Il Bergamo Film Meeting con il suo programma così fitto può essere anche dispersivo. Tante proposte, tanti stimoli diversi. E non sempre si riesce a stare dietro a tutto. Avremmo voluto per esempio partecipare ad uno degli incontri col pubblico del polacco Mariusz Wilczyński, per investigare su una poetica che ci aveva istintivamente attratto, dopo aver intravisto qualcosa dei suoi lavori di animazione. Ma nello schizzare da un evento all’altro non c’è stata occasione. Ci siamo dovuti così accontentare dei due o tre cortometraggi visionati nel frattempo in sala, posti generalmente all’interno di blocchi comprendenti anche altre proiezioni.
Il senso della scoperta ci è comunque arrivato: riflessi della travagliata storia nazionale, stati d’animo turbati, scorci surreali di umbratili e fragilissime esistenze, istanti di inusitata euforia, scorci di pietas famigliare, tutto ciò confluisce in un magmatico scomparto dell’immaginario al quale l’autore polacco attinge ricorrendo a un tratto molto personale, in cui si rincorrono visionarietà e immediatezza.
Tra le animazioni portate a Bergamo ci ha particolarmente colpito, per la sua ricca iconografia e per le tecniche utilizzate, un corto del 1999, Chop, Chop, Chop, Chopin… (Szop, Szop, Szop, Szopę…, in polacco). Tra caricaturali disegni e animazione a passo uno, tra eccentrico omaggio all’arte del grande musicista e voli pindarici riguardanti la storia recente della Polonia, Mariusz Wilczyński vi ha infuso tutta la sua visione disincantata della realtà. Chopin e il suo pianoforte, quale trascinante magia, ma anche una rapida carrellata di eventi storici rivisitati con cruda irriverenza, dall’invasione tedesca al giogo comunista e alla non così rassicurante apertura al libero mercato, sotto l’egida di un controverso Papa raffigurato anch’esso con spigliata ironia. Un’epifania folgorante, Chop, Chop, Chop, Chopin…, cui ha fatto seguito nello stesso giorno la proiezione del dolente ed intenso Unfortunately (Niestety, 2004), corto caratterizzato da un flusso ancor più ipnotico di immagini, ma ancorato ad altre angolazioni di una poetica tanto riflessiva, profonda, quelle cioè di natura maggiormente intimista.