“Le donne sono sempre creatrici e le donne ucraine fanno di tutto per fermare questa guerra, per prevenire le sofferenze… in ucraino c’è una parola molto bella: “berehynia”, una donna che si fa baluardo per tutta la popolazione”.
Con queste parole, pronunciate da una delle redattrici della rivista ELLE Ucraina si apre il bel documentario Berehynia – Le donne di Kyiv, diretto dal cineasta Vito Robbiani (originario di Zurigo) e presentato in questi giorni a Milano all’ 11a edizione del Festival Visioni dal Mondo – Festival Internazionale del Documentario: sono parole di pace e di resistenza, che risuonano in un’Ucraina ferita e dolente.
Quattro giovani donne, una delle quali incinta, hanno deciso di portare avanti il lavoro di ELLE Ucraina — rivista di moda e bellezza, ma anche di cultura, costume e attualità. La redazione continua a pubblicare tra sirene antiaeree, blackout e attività di solidarietà, cercando di mantenere una quotidianità resiliente e normale, nonostante l’invasione russa. Le protagoniste raccontano al regista la loro storia straordinaria.
Un paese che reagisce e resiste, tra cultura e solidarietà
Accompagnato da queste donne attive e coraggiose, Vito Robbiani riprende la città di Kiev nella sua luminosa vitalità e lascia emergere la capacità della popolazione di reagire alla guerra e alla disperazione, continuando a realizzare creazioni di moda e altre espressioni creative, a portare avanti attività culturali, artistiche e museali (nonostante molte opere siano scomparse).
Il popolo ucraino ha messo in atto un forte movimento patriottico per contrasto all’invasione russa ed è stato potenziato anche il volontariato, mediante la preparazione di aiuti per i soldati al fronte, sostegno psicologico per gli abusi e traumi subiti dalle donne, ricostruzione di case, partecipazione a manifestazioni di protesta e commemorazione di civili morti al fronte: fra questi colpisce il caso di una giovane dottoressa che, colpita dai bombardamenti, prima di morire aveva chiesto di cantare al suo funerale la sua canzone preferita, sulla libertà contro l’oppressione.
Una normalità stra-ordinaria
L’associazione di riferimento per le azioni di solidarietà è Repair Together, un’organizzazione di volontariato che ricostruisce le case danneggiate dalla guerra, radunando volontari da tutto il mondo per pulire le macerie e riparare le abitazioni nelle zone colpite dall’invasione russa, con eventi particolari (come i rave toloca – pulizie con musica da DJ), per attrarre volontari, offrire loro un’esperienza coinvolgente e riportare la vita nelle comunità colpite dalla guerra.
Emerge dal documentario l’eccezionalità di un vivere quotidiano surreale e dicotomico, fra impegni sociali, lavorativi e domestici, interviste e lavoro, attività pro-patria e pro-esercito e notizie spaventose, come la morte al fronte di un amico.
L’opera del regista svizzero, oltre a raccontare storie di donne e persone resilienti e in lotta contro una guerra sentita come profondamente ingiusta e aggressiva, rappresenta una moderna metafora della lotta tra il bene e il male: le protagoniste e le persone intervistate dimostrano una resilienza straordinaria, reagendo agli orrori della guerra opponendovi bellezza, cultura e determinazione.
Le due Ucraine: la normalità come atto di ribellione
Dall’inizio della guerra, nel febbraio 2022, esistono due Ucraine: una al fronte e l’altra portata avanti dalle donne. In una quotidianità sospesa, mentre le redattrici raccontano la loro esperienza, si comprende come il lavoro, la cura del sé e la solidarietà diventino atti di resistenza.
Con resilienza e determinazione, le protagoniste e tutte le persone incontrate dal regista (tra cui Mariia Yefrosinina, l’influencer ucraina, e Anastasiia Shevchenko, prima ballerina dell’Opera di Kiev), che hanno dedicato tempo e attenzione al docu-film, reagiscono alla brutalità del conflitto con eleganza e ostinazione.
La loro normalità, vissuta in un contesto straordinario, racconta, con uno sguardo intimo e potente, l’identità di un Paese che rifiuta di arrendersi. Il cuore pulsante di una Kiev che porta avanti la lotta e la ribellione attraverso la quotidianità, la (ri)costruzione, la (ri)generazione di forze, idee e iniziative solidali.
Per questo il documentario, girato in sole due settimane, ha deciso di non mostrare macerie, morte e distruzione, o scene di guerra, ma ha preferito raccontare la vita della gente comune.
“Conoscevo Kyiv già da prima della guerra scoppiata nel 2014 – racconta il regista – era una città molto dinamica, vivace e direi simpatica. La guerra l’ha resa un po’ schizofrenica e fatalista, ma sicuramente più unita e sincera di prima. La cultura è diventata il piatto forte della capitale, un modo per rimarcare la propria identità nazionale e mostrare la propria determinazione. Cultura che, con gli uomini partiti al fronte, è in mano alle donne, che con essa erigono una barricata alla violenza.”
I protagonisti
Le quattro coraggiose protagoniste sono Sonya Zabouga (ELLE, ELLE DECORATION Ukraine editor-in-chief), Myroslava Makarevych (ELLE UKRAINE senior editor), Marianna Partevyan (ELLE UKRAINE beauty editor), Svitlana Kravchenko (ELLE.ua web page editor-in-chief).
Hanno inoltre partecipato con grande generosità: Dmytro Kyrpa (Repair Together), Natalia Dunayska (Elle-Ukraine Publisher), Tata Kepler (head of Pthay charity project), Fedir Vozianov (fashion designer), Ruslan Baginskiy (fashion designer), Ivan Frolov (fashion designer), Mariia Yefrosinina (Masha Foundation), Anastasiia Shevchenko (Prima ballerina Opera Kyiv), Kateryna Maystrenko (Chief coordinator volunteer hub).