Intervista a Guido Catalano: tra poesia, televisione e cinema
Guido Catalano è uno scrittore e poeta italiano. Scrive per "Il Corriere della Sera Torino", ma le sue attività spaziano in tanti ambiti, anche nella musica e nel cinema. Lo abbiamo incontrato
Ti sei sempre dedicato molto alla poesia: hai scritto ben sei libri di poesia prima di approdare alla prosa. Forse, hai sempre preferito la forma della poesia in quanto è quella che più si addice alle tue esigenze, più immediata.
Non avrei mai pensato di scrivere in effetti dei romanzi. Mi è stato proposto da Rizzoli, in realtà. Avrei probabilmente continuato a scrivere solo poesia. Rispetto alla prosa, è più legata all’ispirazione del momento. Non è programmata. Dipende molto da ciò che mi accade. Nel caso della prosa, chi scrive deve, invece, avere un’idea, preparare una scaletta di ciò che deve raccontare.
Scrivi spesso anche dialoghi: qual è, dunque, la differenza di scrittura tra essi e la poesia?
Direi che quello è venuto un po’ naturalmente. Quando ho iniziato a scrivere poesie, ho anche scritto dei dialoghi inizialmente tra uomo e donna. Poi ho usato personaggi di fantasia o addirittura Gesù Cristo: è una cosa che amo fare e quando leggo in pubblico, in genere, interpreto entrambe le parti. Un giorno, mi piacerebbe pubblicare un libro di soli dialoghi.
Non hai mai pensato di scrivere per il teatro?
No, non l’ho mai valutato seriamente. Però, alcuni dei miei dialoghi sono stati utilizzati per il teatro: una compagnia di Verona ha realizzato un corto teatrale basato sui dialoghi, utilizzando un attore e un’attrice. È quello che vorrei fare anche io, un giorno.
Ti piacerebbe curare la regia?
No, la regia no. Non ne sarei in grado, avrei bisogno di un punto di vista esterno. Vorrei realizzare un lavoro servendomi di un’altra persona: in realtà, lavoro spesso con altri, per lo più musicisti.
Hai anche collaborato col cantante Dente. Vero?
Sì, esatto. Ho realizzato un tour con Dente: era uno spettacolo basato su delle canzoni e delle poesie. Però avevamo anche una regia, curata da Luca Guenzi, de Lo Stato Sociale. Non era, in verità, uno spettacolo particolarmente complesso, però avevamo bisogno di uno sguardo esterno.
Qual è per te la funzione della poesia e cosa speri di trasmettere, soprattutto attraverso i tuoi reading?
Per me, i reading sono una cosa fondamentale. Ho iniziato molto giovane, suonando in un gruppo, con i miei compagni di scuola o Università. A 17-18 anni, ho iniziato sul palco anche se sono particolarmente timido. Per superare la timidezza, buttarsi sul palco è un bel modo. Da subito, ho avuto il bisogno di avere un contatto fisico col pubblico. Venti anni fa non esistevano i social. È iniziato tutto insieme: ho continuato ad avere l’esigenza di scrivere testi e leggerli in pubblico.
Sei partito da eventi locali?
Sì, quindi Torino. Ho iniziato a leggere queste cose che scrivevo, non sapendo se fosse poesia o altro. Inizialmente, il pubblico era limitato: erano soprattutto amici. Ho capito che il rapporto col pubblico era funzionale e mi piaceva. Mi consentiva di farmi conoscere. Non c’era altro modo. E poi, soprattutto, funzionava.
I tuoi tour, invece, come nascono?
Nell’ultimo, era molto natalizio: una decina di date, molto intenso. Inoltre, era legato a quest’ultimo libro: Poesia al megafono. È un libro sonoro, come quelli per bambini, dove premi un bottone e vien fuori il verso degli animali. Ho letto delle poesie sul Natale. C’erano anche un paio di rubriche: ho chiesto ai lettori di mandare delle letterine, come se fossero indirizzate a Babbo Natale. Ne son arrivate tante.
Hai già una rubrica per il Corriere della Sera, vero?
Sì, è una sorta di posta del cuore. La faccio settimanalmente per il Corriere della Sera di Torino. Mi piace anche molto l’interazione non diretta, da palco.
I tuoi personaggi ricordano spesso Woody Allen. Quali sono i tuoi gusti in merito al cinema?
È uno dei miei autori preferiti. Woody Allen ha anche scritto dei libri, spesso molto divertenti. La sua ironia e il suo modo di raccontare le storie d’amore sono una fonte di ispirazione molto importante.
In alcuni casi, ci rivedo anche un Nanni Moretti.
A questo non ci ho mai pensato. Forse, il primo Nanni Moretti, senz’altro.
Com’è il tuo rapporto con la televisione?
Ho partecipato ad alcune trasmissioni televisive: l’ultima è stata con Brunori Sas, il cantautore, su Rai 3. Ero ospite e leggevo una poesia ogni tanto. In passato, ho partecipato ad altre trasmissioni. A me non piace stare dietro la telecamera, mi trasmette imbarazzo. Ad esempio, sui social, fare video funziona molto. A me, non viene naturale. Non ne realizzo. Mi blocca. E non mi riguardo mai nel caso dei video. Mi infastidisce vedermi, ma anche riascoltare la mia voce.
Quindi, come hai fatto a riascoltare il tuo libro sonoro?
Semplicemente, non mi riascolto. Anche nel caso del mio audiolibro.
Progetti futuri?
Sto provando a scrivere qualcosa in prosa, ma mi ritrovo poco tempo. E poi c’è questa cosa di cui parlavamo prima: realizzare uno spettacolo servendomi di un’attrice. In realtà, nel 2016 è anche uscito un documentario con all’interno della fiction, intitolato Sono Guido E Non Guido. Dura circa un’ora. È andato al Torino Film Festival ed ha avuto anche un discreto successo. Ci sono io, seguito nel tour dai ragazzi che lo hanno prodotto e realizzato. Si son inventati che c’è un gemello, interpretato sempre da me, che è colui che scrive i testi.