“Andiamo subito al punto: “Hanging Shadows” è veramente un gran bel documentario. Nulla da dire. Girato bene, grande professionalità, belle immagini. Paolo Fazzini ci ha davvero consegnato un prodotto di eccellente fattura. Ha dato anche il definitivo colpo di grazia alle nostre illusioni sul destino di un certo cinema italiano. L’argomento è quanto mai spinoso.”
Andiamo subito al punto: “Hanging Shadows” è veramente un gran bel documentario. Nulla da dire. Girato bene, grande professionalità, belle immagini. Paolo Fazzini ci ha davvero consegnato un prodotto di eccellente fattura. Ha dato anche il definitivo colpo di grazia alle nostre illusioni sul destino di un certo cinema italiano. L’argomento è quanto mai spinoso. Un percorso anche doloroso che ci mostra come quelli che una volta ci si poteva permettere di chiamare “artigiani” di nicchia, vengano messi in condizioni di non poter più girare. Ma il vero problema non è il perché. Il regista prova quasi un gusto macabro nel mostrarcelo. Da Argento a Bava, da Deodato a Soavi, passando per le maestranze di lusso come Stivaletti e Tentori, negli occhi di tutti gli intervistati si nota la mestizia di un mondo che non c’è più. Per la mancanza di produttori, per la voracità della madre di tutti i mostri che è la televisione, forse.
Fa male vedere lo sguardo rassegnato di un Bava che sentenzia che non ci sono più produttori capaci di rischiare, poiché le produzioni preferiscono investire ne “I grandi fratelli”. Le idee e la fantasia sembrano essere morte definitivamente. Ancora più grave è il pensare che anche grandi autori d’oltreoceano come Carpenter o Hill sono da diversi anni relegati nel silenzio. Ecco il vero orrore girato da Fazzini. Ecco il vero spavento. Non so se ringraziarlo, ma almeno ha scoperchiato il vaso di Pandora.