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Il western si tinge di horror con Sfida a White Buffalo e La taverna dei dannati

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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Scomparso nel 2002 all’età di ottantotto anni, con quasi cinquanta regie all’attivo il canadese Jack Lee Thompson si ritrovò diverse volte, nel corso della sua lunga carriera, a dirigere il mitico Charles Bronson, da Candidato all’obitorio (1976) a Soggetti proibiti (1989).

Una collaborazione da cui nacque anche Sfida a White Buffalo (1977), che, tratto da un romanzo scritto dallo sceneggiatore stesso Richard Sale, vede l’indimenticato giustiziere della notte del grande schermo nei panni del leggendario pistolero Wild Bill Hickok, uomo in declino, con l’animo spesso rivolto ad un passato angoscioso e ad un presente affetto da una malattia venerea atta a logorarne progressivamente le percezioni.

Un uomo oppresso da un senso di crescente smarrimento e che interpreta in qualità di presagio di morte un ricorrente incubo in cui un gigantesco bisonte bianco lo assale su una montagna interamente ricoperta di neve, nel cuore della notte invernale.

Gigantesco bisonte che, in realtà, scopre presto esistere e che troviamo impegnato ad attaccare un villaggio di pellerossa già nel corso dei primi minuti di visione, squarciando carni tramite le sue pericolosissime corna e suggerendo, di conseguenza, come la pellicola – immersa in una innevata scenografia che sembra uscita da Il grande silenzio (1968) di Sergio Corbucci – possa tranquillamente essere interpretata quale derivato in salsa western e su terraferma de Lo squalo (1975) di Steven Spielberg.

FrancescoLomuscio_Taxidrivers_Sfida a White Buffalo_ThompsonDel resto, man mano che fanno la loro entrata in scena anche Jack Warden e Will Sampson rispettivamente nei ruoli di Charlie Zane e Crazy Horse, come nell’appena citato capolavoro del filone eco-vengeance (costituito da film con animali assassini) è una vera e propria caccia al bestione a caratterizzare buona parte dell’insieme, basato in maniera principale sulla costruzione dei diversi personaggi e mirato a suggerire, in questo caso, che, forse, solo il superamento dei pregiudizi e l’unione fra diversi esseri umani può contrastare l’inarrestabile forza della natura.

Con una galleria fotografica nella sezione del disco riservata ai contenuti speciali, lo rende disponibile su supporto dvd la stessa Sinister Film (www.cgentetainment.it) che, da sempre attiva nella riscoperta di più o meno sepolti classici e cult d’intrattenimento, recupera dal dimenticatoio anche lo sconosciuto La taverna dei dannati (1975), concepito dall’australiano Terry Bourke, dal curriculum prevalentemente legato all’universo televisivo, e, in questo caso, fornito di trailer quale extra.

FrancescoLomuscio_Taxidrivers_La taverna dei dannati_Bourke

Un’altra atipica produzione che, proprio come il lungometraggio di Thompson, ma anche in maniera analoga al precedente In nome del padre, del figlio e della Colt (1971) di Mario Bianchi e il successivo La città maledetta (1988) di Richard Governor (pseudonimo di Richard McCarthy), mira a fondere l’ambientazione western con tematiche horror.

Infatti, la vicenda raccontata si svolge nel 1896 e, tra cavalcate ed immense vallate, uno sceriffo si trova ad investigare sulle misteriose morti degli ospiti di una locanda gestita da una coppia di coniugi anziani.

Quindi, la oltre ora e cinquanta totale prende il via con un duplice delitto, per poi tornare nei binari più classici del genere caro a Sergio Leone e John Ford e sfruttare un’atmosfera infarcita di pioggia quando necessario; in un crescendo segnato da cadaveri pronti ad aumentare, un assurdo letto-trappola che finisce per schiacciare chi vi si sdraia e una vecchia tragedia riguardante due bambini.

Per poi approdare alla tesa fase conclusiva di un’operazione che, curiosamente fornita di rivelazione finale che sembra per certi aspetti anticipare di circa quarant’anni quella del recente The boy (2016) di William Brent Bell, non può certo mancare nella collezione di tutti coloro che considerano autentici oggetti del desiderio tutti i lavori appartenenti alla Settima arte più oscura e meno celebrata.

Tanto più che, tanto per accentuare maggiormente il sapore di ozploitation (l’exploitation made in Australia), il regista non dimentica neppure di infarcire il tutto con fanciulle volenterosamente svestite ed un accenno di sesso saffico.

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