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Riff Awards 2019: Cortometraggi internazionali

Gioie e dolori, emozioni e noia, nei corti della International Short Competition e della Student Short Competion, che offrono comunque un panorama interessante e vario

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Ben due blocchi di cortometraggi sono stati proiettati, al Nuovo Cinema Aquila, nel pomeriggio di lunedì 18 novembre, a testimonianza dell’ormai tradizionale interesse del RIFF (Rome Independent Film Festival) per tutto ciò che riguarda il cinema breve.
Da parte nostra, abbiamo privilegiato la seconda tranche di corti, quella delle 18.20, in cui erano presenti sia lavori selezionati per la International Short Competition che altri appartenenti alla Student Short Competion, realizzati quindi in scuole di cinema e realtà affini. Senz’altro diseguale il valore dei piccoli film visionati, ma occorre a questo punto entrare nello specifico.

L’esordio non era stato d’altronde tra i più promettenti. Melanie della svedese Lisa Meyer è una tranche de vie dall’impronta estremamente minimalista, che tenta di ritrarre lo stile di vita di una sedicenne scandinava, in bilico tra una routine campagnola e alcune sortite in città dove si spalanca di fronte a lei un contesto sociale più ampio. La giovane cineasta vorrebbe interessare anche lo spettatore all’universo giovanile e ai contrasti tra mondo agricolo e realtà urbana, nella Svezia di oggi. Il risultato si rivela purtroppo estremamente piatto sia stilisticamente che per lo scarso interesse suscitato dagli ambienti rappresentati. L’unica cosa buffa, curiosa, è a un certo punto il continuo giocare della protagonista con la barba di un altro ragazzo, il che è tutto dire.
Ben più carico, emotivamente, il successivo Oscar Liebt, selezionato come anche il precedente lavoro nella Student Short Competition. La svizzera Chiara Schawalder, presente peraltro in sala, lo ha realizzato assieme ad altri corti negli anni di permanenza in un istituto di Zurigo, che abbiamo scoperto essere specializzato in cinema, design, fotografia e altre arti. Lì pare aver lavorato bene. Sì, perché il suo cortometraggio pulsa di vita e di tensioni adolescenziali, appassionando lo spettatore alle prime palpitazioni amorose del giovane protagonista, il cui acerbo tentativo di dichiarare i propri sentimenti viene messo in scena con indubbia freschezza. Tutto ritmato poi da una musica ipnotica combinata benissimo con le immagini, rispetto alla quale la film-maker elvetica ha ricevuto diverse domande, durante il successivo Q&A.

Il terzo momento di questo contest legato alle scuole di cinema ha coinciso con la proiezione di Plus One, per la regia dell’ucraina Myroslava Klochko, stando ai nostri gusti il miglior cortometraggio tra quelli visionati nel pomeriggio di lunedì. Quasi a confermare il fiorire di giovani talenti nella ex repubblica sovietica, cui è stato dedicato nel corso del RIFF un focus assai accattivante.
In realtà di Plus One va rimarcato anche il fatto che sia stato prodotto alla FAMU, la prestigiosa scuola cinematografia di Praga, in cui si sono formati tanti Maestri. Non a caso quello di Myroslava Klochko è un lavoro di notevole pulizia formale, molto accurato nelle riprese e nell’illuminazione degli ambienti, la cui impronta estetica già matura figura però al servizio di un’apprezzabile sensibilità narrativa, riferita ai dilemmi posti da una imminente maternità. Mai scontato nel suo iter, il rapporto di coppia tra i due protagonisti si evolverà attraverso le rocambolesche esperienze di lei, fino al momento in cui una scelta difficile potrà essere affrontata con la giusta consapevolezza.

Unico corto della International Short Competition inserito in questo programma, Bottleneck di Måns Berthas ci ha lasciato sensazioni ambivalenti. Anche questa una piccola produzione svedese, che da un lato non passa inosservata per l’incredibile tensione interna di certe sequenze, dall’altro può risultare quasi incomprensibile, per il background così scarno dei personaggi e delle violente situazioni messe in scena dal cineasta scandinavo. Ma di sicuro chi l’ha visto non potrà più guardare il tradizionale “gioco della bottiglia” con gli stessi occhi.

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