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Short Film italiani

‘The Divine Way’: una discesa infinita

Una donna attraversa innumerevoli scale in un loop frenetico, inquieto, liberatorio

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Una donna attraversa oltre cinquanta luoghi, percorrendoli esclusivamente tramite scale interne ed esterne: è questo il dispositivo visivo che struttura The Divine Way, corto di Ilaria Di Carlo costruito sulla ripetizione e non sulla narrazione. L’azione è semplice, quasi ascetica: scendere. Eppure la scelta delle location — inizialmente scaloni eleganti, ambienti monumentali dallo stile classico — introduce fin da subito un senso di grandiosità che viene progressivamente contraddetto dagli spazi successivi. La protagonista accelera il passo seguendo l’accompagnamento musicale, trasformando la sua discesa in un movimento meccanico, a tratti inquieto.

Le scale

Ogni scala è diversa da quella precedente e successiva. Dalla sicurezza degli interni alla pericolosità degli esterni, ciascuna impone un ritmo diverso, come se lo spazio stesso dettasse le emozioni: stupore, smarrimento, tensione. La varietà dei materiali — marmo, cemento, legno, metallo — arricchiscono la pista sonora e modulano il passo quindi la tensione emotiva. Le superfici cambiano, si restringono, si moltiplicano, trasformando il percorso in un labirinto mentale in cui la ripetizione non rassicura, ma erode lentamente ogni certezza. Lo spettatore vive un senso di vertigine crescente attraverso interni moderni e anonimi, poi scale metalliche esterne, quindi ambienti dai colori saturi e luci psichedeliche. Questa varietà visiva produce un effetto ipnotico, un viaggio percettivo.

Ci si chiede continuamente dove stia andando la protagonista: la risposta sembra essere, forse, proprio da nessuna parte. Non c’è una destinazione chiara, né un traguardo visibile; ciò che conta è il percorso stesso, la ripetizione del gesto, la progressione passo dopo passo.

Inferno personale

Nel procedere del corto, il riferimento alla Divina Commedia è ancor più evidente: prima dell’alto è necessario attraversare il basso. Una piccola scala che poggia sull’acqua sembra evocare il finale di The Truman Show, quando il protagonista urta contro i i limiti del mondo costruito attorno a lui. Qui la protagonista sembra invece avvicinarsi ai limiti del proprio percorso interiore. Dopo una lunga serie di discese, finalmente risale gradinate marmoree e poi metalliche, fino a ritrovarsi su una grande piramide sospesa nel cielo. La successiva e ultima discesa nella nebbia, che inghiotte anche la struttura stessa, funziona come un approdo ambiguo: non un trionfo, non una rivelazione, ma un dissolvimento che suggerisce come ogni “paradiso” possibile passi inevitabilmente attraverso la comprensione — o almeno l’attraversamento — del proprio inferno personale.

Man mano che la protagonista prosegue, il confine tra spazio fisico e spazio psicologico si assottiglia: la discesa negli ambienti più oscuri ricorda una progressiva immersione nelle parti rimosse di sé. La successiva risalita non appare come un’ascesa redentiva, ma come un fragile tentativo di emergere dal proprio caos interiore. La nebbia finale, che avvolge tutto, sembra suggerire che nessun viaggio simbolico si chiude davvero, ma lascia sempre una zona irrisolta da attraversare. La liberazione non è un arrivo ma una condizione fragile e sempre provvisoria.

The Divine Way

  • Anno: 2018
  • Durata: 15’
  • Distribuzione: Ilaria Di Carlo - L.H.O.O.Q. Films
  • Genere: Corto Sperimentale
  • Nazionalita: Germania
  • Regia: Ilaria Di Carlo