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Dalla vita in poi

«Mix equilibrato di dramma e commedia, “Dalla vita in poi” scommette sulla possibilità di costruirsi una vita diversa dal consueto, emozionante davvero, nonostante mille ostacoli».

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Dalla vita in poi, grazioso e particolare lungometraggio che segna il debutto cinematografico del regista tv Gianfrancesco Lazotti, arriva finalmente nelle sale con una settantina di copie, dopo alcune battute d’arresto nel suo percorso di distribuzione (l’uscita era prevista inizialmente in primavera). Già pluripremiata (miglior film alla 56esima edizione del Taormina Film Fest e gran premio della giuria al Festival del cinema di Montreal), la pellicola racconta la storia di Katia (Cristiana Capotondi), una ragazza costretta sulla sedia a rotelle dalla distrofia muscolare, innamorata di un detenuto, Danilo (Fabio Nigro), fidanzato dell’inseparabile amica Rosalba (Nicoletta Romanoff), una simpatica e sexy borgatara.

Lo snodo della vicenda sentimentale ricorda molto da vicino la pièce del Cyrano de Bergerac: è Katia, infatti, la “suggeritrice d’amore” delle lettere che Rosalba spedisce a Danilo in carcere, ed è lei che poco a poco diventerà vittima delle sue stesse parole, finendo per innamorarsi del destinatario ancora prima di conoscerlo. Grazie alla scaltrezza acquisita affrontando le quotidiane difficoltà della malattia, Katia supera con furbizia gli ostacoli burocratici – mai si era visto un disabile più politicamente scorretto sul grande schermo – ottiene il permesso di vedere Danilo e infine riesce a sposarlo con una cerimonia in carcere. Nell’unico incontro fuori dalle sbarre che viene loro concesso, complice la trappola tesa dall’amica al poliziotto canaglia (Pino Insegno), Katia e Danilo trovano finalmente un po’ di intimità e un’occasione di fuga, cui seguirà un finale inaspettato.

Mix equilibrato di dramma e commedia, che si riflette anche in un montaggio fatto di continui flashback che alternano momenti seri ad altri più comici, Dalla vita in poi riproduce una storia che nella realtà esiste davvero (come spiega il regista all’incontro con la stampa), e lo fa ottenendo un buon risultato anche dal punto di vista della recitazione (con la Capotondi in testa). Più che sul tema della disabilità, volutamente lasciato sullo sfondo, affrontato in chiave ironica e con sapiente leggerezza, si punta sul messaggio della possibilità di costruirsi una vita diversa dal consueto, ma emozionante e degna di essere vissuta, nonostante gli ostacoli ‘materiali’ della carrozzina e delle sbarre. E senza scadere mai nella retorica, cosa non facile viste le quastioni affrontate.

Ilaria Mariotti

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