Presentato al pubblico del Sentiero Film Factory, Happy Snaps, scritto e diretto da Tyro Heath, racconta la parte più difficile di un rapporto: quello conclusivo.
Ci sono amicizie destinate a durare per sempre, ma che per cause maggiori non possono continuare nel presente. La speranza di un riavvicinamento, di una prosecuzione di tutte le gioie vissute, è l’unico motore a tenerci vivi.
Gabriel e Sami sono due amici che vivono sull’isola di Sheppey, nel sud-est dell’Inghilterra. In mezzo alle giornate di divertimento collettivo in spiaggia, tra videogiochi e fotografie, i ragazzi si trovano costretti ad affrontare il dolore della separazione: Gabriel, che ha una paralisi cerebrale, sta per trasferirsi con la famiglia altrove. Mentre cerca di nascondere la vera ragione della partenza, entrambi si interrogano sul futuro e su ciò che ne sarà della vita di ognuno di noi.
Happy Snaps: l’istante custodito per sempre
Non c’è testimonianza più potente di un semplice scatto. È l’immagine a farsi custode silenziosa di una storia capace di attenuare la malinconia di un arrivederci che, per due ragazzi, può avere il peso di un addio. Un sorriso improvvisato, una smorfia buffa, e subito dopo il clic di quella piccola macchina: così un istante fuggevole si trasforma in qualcosa che sembra destinato a durare per sempre.
L’apparecchio non è soltanto un oggetto che registra, ma diventa il garante di un ricordo felice, qualcosa che nel tempo verrà rivisto con nostalgia e con tenerezza. Nella sua semplicità, questo oggetto tascabile sembra farsi ponte tra le epoche: apre uno spiraglio sul futuro e allo stesso tempo custodisce il passato.
Ci sono esperienze che, per circostanze impreviste, siamo costretti a vivere troppo presto: la malattia, la separazione, il senso improvviso di abbandono che cala da un giorno all’altro, e soprattutto la perdita di un amico. Tutto questo si insinua nelle giornate dei giovani protagonisti, che tra giochi, risate e momenti di leggerezza portano con sé un velo di malinconia. Ogni gesto, per quanto semplice e gioioso, è attraversato dalla consapevolezza che quel tempo insieme sta per finire. Così, mentre si ride a voce alta, dentro si trattiene un pianto silenzioso. È la contraddizione di quell’età fragile e fiera allo stesso tempo, in cui ci si illude di dover sembrare invincibili, dei piccoli giganti pronti a reggere il mondo, anche quando dentro ci si sente sul punto di spezzarsi.

Che vuol dire amicizia?
L’amicizia è, prima di tutto, fiducia? È la capacità di mostrarsi all’altro senza maschere, con sincerità e trasparenza? La scelta di Gabriel di non rivelare all’amico la sua malattia è uno dei momenti più toccanti del film, perché racchiude una contraddizione tipica dell’infanzia: la paura del giudizio, il timore di mostrarsi vulnerabili, ma anche il desiderio di proteggere chi ci sta accanto.
Non è tanto una questione di coraggio, quanto di umanità.
Happy Snaps affronta la disabilità con un approccio raro: Gabriel vive con una paralisi cerebrale, ma non viene mai ridotto a essa, né rappresentato come un “eroe” da ammirare o come un oggetto di pietà. È semplicemente un ragazzo che gioca, ride e sogna con il suo migliore amico. La malattia resta sullo sfondo, accennata appena, e proprio questa scelta narrativa rappresenta la grande forza del film: la disabilità non è un marchio, ma una parte della vita di Gabriel, che non ne oscura l’identità. L’opera ci invita così a guardare oltre le etichette, a cogliere la fragilità e allo stesso tempo la potenza dell’amicizia, capace di esistere nella sua forma più autentica, senza bisogno di spiegazioni o giustificazioni.