Molto più divertente dell’hollywoodiano “Kate and Leopold” (2001) e di tanti altri film occidentali costruiti sul meccanismo della macchina del tempo, l’improbabile quanto geniale wormhole che passa attraverso gli scarichi delle piscine innesca anche una riflessione sull’opportunità di confrontare mentalità e modus vivendi apparentemente lontani senza aver paura della diversità.
Presentatoin anteprima mondiale al Far East Film Festival di qualche anno fa, Thermae Romae è uno spassosissimo peplum movie che gioca con arguzia su un’usanza diffusa sia nell’antica Roma che nel Giappone contemporaneo. Del resto, Banana Yoshimoto ci racconta da tempo che i suoi connazionali amano godersi spesso e volentieri un momento di relax, magari a fine giornata, immergendosi in grandi vasche d’acqua collettive. Nel film, questa affinità con i bagni romani diventa il pretesto per far viaggiare nel tempo e nello spazio l’architetto Lucius (interpretato dal divo nipponico Abe Hiroshi, per l’occasione squisitamente svestito), alla ricerca di ispirazione per i progetti idraulici commissionatigli dall’imperatore Adriano.
Molto più divertente dell’hollywoodiano Kate and Leopold (2001) e di tanti altri film occidentali costruiti sul meccanismo della macchina del tempo, l’improbabile quanto geniale wormhole che passa attraverso gli scarichi delle piscine innesca anche una riflessione sull’opportunità di confrontare mentalità e modus vivendi apparentemente lontani senza aver paura della diversità. Sebbene il continuo andirivieni del protagonista fra un mondo e l’altro possa risultare ripetitivo a chi è abituato a frequentare festival di cinema impegnato, in una commedia popolare come questa la risata scatta anche per la reiterazione del leit motiv.
Sottolineate dalle arie di Verdi (Aida) e di Puccini(Madama Butterfly) che conferiscono ironicamente importanza epica, le avventure di Lucius strappano per due volte l’applauso del pubblico in corso di proiezione: la prima volta il bruno e muscoloso protagonista è seduto su un water giapponese talmente confortevole da fargli sognare di essere in mezzo a un prato di tulipani e la seconda volta vengono pronunciate la mitiche parole “tutte le strade portano a Roma”, senza dubbio veritiere per quanto riguarda la carriera di Hideki Takeuchi, che per girare questo suo lavoro tratto dal manga della fumettista Mari Yamazaki ha scelto Cinecittà e ha impiegato numerose comparse romane.
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