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Taxidrivers Magazine

Arte e politica nel cinema di Steve McQueen

Dopo l’Oscar a 12 anni schiavo, ecco il dossier “Arte e politica nel cinema di Steve McQueen”, riveduto e ampliato

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(CLICCA QUI) Dossier “Arte e politica nel cinema di Steve McQueen”

Taxi Drivers Magazine non ha aspettato i tre Oscar vinti da 12 anni schiavo per appassionarsi alla cinematografia di Steve McQueen. Questo dossier che vi avevamo proposto più di un anno fa, ora riveduto e ampliato, approfondisce il linguaggio e le tematiche di un artista che come lo statunitense Julian Schnabel, l’iraniana Shirin Neshat e l’italiano Mimmo Paladino, ha scelto di esprimersi anche attraverso la Settima Arte.

Nato in Inghilterra da una famiglia di immigrati, Steve McQueen studia arte a Londra e a New York, facendosi notare non ancora trentenne con una serie di cortometraggi girati in Super 8 e in 16 mm, muti e in bianco e nero, nei quali recita anche lui stesso: Bear, Five easy pieces, Stage, Deadpan, Prey, Just above my head, Catch, Exodus.

La Tate Gallery nel 1998 gli conferisce il prestigioso Turner Prize per Drumroll, sua prima esperienza con il sonoro, in cui McQueen trascina un barile d’olio fra i passanti delle strade di Manhattan, dicendo “sorry!”.

La sua opera prima Hunger vince la Caméra d’Or al 61° Festival di Cannes, facendo decollare la carriera di McQueen e ascrivendolo tra i registi del cinema di contestazione.

Lucilla Colonna

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