Cannes 68: Mountains May Depart di Jia Zhang-ke (Concorso)
Mountains May Depart può sembrare stonato o vagamente bizzarro se lo si scompone in piccole parti, vicende e dialoghi, e assume vigore e potenza quando invece lo si osserva da lontano e nella sua totalità. Jia Zhang-ke è un autore senza paura di osare e il risultato è un originalissimo e meraviglioso canto postmoderno e nostalgico a una felicità difficile da godere
L’esplorazione della Cina che cambia è il tema costante nei lavori di Jia Zhang-ke. Il viaggio bagnato di sangue attraverso le quattro regioni cinesi de Il tocco del peccato – vincitore del premio alla sceneggiatura a Cannes 2013 – offriva allo spettatore una panoramica desolante di un Paese in evoluzione e contraddittorio. In Mountains May Depart lo sguardo pronto a rappresentare una geografia socio-economica sempre più alienante (de Il tocco del peccato o del docu-dramma Still Life) assume i toni intimi di un melodramma che nelle mani di Jia Zhang-ke diventa pura innovazione.
Il film si apre con un balletto diretto dalla giovane insegnante Tao (Zhao Tao, moglie e musa del regista) sulla cover dei Village People “Go West”. Siamo a Fenyang, una provincia a nord del Paese, corre l’anno 1999, si festeggia il capodanno in pieno stile cinese e in un formato “vintage” 1.33:1 Jia Zhang-ke ci presenta il triangolo amoroso tra Tao, il suo amico d’infanzia Liangzi (Liang Jin Dong), che lavora nella miniera di carbone e Jinsheng (Zhang Yi), proprietario della miniera. La corte dei due ragazzi – del proletario e del ricco proprietario – si svolge nella reticenza di Tao a voler vedere nell’affetto dei suoi amici l’amore. Alla fine Tao è costretta a fare la sua scelta e, senza troppe parole, sulla pista da ballo di un club si avvicina al suo futuro compagno. In questo passo Jia Zhang-ke non favorisce la classe proletaria. Quando Tao invita Liangzi alle imminenti nozze, trova il vecchio amico in partenza. Con questa immagine di distacco e di esilio auto-imposto si chiude il primo quadro, e con esso la vita spensierata di Tao.
La seconda parte del film si apre con i titoli di testa – operazione alquanto insolita – e un cambio di formato, Jia Zhang-ke è passato adesso all’aspect ratio 1.85:1. Siamo nel 2014 e Liangzi torna a casa con moglie e figlio per morire nella sua terra natale. Nel frattempo Tao ha avuto un figlio, Dollar, che è andato a vivere a Shanghai con il padre, ed ha divorziato da Jinsheng, il quale si fa chiamare Peter e sta progettando il trasloco in Australia. Il 2014 è il tempo del presente e della malinconia, è il tempo in cui le scelte sbagliate prese quindici anni prima hanno portato Tao a rinchiudersi in una tenera solitudine. La Cina, sullo sfondo ma solo apparentemente, sta cambiando, l’economia si sposta e cresce influenzando le decisioni personali di imprenditori, lavoratori, mogli, padri… Il 2014 è, inoltre, l’anno in cui madre e figlio si incontrano per l’ultima volta per la morte del padre/nonno, prima dell’ultima condivisione di tenerezze vissuta nel lungo, silenzioso e carico di affetto viaggio in treno.
La terza parte è ambientata in un 2015 che di avveniristico ha ben poco, si apre al formato 2.39:1 ed è ambientata in Australia. Dollar è cresciuto, ha dimenticato la sua lingua, della madre ricorda a stento il nome e con il padre comunica attraverso Google Translate. In questo capitolo girato nel futuro il confronto con il passato si fa urgente, il rimosso non può più rimanere inascoltato e pertanto Dollar affronta il ricordo della madre e parla con il padre grazie all’aiuto della sua insegnante di cinese. La donna, alla quale si legherà in maniera romantica, è l’incarnazione del bisogno latente di amore materno che da adesso in poi Dollar cercherà di non negarsi. Alla fine il cerchio si chiude con un ritorno all’est, dove tutto ha avuto inizio, nella provincia di Fenyang e sulle stesse note di “Go West”, le quali adesso suonano in controtendenza rispetto al luogo dove tendono i nostri.
Mountains May Depart può sembrare stonato o vagamente bizzarro se lo si scompone in piccole parti, vicende e dialoghi, e assume vigore e potenza quando invece lo si osserva da lontano e nella sua totalità. Jia Zhang-ke è un autore senza paura di osare e il risultato è un originalissimo e meraviglioso canto postmoderno e nostalgico a una felicità difficile da godere.
Francesca Vantaggiato
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