Le Sette opere di misericordia realizzate da Caravaggio su commissione della congregazione del Pio Monte, opera per la quale il celebre pittore fu criticato, in relazione alla tendenza di ambientare temi sacri in un contesto popolare e, secondo alcuni, improprio, vengono evocate dai due artisti Gianluca e Massimiliano De Serio che con ‘ironia drammaturgica’ le inseriscono in sovrimpressione nel corso del loro primo lungometraggio, in cui, attraverso una narrazione ellittica, con dialoghi ridotti all’osso, affrontano la questione della relazione, nel tentativo di restituire il processo di trasformazione di uno spazio etico che viene riformato grazie a una trasfigurazione.
I due protagonisti, Luminita (Olimpia Melinte) e Antonio (Roberto Herlitzka), sono dei reietti che brancolano in un’oscurità impenetrabile, laddove l’una delinque per poter sopravvivere, e l’altro, afflitto da una grave malattia, continua imperterrito i propri loschi traffici, al margine di un tessuto urbano periferico ed escludente. Le azioni criminose commesse in rapida successione da Olimpia, al di là della civetteria umoristica, costituiscono, come nel caso del bel film di Ferrara, Il cattivo tenente, una radicalizzazione della preghiera, laddove la giovane ragazza non chiede altro di essere accolta all’interno di un rapporto che la liberi e la riconsegni a quella purezza che da tempo ha smarrito. I suoi piani, cinicamente architettati, decadono precipitosamente di fronte all’eccedenza di un incontro che scompagina in profondità la topologia dei rapporti, e la carnefice si trasforma in colei che si prenda cura dell’uomo che aveva scelto per portare a termine un disegno criminale.
Antonio, col suo buco alla gola, è sprofondato in un’afasia che, neutralizzando il linguaggio, permette di far spazio all’infinità e alla globalità di un Evento (l’incontro), a partire da cui i due protagonisti divengono i fieri strumenti di una ricerca muta, ma serrata. Il corpo osceno di Antonio viene impietosamente mostrato mentre riceve le amorevoli cure di Luminita, il contatto tra i due avviene all’insegna di un sacro pudore, che prepara il momento per la riformulazione etica, una trasfigurazione che riequilibra drammaticamente, ma doverosamente, l’economia dei fatti, giacché il neonato rapito dalla donna moldava viene infine restituito proprio da quest’ultima ai genitori, e la dura punizione subita le fornisce finalmente la possibilità di espiare. Anche Antonio, privandosi della cospicua somma di denaro, illecitamente guadagnata, paga il giusto prezzo per una riabilitazione che, seppur tardivamente, arriva. Sebbene sembri alludervi, il film dei De Serio non ha alcun attinenza con una morale cattolica all’insegna della quale trovare appigli, bensì, assai laicamente, si segnala come sia ancora possibile, al di là di qualsiasi retorica, approdare a una nuova realtà, mondata dalla miserie della Storia, in un flusso temporale che rilascia tutta quell’emotività fatalmente trattenuta e che non chiedeva altro di trovare uno spazio per esprimersi.
Dunque, al netto dei vari strati di lettura della sceneggiatura, Sette opere di misericordia costituisce un lampo di luce nel piattume visivo di tanto cinema contemporaneo, laddove l’iconografia sapientemente attivata rielabora le forme e, quindi, i contenuti, trasportando lo spettatore in uno spazio franco, vergine, come quel bianco che alla fine invade lo schermo, segnalandoci, in un bagno di luce, che la mutazione del simbolico è pienamente avvenuta. Antonio e Luminita non saranno più gli stessi, e noi che guardiamo siamo fortemente convocati a ripensare le coordinate del nostro muoverci nell’acquario della contemporaneità. Sarebbe un errore assumere un atteggiamento di superiorità (etica) nei confronti dei protagonisti, si perderebbe la possibilità di innescare, come loro, quel movimento di torsione che riposiziona la prospettiva della visione.
Pubblicato da Istituto Luce – Cinecittà e pubblicato da CG Entertainment, Sette opere di Misericordia è disponibile in dvd, in formato 2.35:1, con audio in italiano (DD 2.0) con sottotitoli per non udenti.
Luca Biscontini
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