Dopo il successo di Man vs Bee del 2022, Rowan Atkinson veste di nuovo i panni di Trevor Bingley, un uomo sfortunato, perennemente alle prese con gli inconvenienti – spesso assurdi – che la vita gli pone davanti. In questa nuova serie tragicomica, il protagonista, però, non dovrà tener testa a un insetto dispettoso, bensì a un – apparente – innocente bebè, che gli causerà non pochi inconvenienti, inversamente proporzionali alle sue dimensioni.
Dopo aver ottenuto un lavoro in un lussuoso appartamento londinese, Bingley sarà vittima di un corollario di disavventure causate proprio dal piccolo “intruso”, che metteranno seriamente in difficoltà il “neo papà”, tra pericoli domestici e piccole battaglie che vedranno sempre un solo microscopico vincitore.
L’uomo vs il mondo
Trevor Bingley è un uomo onesto, dimesso. Ama sua figlia e vive con silenziosa umiltà il proprio posto nel mondo. Una condizione che, sempre più spesso, non riceve ricompensa, anzi. Apre la porta a chi declina il suo invito per frequentare le stanze dell’opportunismo.
Già dalle prime scene si tocca la sua solitudine. Il sorriso amaro verso gli addobbi natalizi della festa che arriva, il regalo che sua figlia non aprirà, la scuola che lo guarda solo al bisogno, senza ascoltare il suo malinconico silenzio.
Nonostante la tenera attesa di vedere il volto della propria figlia che si illumina con le flebili luci del suo modesto albero di Natale, la sua ex moglie gli comunica che trascorreranno il Natale alla residenza del suo nuovo facoltoso compagno. Altri giorni, fatti di distanza, con il suo sentirsi padre mancato. Il suo animo però non collassa. Continua la sua fragile lotta disarmata e disarmante, nella speranza che l’amore incondizionato possa essere il suo regalo di Natale.
Un copione per le feste
Le ricette cinematografiche natalizie hanno, per di più, sempre gli stessi ingredienti. Un uomo solo, un intralcio inaspettato, un contrappasso strappalacrime. Le dinamiche sono prevedibili e i personaggi svolgono un ruolo da copione. Però in Man vs Baby, Atkinson, con la sua tragicomica ostinazione, aggiunge il tocco dello chef. Nessun lamento. Poche parole, alla stregua del vecchio caro Mr. Bean.
Le spalle che si piegano di fronte a una nuova delusione, la speranza che si spegne nei suoi occhi, il sorriso paterno rivolto a un esserino dalla pelle odor di latte, colpiscono come un pugnale che trafigge la compassione.
Una sceneggiatura “infante”
Man vs Baby, co-scritto da Atkinson e William Davies, sotto la regia di David Kerr, riporta l’essenziale nostalgia del Natale dei vecchi tempi.
La chiave che mette in moto la macchina degli eventi è in mano a un bambino. Anche lui non parla. Anche lui è figlio dell’abbandono. Ma lui possiede una forza più consistente degli adulti. Sarà l’unica figura che non abbandonerà Trevor. Un esserino che sarà in grado di redarguire il circolo cinico che ruota intorno all’uomo escluso dal girone dei distratti vs la vita.
Sebbene le premesse e la scrittura dei personaggi non lascino tanto spazio all’inaspettato, chi ama la malinconica sobrietà di una narrativa strappalacrime, può godere della sua profonda leggerezza.
Il silenzio di Atkinson dice la sua
La trama incalza a ogni episodio, anche se i dialoghi non si esentano dalle svenevoli celebrazioni natalizie. Ma l’interpretazione silenziosa e – a tratti – commovente di Atkinson spinge lo sguardo in profondità, abbandonando la tentazione verso la superficialità. Riesce ad aggravare la leggerezza di una tipica commedia familiare con qualcosa che brucia lo spirito, e non solo quello delle feste.
È uno stimolo verso il senso di colpa. Di quando, con superficialità, si ignora la gentilezza. Di quando la si scambia per debolezza.
L’amara dolcezza
Man vs Baby non stravolgerà il cinema da canto di Natale. Non è il suo scopo. Con umiltà si fa largo tra produzioni milionarie mordi e fuggi, per offrire qualcosa di necessario ma sempre più raro da trovare. Una dolcezza non stucchevole, una parodia che cela sofferenza.
È un ritorno al vecchio stile, dove torna in voga la tenerezza, ricordando quanto la sua scomparsa sia disarmante. È la prova che a volte anche le storie più semplici possono funzionare. Come lo sguardo di un bambino quando scarta il suo regalo di Natale.