Three quarters è un film fortemente autobiografico, incentrato sulla storia del suo giovane regista, il bulgaro Ilian Metev (per sua stessa ammissione). Già violinista professionista, Ilian confeziona un film che parte da un’idea interessante, frutto certamente del suo background, senza riuscire però a svilupparla, non toccando mai completamente, e veramente, le corde emozionali dello spettatore. La storia ruota intorno a tre personaggi, componenti della stessa famiglia: Mila, giovane pianista in ansia perenne per l’audizione che potrebbe cambiarle la vita; il fratellino Niki che, con provocazioni varie e continue e con una passione smodata per le assurdità, sembra fare di tutto per irritare e deconcentrare la sorella maggiore dal suo obiettivo (quello di partire per la Germania qualora l’audizione dovesse andare a buon fine); infine Todor, il padre astrofisico, incapace di governare le tensioni e gli isterismi dei suoi due figli.
Ne viene così fuori il ritratto di una famiglia sui generis, in cui ognuno fondamentalmente prende la sua direzione e imbocca il suo personale percorso in quella che dovrebbe essere l’ultima estate trascorsa tutti insieme. Three quarters non riesce mai a coinvolgere ed emozionare più di tanto; offre buoni spunti di riflessione, questo sì, ed è anche valido da un punto di vista meramente estetico, anche se non va mai oltre. Insomma, un’occasione sprecata. Peccato, perché le premesse c’erano e sembravano pure buone: utilizzandole diversamente si poteva fare decisamente meglio e di più.
Si intuisce che i tre stanno affrontando un percorso in salita, irto di difficoltà relazionali e di comunicazione, anzitutto tra loro stessi. Ognuno di essi è però un nucleo a sè, un mondo a parte che mai entra in contatto vero con chi lo circonda. Questo perché sono presi unicamente e totalmente dal proprio io (siamo o non siamo nell’era dell’ego smisurato del resto?) e dalla propria vita (dal racconto traspare ciò). Racconto dal quale ci si aspetta e si spera che accada qualcosa, qualunque cosa da un momento all’altro o quantomeno prima della fine del film. Ma non accade nulla: è un lento e inesorabile trascinarsi di piccoli e insignificanti avvenimenti che costringono alla noia chi guarda. Buona la fotografia. Per il resto, niente o davvero poco è degno di nota.