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Ricordando Gregory Peck a cent’anni dalla sua nascita

Nasceva il 5 Aprile di cento anni fa Gregory Peck, indimenticabile volto simbolo dell’età dell’oro di una Hollywood che non c’è più. Sguardo severo, sopracciglia aggrottate e labbra sottili, è stato per il grande schermo attore tutt’altro che monocorde, capace di interpretazioni dalle mille sfumature sempre sorprendenti.

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Nasceva il 5 Aprile di cento anni fa Gregory Peck, indimenticabile volto simbolo dell’età dell’oro di una Hollywood che non c’è più. Sguardo severo, sopracciglia aggrottate e labbra sottili, è stato per il grande schermo attore tutt’altro che monocorde, capace di interpretazioni dalle mille sfumature sempre sorprendenti.
Bello e talentuoso, dopo alcuni anni di attività teatrale Peck debutta sul grande schermo in Tamara, figlia della steppa nel 1944, e nello stesso anno conquista già la sua prima nomination all’Oscar per il ruolo di Franco, giovane e ribelle missionario de Le chiavi del paradiso di John M. Stahl.
A 29 anni arriva la vera svolta della sua carriera e la consacrazione a divo grazie all’incontro con Alfred Hitchcock, che gli affida un tormentato e misterioso ruolo nel giallo psicologico Io ti salverò (1945), al fianco di Ingrid Bergman.
Nel ’46 e nel ’47 riceve ancora nomination agli Oscar e nel ’49 recita per la prima volta con la divina Ava Gardner ne Il grande peccatore: siamo negli anni in cui la sua popolarità giunge all’apice, gli anni ’50, che lo portano prima ad affiancare ancora la Gardner in Le nevi del Chilimangiaro e poi ad interpretare magistralmente l’indimenticabile giornalista americano Joe Bradley, cicerone per caso di una giovane principessa in fuga dai suoi doveri istituzionali. Ed è proprio della pellicola cui più iconicamente e memorabilmente la città eterna ha fatto da cornice che stiamo parlando, Vacanze Romane. L’immagine di Peck che, terrorizzato, si lascia portare in Vespa per le strade di Roma da una sorridente e divertita Audrey Hepburn è forse il più popolare ricordo dell’attore conservato nella memoria collettiva.
Piccola parentesi, proprio sul set di questa favola romantica Gregory Peck ha trovato il vero amore, la giornalista francese Véronique Passani, conosciuta nel corso di un’intervista: la sposerà al ritorno a casa, e i due non si separeranno fino alla morte di lui, nel 2003. Un’unione felice al contrario del precedente matrimonio di Peck, sofferente, tormentato e scandito da insicurezze proprio come la vita privata dell’attore, di cui il suicidio del figlio Jon nel ’75 è stato tragico simbolo.

A dispetto di tutto ciò, dal punto di vista professionale non si ricordano di lui se non felici collaborazioni e titoli importanti, da Moby Dick di John Huston (1956), in cui interpreta l’infaticabile capitano Achab, a La donna del destino di Vincente Minnelli (1957), a Adorabile infedele (1959), in cui veste i panni dello scrittore F. S. Fitzgerald. E molti altri ancora. Ma è solo nel ’62 che arriva il riconoscimento più importante, l’Oscar come Miglior Attore Protagonista per il ruolo dell’avvocato dei diritti Atticus Finch ne Il buio oltre la siepe. È solo uno dei personaggi idealisti e di elevata statura morale cui Peck ha prestato il volto durante la sua carriera: vero e legittimo rivale di mostri sacri come Cary Grant e Gary Cooper, professionista brillante anche di generi più popolari come il western (si pensi che imparò a cavalcare e sparare per non dover ricorrere alle controfigure), Gregory Peck ha sempre cercato di portare sullo schermo ideali nobili, di trasmettere integrità e sobrietà, di fare cinema allo scopo di “intrattenere facendo pensare” – come ha lui stesso dichiarato. Non ha mai fatto mistero dei suoi sentimenti antimilitaristi, ed è diventato un silenzioso portavoce dei progressisti in un’America che andava a caccia di facili accuse di comunismo. Non a caso, nel 1970 i democratici proposero proprio a lui di contrastare la rielezione di Ronald Reagan a governatore della California. Proposta declinata da Peck, che ha scelto di continuare a far parte – quasi fino alla fine dei suoi giorni – di quella macchina di sogni che aveva amato fin da bambino, il cinema. Con nostra immensa gratitudine.

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