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La regina di Palermo, anticipo dello spin-off di Squadra Antimafia, che racconterà la vita di Rosy Abate

È andata in onda su Canale 5, il 16 agosto, la terza puntata (sono quattro in tutto) dello speciale La regina di Palermo, anticipo dello spin-off di Squadra Antimafia, che racconterà la vita di Rosy Abate, personaggio chiave della serie. Si tratta dell’antefatto delle cinque puntate che verranno poi trasmesse a settembre col titolo, appunto, Rosy Abate

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È andata in onda su Canale 5, il 16 agosto, la terza puntata (sono quattro in tutto) dello speciale La regina di Palermo, anticipo dello spin-off di Squadra Antimafia, che racconterà la vita di Rosy Abate, personaggio chiave della serie. Si tratta dell’antefatto delle cinque puntate che verranno poi trasmesse a settembre col titolo, appunto, Rosy Abate.  Ora è un ripasso per chi la conosce già, una presentazione per chi vorrà seguirla il mese prossimo (il trailer viene proposto spesso durante la pubblicità).

Ad occupare tutta la scena in questo racconto, che è un collage di Squadra antimafia, è lei, interpretata da Giulia Michelini, brava nei frequenti passaggi esistenziali che il personaggio richiede. Non è sua invece la responsabilità di un cambiamento troppo repentino, dalla ragazza allegra che era, al suo cinismo, dal ruolo di figlia di famiglia (se pure mafiosa) a quello di donna senza più scrupoli. È un difetto se mai dell’ estratto in sé,  che cade in momenti di vuoto narrativo e fastidiose ellissi. Come nel caso di Ivan di Meo (Claudio Gioé), il poliziotto che riemerge dal mare alla fine della prima puntata e all’inizio della seconda è fianco a fianco al fratello mafioso di Rosy. Chi è Ivan, un poliziotto corrotto o un infiltrato? Un infiltrato, of course, ma l’ambiguità indispettisce anziché creare suspense.

Coinvolgente invece il rapporto tra Rosy e la capa dell’operazione antimafia Duomo, Claudia Mares (Simona Cavallari), che oscilla tra i poli opposti della sorellanza e dell’odio. Da parte di Rosa l’affetto profondo si fa credibile se si pensa al debito di gratitudine nei confronti di Claudia, che le ha salvato la vita quando era bambina. Così come sono comprensibili i sentimenti negativi quando Claudia, rappresentante della legge e nemica di ogni azione mafiosa,  si frappone tra lei e l’escalation di violenza della sua nuova vita.

Claudia, da parte sua, non rinuncia mai al maternage dell’inizio, alle preoccupazione per le scelte estreme della più giovane, e, proprio quando Rosy eccede coinvolgendola, come nell’uccisione di Ivan, con cui entrambe avevano una relazione, allora, sì, sembrerebbe odiarla, ma poi, come di fronte ad una figlia scapestrata, ben presto torna il senso di protezione nei suoi confronti. Almeno, in questo riassunto che per forza di cose salta passaggi e sfumature.

Ad ogni puntata si trovano almeno una volta una di fronte all’altra, pistola in pugno, duellanti al femminile, il bene e il male a fronteggiarsi. Ma noi non vogliamo assolutamente che Rosy muoia; soltanto che rinsavisca (e non succede neppure con la nascita del figlio), paghi i suoi debiti e torni la brava ragazza che era. Macché! Di volta in volta trova il modo di sfuggire all’amica-nemica, perché sa che Claudia quel grilletto non lo premerebbe mai. E aggiungerà violenza a violenza. “Chi ti ha messo il gelo nel cuore?”, le chiede U’Puparu, il mafiosissimo amico del padre.

La compressione degli eventi, la sua accelerazione (settantaquattro episodi ridotti a quattro),   inoltre, fanno sì che i morti crescano a dismisura: un concentrato di sparatorie, fughe, e tradimenti di difficile assimilazione.

Resta, comunque, il personaggio femminile ben recitato che, in una serie dedicata interamente a lei, appassionerà sicuramente il pubblico entusiasta di Squadra antimafia e forse, grazie a questo anticipo, se pura un po’ convulso,  ne richiamerà di nuovo.

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