3670 di Park Joonho è un film drammatico coreano, opera prima del regista, presentato in anteprima al Jeonju International Film Festival e interpretato da Cho Youhyun e Kim Hyeonmok.
Delicato e rispettoso, il film di Park Joonho si relaziona alle comunità queer e di rifugiati nordcoreani con curioso entusiasmo, mostrandoci solidarietà e solidità. Cho Youhyun mostra piena consapevolezza dei piccoli gesti, e si racconta con sguardi e riflessioni silenziose. 3670 è stata la scoperta più piacevole dell’indie coreano del festival di Jeonju.

‘3670’ di Park Joonho – immagini stampa fornite dal Jeonju Intenrational Film Festival
3670 di Park Joonho, la trama
Cheol-jun (Cho Youhyun), è un rifugiato nordcoreano che sta tentando l’ammissione all’università. La sua comunità di connazionali scappati dal nord è molto inclusiva, ma Cheol-jun ancora non ha raccolto le forze per fare outing e nasconde la sua identità sessuale. Per caso si trova inserito da Yeong-jun (Kim Hyeonmok) in una comunità di altri giovani gay della stessa età, che lo coinvolgono regolarmente: solo allora Cheol-jun sente finalmente di poter vivere liberamente identità, senso di appartenenza e integrazione nel Paese che lo ha accolto.
Ma arriva anche per lui il momento in cui, conteso tra le due realtà e messo in difficoltà dai segreti, dovrà fare i conti con la sofferenza.
Il cinema coreano e l’outing
3670 di Park Joonho è un film che esprime un coraggio che fuori dagli schermi si fatica ad apprezzare. Già dalla prima scena, sfida non solo la morale conservatrice e pudica del cinema locale, ma tenta un outing mediatico su situazioni presenti nella vita fintamente inconsapevole della modernissima Corea. Il movimento LGBT e la comunità di rifugiati nordcoreani sono ancora considerate minoranze, che si muovono come satelliti attorno ad una società patinata che aspira ad apparire senza smagliature.
Questa apertura viene accompagnata dalla recitazione dimessa del protagonista, che sboccia assieme al suo personaggio con eleganza e spontaneità. Park Joonho scrive una sceneggiatura misurata, per nulla ostentata, che aiuta il suo personaggio ad aprirsi e uscire dal guscio con naturalezza. E lo fa pur rappresentando un paese dove
[…] può sembrare strano, ma in Corea del Sud ti devi vendere. È una specie di auto-promozione capitalista…
Di Cheol-jun conosciamo la vita da “diverso”, lontano dalla famiglia, con i soldi contati e prestati; una realtà insomma che di comune con le sue esperienze precedenti, ha solo la lingua. Senza premere troppo sui falsi miti del Nord, raccogliamo qua e là quei dettagli che fanno sì che quell’immagine prenda forma senza diventare una caricatura.

‘3670’ di Park Joonho – immagini stampa fornite dal Jeonju Intenrational Film Festival
I premi
All’esordio asiatico al Jeonju International Film Festival, 3670 ha fatto incetta di premi, senza guardare in faccia agli sfidanti. Il film risponde al bisogno di intercettare quelle comunità, di aprirsi su questa diversità che non è tale, ma è una normalità di altro tipo. Ricompensato quindi per la schiettezza e la naturalezza che riesce a portare sullo schermo: lo fa in un paese dove, proprio come si lamenta il personaggio di Yeong-jun nel film, ancora non si può tenere la mano del proprio compagno per strada.
Eppure, l’opera ha un respiro fiducioso e invita ad estendere l’interesse anche laddove sta il “diverso” e non necessariamente uniformato, alla ultra competitiva società coreana.