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Documentari

Diaspora, ogni fine è un inizio, una ricerca che diventa saga ed epopea della dispersione causata dalle leggi razziali del 1938

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Dopo tre anni di riprese e uno di montaggio, Luigi Faccini e Marina Piperno portano a compimento Diaspora, ogni fine è un inizio, un’opera attraverso la quale Marina Piperno ha cercato di incontrare e ricostruire i rapporti con i vari membri della sua famiglia, che dopo le leggi razziali promulgate dal regime fascista costrinsero molti ebrei ad abbandonare l’Europa.

Prima donna in Italia a esercitare il mestiere, tipicamente maschile, di produttore, fondatrice della Reiac film, Marina Piperno ha voluto ricostruire i rapporti di parentela di seconda e terza generazione, che si erano persi da quel lontano 1938. Insieme a Luigi Faccini, regista e critico strutturalista e semiologo, suo compagno d’avventura da più di quarant’anni, hanno ripercorso le strade che i suoi zii e cugini avevano intrapreso per iniziare una nuova vita, da New York all’entroterra della costa orientale degli Stati Uniti, fino in Israele, tra Gerusalemme, Tel Aviv, i kibbutz della Galilea e il deserto del Negev. Alcuni di loro sono diventati affermati professionisti, persone soprattutto impegnate per il bene della collettività, che hanno dedicato la loro vita per costruire centri medici, oppure si sono adoperati al popolamento del deserto del Negev con palme da dattero, migliorandone il clima e le caratteristiche del terreno.

E l’incontro alla Casa del Cinema per la presentazione di Diaspora, prodotto dagli stessi autori e distribuito dall’Istituto Luce, è l’occasione per cercare di andare a fondo di una questione che da anni riempie le pagine dei quotidiani, molto spesso accentuata da pregiudizi e propaganda.

In concomitanza con la nascita dello Stato d’Israele, la delibera Onu n.181 del 1947 auspicava la formazione due stati distinti e separati, uno ebraico e uno palestinese, cosa di cui gli stessi palestinesi lamentano giustamente la mancanza. Fu una delibera a cui la controparte araba, specialmente gli stati confinanti, si oppose:  il diffondersi di un ideale sionista e gli insediamenti dei coloni nella terra dei loro antenati si scontrarono con l’affermarsi del nazionalismo arabo e con la coscienza politica palestinese per dare il via ad un conflitto che ancora oggi non trova pace, purtroppo.

Il clima interno in Israele,oggi,  è quello di tensione che ricorda il tempo dell’uccisione di Rabin, primo ministro dello stato d’Israele, laburista e strenuo sostenitore di una politica di pace (nel 1993 riconobbe il ruolo dell’OLP in cambio del riconoscimento da parte dell’Organizzazione di Arafat del diritto di Israele di esistere), assassinato da un colono estremista ebreo nel 1995. Nell’ambito delle singole parti in guerra sono numerose le dinamiche e soprattutto le correnti che ne scaturiscono; apprendiamo dai racconti di Luigi e di Marina che sia negli Stati Uniti che in Israele c’è uno scontro molto forte tra gli ebrei ortodossi (di cui fa parte anche il genero di Donald Trump) e gli ebrei reformed, che poi sono il 70% degli ebrei che vivono negli Stati Uniti, e che vogliono la pacificazione di questa lunga e sanguinosa guerra.

La famiglia di Marina è reformed, i quali riconoscono l’omosessualità e il matrimonio tra persone dello stesso sesso: ne è un esempio la rabbina Ari-Levi, nipote di Marina e che vediamo nel documentario, recentemente convolata a nozze con la sua fidanzata Shoshana, in attesa del primo figlio, concepito attraverso un donatore.

Ari-Levi vive a Philadelphia ed è a capo di una comunità ricostruzionista, un gruppo intento a ritrovare lo spirito dell’universalismo ebraico dal punto di vista spirituale. I reformed non sono Torah e Talmud, i libri sacri della religione ebraica, ma vogliono aprirsi al rapporto con le altre religioni e lavorano per portare avanti l’inclusione. Dall’altro lato l’ortodossia, che non riguarda l’aspetto religioso, ma la stretta osservanza delle regole, preferisce una politica di esclusione, mantenendo sempre costante una tensione tra gli stessi ebrei e con i palestinesi.

L’oggettività del documentario Diaspora è stata riconosciuta anche dal vice ambasciatore istraeliano a Roma, e vuole essere non soltanto una ricostruzione dell’identità frantumata nella vita di Marina Piperno, ma anche la possibilità di far comprendere le innumerevoli sfumature di una questione di cui si sente parlare e si parla, ma senza conoscerne bene le radici storiche.

La narrazione del film, affidata alla voce di Marina è una cosa devastante per il mondo ebraico maschilista, ma è stata propizia anche come segnale di apertura della comunità ebraica di Roma. Formata da 25.000 persone, è ancora una comunità molto tradizionalista e legata al commercio. La prima proiezione di Diaspora era avvenuta grazie all’intervento dell’assessore Giorgia Calò, ebrea tradizionalista ma molto aperta e aveva visto la partecipazione di Noemi Di Segni, che era stata da poco nominata presidente dell’Unione delle comunità ebraiche in Italia; segnali che sembrano voler anticipare uno svecchiamento nella comunità ebraica romana.

Solida e storica coppia artistica, che vanta un percorso molto ricco di produzione, regia e montaggio nell’ambito di opere cinematografiche antropologiche e di ricerca, Marina Piperno e Luigi Faccini hanno girato  e preso appunti con qualsiasi mezzo possibile, ricorrendo anche alle nuovissime tecnologie, come telefonini e camera stylo. “Non ho fatto scuole di cinema, quindi nasco liberato, da spettatore di cinema” commenta Luigi Faccini la sua regia, proseguendo “il cinema è un fatto amoroso, non parto mai da schemi precedenti, ma il mio è un approccio antropologico, da ricercatore. I generi non mi interessano, preferisco essere spontaneo. Se un genere mi piace lo scavalco attraverso un lavoro sperimentale”

E sperimentali sono state le opere che la coppia Piperno-Faccini ha realizzato, sia singolarmente che in collaborazione, scegliendo sempre la libertà di espressione come unico mezzo per quell’indagine antropologica che contraddistingue tutta la loro opera, capace di ricostruire attraverso le storie familiari, la Storia dei popoli e delle nazioni.

  • Anno: 2016
  • Durata: 240' (4x60')
  • Distribuzione: Istituto Luce
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Luigi Faccini