Gym di Srđan Vuletić, in concorso all’Euro Balkan Film Festival 2025, è un film semplice che sfrutta il piccolo spazio di una ditta di catering in crisi per dipingere la violenza e arroganza verso i più deboli e la loro normalizzazione nella quotidianità.
La storia segue il protagonista Riki che lavora in un’azienda di catering in difficoltà insieme ad Ado, fidanzato di sua sorella e futuro cognato. Quando Ado teme un imminente licenziamento incolpa del declino dell’azienda Melisa, ex fidanzata ed ex collega del capo, e la minaccia. Nonostante il dissenso dei colleghi, Ado escogita un piano per rapirla e costringerla a tornare in azienda.
Riki si trova così a mettere in dubbio gli avvenimenti e la sua lealtà verso il cognato. Nel film Vuletić però non vuole essere propagandistico, piuttosto vuole costringere lo spettatore a interrogare se stesso. Il dilemma morale presentato è semplice: ignorare le problematiche che ci circondano e aspettare che qualcun altro agisca, o agire noi per primi.
Realismo essenziale e marginalità femminile
Gym mescola diversi toni nel corso della narrazione. Cercando comunque di mantenere la sua semplicità, il film si caratterizza anche per un umorismo tipico del luogo con elementi di realismo. Anche la fotografia rimane umile ed essenziale e traina, di fatto la narrazione degli eventi. Questa scelta minimalista si adatta perfettamente a una storia a cerchio, dove ogni scelta dei personaggi conta per farceli approfondire, dando uno spessore quasi documentaristico. All’inizio del film certe volte il simbolismo prende il sopravvento, ma nel corso del film riesce a trovare la sua giusta collocazione visiva.
Le figure femminili presenti riescono a far emergere le contraddizioni sociali del contesto presentato dal film. Melisa, per esempio, viene vista come traditrice per aver seguito la sua indipendenza professionale; o ancora, la ragazza in palestra ossessionata dal mondo social fa emergere l’apparenza come ingabbiamento. Nell’ecosistema creato dal film l’indipendenza femminile viene punita oltre che scoraggiata, mettendo le donne in una posizione sociale segnata da precarietà economica e deriva morale.
Nel film, tutto sarebbe stato evitato se qualcuno avesse agito prima, anche semplicemente allontanando Ado. In questo modo Vuletić rende anche gli spettatori complici e poi vittime degli avvenimenti. Il regista non crea un vero e proprio lieto fine: Gym costringe a riflettere sulle conseguenze del non prendere una posizione ogni giorno, anche a costo di una pericolosa esposizione. Vuletić crea così un film semplice all’apparenza ma corrosivo nella sostanza.