità della narrazione, restituendo allo spettatore un film ampolloso, di cui dopo poco si comprendono gli esiti narrativi e che non si fa ricordare per vivacità comica. Peccato, perché dal soggetto della Comencini, con un cast che, oltre agli attori citati, presenta anche Stefania Sandrelli e Giorgio Colangeli, e con un regista che ha dimostrato in passato dimestichezza col genere brillante, si sarebbe potuto realizzare un’opera di registro e consistenza maggiori.
Luca Lucini, dunque, con La donna della mia vitacompie un passo indietro nel suo percorso artistico. Accantona infatti i gradevoli esiti raggiunti con Amore, bugie e calcetto(2008) per tornare a delle estetiche più modeste, che con Tre metri sopra il cielo(2004) non condividono il genere cinematografico ma la mediocrità qualitativa.
Emanuele Protano
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