Esce nelle sale italiane, distribuito da Teodora Film, I colori del tempo di Cédric Klapisch (Parigi, Ritorno in Borgogna, La vita è una danza), presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes.
I colori del tempo. Un vecchio rudere e un gruppo di persone che si scopre essere una famiglia
Un vecchio rudere nelle campagne normanne, persone sconosciute le une alle altre che scoprono di avere dei legami di parentela tra di loro, per via di Adèle Meunier, la proprietaria di quella vecchia casa, morta ormai da tempo. Una decisione da prendere in quanto eredi: cosa fare di quell’edificio abbandonato da ottant’anni e semidivorato dalla boscaglia cresciuta spontanea?
Una casa che conserva ancora oggetti di un lontano passato, quando Adèle (Suzanne Lindon, figlia d’arte) era giovane, sul finire dell’Ottocento. Antiche foto, vecchie lettere, una tela che sembrerebbe essere stata dipinta da qualche pittore impressionista.
La decisione da prendere per il folto gruppo di cugini non è semplice. Allo scopo di farsi portavoce della famiglia presso il consiglio comunale che vorrebbe acquistare il terreno per costruire un eco-parcheggio, nonché a condurre ricerche circa l’autenticità del quadro, vengono incaricati quattro di loro: Seb (Abraham Wapler), Guy (Vincent Macaigne), Cèline (Julia Piaton) e Abdel (Zinedine Soualem), quattro persone che non si erano mai conosciute prima di allora e che, grazie ad Adèle, instaureranno un legame che diventerà, via via, sempre più forte.

Un film che alterna sequenze al presente e flashback ambientati nella Francia fin de siècle
I colori del tempo si snoda in un continuo alternarsi fra sequenze ambientate nel nostro presente e flashback che ci proiettano nella Parigi fin de siècle, città in cui la giovane Adèle si reca alla ricerca della madre che l’aveva abbandonata poco dopo la nascita. La ragazza ha, così, l’opportunità di immergersi nella stimolante realtà fatta di artisti più o meno famosi, letterati, caffè rumorosi, bordelli, stanze in affitto e sensazionali invenzioni che avrebbero trasformato definitivamente quel mondo, come l’elettricità (la meraviglia dell’Opéra illuminata che si svela agli occhi di Adèle e dei suoi amici) e il cinematografo (non per nulla l’anno in cui si svolgono i fatti del passato è il 1895, quello della sensazionale invenzione dei fratelli Lumière).
Così, fra scritti, vecchie fotografie e varie, appassionate ricerche, i quattro cugini riusciranno a ricostruire la vita di Adèle, soprattutto il suo periodo parigino che la vede fare conoscenza con artisti quali il grande fotografo Felix Nadar e Claude Monet, che tanto avrebbe influenzato la sua vita futura.
Ma, soprattutto, Seb, Cèline, Abdel e Guy riusciranno a comprendere se stessi guardando nel proprio passato, riallacciando i fili di una memoria che sembrava sepolta, sommersa dal fluire inesorabile del tempo.
Un film che, al di là di alcuni, perdonabili cliché, si rivela arioso e leggero come un dipinto di Monet. Una commedia che, nella sua semplicità ci comunica una verità conosciuta ma, purtroppo, spesso dimenticata, Cioè che bisogna ricercare e conoscere le proprie radici per poter sperare di comprendere e vivere adeguatamente il proprio presente.
Gli articoli di Marcello Perucca