L’ultimo film di Silvano Agosti, Ora e sempre riprendiamoci la vita, è stato presentato al Festival di Locarno in prima mondiale. L’autore bresciano, ottant’anni compiuti, è più vivo e vitale che mai con il suo cinema fuori da ogni schema e classificazione che non sia la sua personale e originale rappresentazione della realtà. Il cinema di Agosti è privo di ogni logica industriale, produttiva, consumistica, ma è espressione pura di impegno civile, umano e politico messo in scena attraverso le immagini e le sua messa in serie.
Ora e sempre riprendiamoci la vita è un inno alla libertà (tema portante di quest’anno del Festival di Locarno in tutte le sue declinazioni), dove viene raccontato il decennio dal 1968 al 1978 in Italia attraverso documenti di archivio (anche girati dallo stesso Agosti) e interviste dirette ad alcuni protagonisti di quel periodo. Agosti lavora sul montaggio delle immagini, sulla loro composizione, per trasformare il film sia in un diario storico sia in una narrazione personale di un periodo della società italiana dove si assiste a una grande presa di coscienza popolare per la rivendicazione dei diritti della persona, per un lavoro migliore, per una vita più dignitosa.
Agosti sostiene attraverso Ora e sempre riprendiamoci la vita che il decennio italiano, agli occhi di un futuro storico obiettivo, è un periodo così importante da poterlo paragonare alla Rivoluzione Francese o a quella Russa per l’impatto che ha avuto su ogni strato della popolazione e della società. Un periodo di grande ebollizione politica e sociale dove gli studenti, le donne, gli operai, i braccianti e i più poveri hanno lottato per affermare i propri diritti di persone e di classe.
Il documentario mostra il decennio attraverso una serie di episodi: dalla lotta studentesca del ’68 agli scioperi e alle assemblee dagli operai della Fiat; dalla strage di Piazza Fontana a quella dell’Italicus, passando per Piazza della Loggia a Brescia; dalle manifestazioni libertarie delle donne per l’aborto e la loro affermazione di persone indipendenti all’interno di una società dalle regole patriarcali fino alla manifestazione dei duecentomila studenti a Bologna, dove il Ministero degli Interni chiede l’intervento dell’Esercito e manda i carri armati; per finire con l’omicidio di Aldo Moro che chiuse il decennio e “mise un tappo definitivo al vulcano” emotivo di quel decennio.
Le sequenze d’epoca in bianco e nero sono intervallate da interviste fatte a una serie di testimoni del tempo: da Franca Rame e Dario Fo a Massimiliano Fuksas; da Bernardo Bertolucci a Nuto Revelli e tanti altri che, come una serie di voci di una Spoon River italiana di vivi e morti, raccontano episodi di quegli anni vissuti in prima persona.
Il cinema di Agosti è una visione altra e si contrappone/s’inserisce al/nel cinema italiano tradizionale che tenta di raccontare la realtà odierna con i mezzi di produzione di mercato. Agosti non si definisce più un regista, ma un autore, un testimone di eventi e realtà che non hanno più memoria, sono sopiti, continuano a scorrere in fiumi carsici.
Ora e sempre riprendiamoci la vita è così una voce nel deserto dell’amnesia collettiva nazionale, la Storia da un punto di vista diverso di come viene raccontata (e ricordata). Forse anche per questo i film di Silvano Agosti hanno una distribuzione difficile, sono stati tagliati o prodotti dalle televisioni e poi nascosti in qualche cassetto. Perché la narrazione del bello e della ricerca della felicità potrebbe cancellare la rappresentazione quotidiana dell’odio e della paura.