Il documentario di Ferne Pearlstein, presentato nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma, parte da un una domanda lasciata irrisolta: può l’Olocausto essere trattato nel genere della commedia? Con ironia, ovviamente, si ripercorrono alcune tappe che cercano di rispondere al quesito, lasciando allo spettatore la possibilità di crearsi una propria idea al riguardo.
Sinossi: Un documentario che nasce dalla premessa che l’Olocausto dovrebbe essere un argomento assolutamente proibito per la commedia. Ma è così? Persino le vittime dei campi di concentramento nazisti usavano l’umorismo per sopravvivere e resistere. Allora, dov’è il confine? Se rendiamo tabù l’Olocausto, quali saranno le implicazioni con altre controverse tematiche come l’11 settembre, l’AIDS, il razzismo, in una società che premia la libertà di parola?
Recensione: The Last Laugh porta sullo schermo una questione delicata. La commedia, la satira e il far divertire in generale da sempre toccano argomenti seri e importanti trasformandoli in simpatici sketch o battute. Il concetto di fondo non è quello di ridicolizzare l’argomento ma quello di riderci su. Nel caso dell’Olocausto si ride contro la morte, quella morte che si aggirava tra i campi di concentramento privando i prigionieri di qualsiasi cosa fosse umano. Come raccontano i sopravvissuti nei campi di sterminio nazista era proprio attraverso il riso e la comicità che esorcizzavano la loro condizione e riacquistavano, grazie al divertimento, quella dignità che gli era stata strappata insieme agli indumenti e agli effetti personali.
Ma rendere l’Olocausto un argomento da commedia è giusto oppure no? Per molto tempo e secondo alcuni la risposta a tale domanda è stata no, ridere della tragedia sembrava del tutto una mancanza di rispetto nei confronti delle vittime. Eppure come spiegano attori e comici nel documentario di The Last Laugh il tabù ultimamente viene rotto aprendo al riso temi importanti quali l’Olocausto, l’11 settembre e il razzismo.
The Last Laugh attraverso le testimonianze e la visione di alcuni spettacoli o film passa in rassegna le varie correnti di pensiero senza mai però calcare la mano su quale sia la via giusta da prendere. Il documentario è ben strutturato e tenuto insieme dalle varie voci che si susseguono l’un l’altra, equilibrata anche la presenza di scene di film, meno e più recenti, che ben sorreggono l’intero discorso. Il lavoro di Ferne Pearlstein è curato e intelligente nel portare avanti un discorso tanto complicato. Ci sono tanti modi per ricordare e per far diventare un tabù un argomento di rapida diffusione. In The Last Laugh viene presentato anche il film italiano La vita è bella considerato da Mel Brooks uno dei film più ridicoli della storia. Roberto Benigni riuscì a trattare l’Olocausto come un gioco visto con gli occhi di un bambino, permettendo all’ironia di portare sullo schermo una tematica ancora poco vicina alla commedia. Ridere per esorcizzare la morte, questo ci sembra davvero un buon modo per sconfiggere i tabù e dar voce al ricordo.
Alessandra Balla