La nuova serie diretta da Lee Jung-hyo, e scritta da Kwon Jong‑kwan, offre una storia di sospetti, alleanze impossibili e verità distorte, in cui ogni scelta può trasformarsi in condanna.
Quando l’innocenza è un’ombra
Colpevole parte da una premessa drammatica e intensa: la protagonista, Ahn Yoon‑soo (Jeon Do‑yeon), vede la sua vita completamente distrutta dopo che suo marito viene ucciso ed è lei, da subito, la principale sospettata.
Da qui, si dipana un thriller giudiziario-psicologico. Tutto si complica quando arriva Mo‑eun (Kim Go‑eun), una donna enigmatica, carismatica e pericolosa — soprannominata “la strega” nel carcere femminile — che propone a Yoon-soo un patto paradossale: confessare al posto suo in cambio di un omicidio.
L’ambientazione è quella tipica dei k-drama noir/mystery: accuse, sospetti, inganni, segreti. Ma ciò che dà forza alla serie è il passaggio dal “giallo” alla riflessione su innocenza, colpa, giustizia e su quanto le apparenze possano tradire. Il contesto è ideale per creare tensione emotiva e morale, e il racconto sembra sfruttarlo al massimo.
I volti del dubbio
Il cast promette intensità, tensione psicologica, conflitti morali. Un giusto mix tra vulnerabilità, ambiguità e cambiamento.
Ahn Yoon-soo (Jeon Do-yeon) è la protagonista, segnata dal trauma e dalla sospensione della propria vita attorno a un’accusa gravissima. Il suo percorso narrativo è quello di una donna che lotta contro un sistema (e contro sé stessa), con la fragilità umana e la disperazione che rischiano di renderla vulnerabile. Jeon Do-yeon è un’attrice di spessore: perfetta per incarnare il tormento interiore, il dubbio, la disperazione.
Mo-eun (Kim Go-eun) è una figura ambivalente, carismatica e pericolosa. Può esprimere emancipazione, redenzione, oppure tradimento; proprio questa incertezza la rende un personaggio magnetico. La sua presenza confonde le acque, costringe lo spettatore a dubitare, a interrogarsi su chi sia davvero colpevole e chi innocente.
Sul filo della regia
Sia Lee Jung‑hyo che Kwon Jong‑kwan fanno ben sperare nel contesto dei k-drama recenti. Già dal trailer emerge un tono cupo, carico di tensione. La serie punta sull’atmosfera, sui silenzi : non è solo un “giallo da risolvere”, ma un dramma che demolisce le certezze, che usa il dubbio come arma narrativa.
Il fatto che la storia ruoti attorno a false accuse, manipolazioni, sospetti e conflitti morali apre la strada a intrecci narrativi ricchi di colpi di scena e rivelazioni. La regia sembra voler accompagnare lo spettatore in questo gioco di specchi e ombre.
Inoltre, la struttura (dieci episodi di circa sessanta minuti) dà spazio a sviluppi graduali: la tensione può crescere per gradi, le relazioni tra personaggi possono complicarsi, i segreti svelarsi a poco a poco. Questo ritmo rende la visione coinvolgente, ideale per un binge-watch.
Vale la pena vederla?
Colpevole arriva in un’epoca in cui il pubblico è sempre più affamato di thriller psicologici e storie che mescolano dramma, inganno e ambiguità morale, e si rivela un progetto promettente per chi ama narrazioni dense di tensione, mistero e continue sfide alla verità e alla giustizia.