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Film festival Diritti Umani Lugano

‘Promis le ciel’, uno sguardo al femminile sulla migrazione interna africana

Il lungometraggio diretto da Erige Sehiri, in concorso al Film Festival Diritti Umani Lugano 2025

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L’ottimo esordio nel lungometraggio fiction con Il frutto della tarda estate (2021) – riflessione su modernità, rapporti intergenerazionali ed emancipazione femminile narrata attraverso i sentimenti e le aspirazioni di un gruppo di ragazze e ragazzi tunisini – aveva posto la regista Erige Sehiri così tanto all’attenzione di pubblico e critica mondiali, da portare la sua opera prima, presentata in première assoluta alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2022, a essere selezionata come rappresentante della Tunisia agli Oscar 2023 nella categoria dedicata al Miglior Film Internazionale, e a ottenere una lunga serie di riconoscimenti in patria e all’estero.

Promis le ciel, nel cuore della migrazione interna dell’Africa

Tutto questo, inevitabilmente, ha innalzato le aspettative per la seconda pellicola fiction dell’autrice franco-tunisina che, nel 2025, è tornata nelle sale con Promis le ciel, delicato, intimo e toccante racconto corale che, attraverso un punto di vista tutto al femminile, tratta l’argomento della migrazione interna africana, vale a dire quel fenomeno legato allo spostamento di uomini e donne esclusivamente interno ai territori dell’Africa, che – sebbene sia poco conosciuto dalle nostre parti – rappresenta la fetta più cospicua del movimento delle persone lì nate.

Un tema di grande interesse, questo, spesso connesso ad atti di discriminazione, che Sehiri affronta non già ricorrendo ai toni della denuncia, ma puntando forte sull’empatia delle sue protagoniste e sulla loro profonda umanità. Si tratta di una scelta senz’altro vincente che consente al pubblico in sala di sentirsi coinvolto nelle vicende che si susseguono e che contribuiscono a dar forma a un racconto del quotidiano davvero emozionante.

La trama di Promis le ciel

Il film – presentato in concorso al Film Festival Diritti Umani Lugano 2025 – vede al centro della storia Marie (Aïssa Maïga), Naney (Deborah Lobe Naney) e Jolie (Laetitia Ky), tre giovani donne provenienti dall’Africa subsahariana che vivono a Tunisi sotto lo stesso tetto. Marie è pastora di una chiesa clandestina che accoglie e aiuta i migranti, Naney si barcamena come può col traffico di alcol per i maquis, i bar abusivi della città, mentre Jolie studia ingegneria all’università. Con loro si trova la piccola Kenza (Estelle Dogbo), una bambina dalla provenienza sconosciuta, affidata a Marie dopo essere scampata a un naufragio.

Tutte loro formano una famiglia sui generis retta dal senso di solidarietà e dall’affetto. Ma l’ansia e il timore per il clima oppressivo legato alle politiche migratorie nei confronti dei migranti irregolari (delle quattro, è la sola Jolie a essere “regolare”) rischia di far emergere attriti ed egoismi in grado di sconvolgere un equilibrio già precario.

Un microcosmo al femminile composito e tenace

Camera a mano puntata sui primi piani, ritmo vivace ma non frenetico e, soprattutto, magistrale cesellatura dei personaggi. Sono questi gli ingredienti vincenti che Sehiri utilizza per imbastire un ottimo lungometraggio che affronta con intelligenza e misura il delicato argomento della migrazione e dell’accoglienza da un’angolazione tutto sommato insolita.

L’autrice ricostruisce un microcosmo animato da tre donne (più una bambina) che, pur essendo molto diverse tra loro, sono accomunate da quello spirito tenace che ispira la stessa comunità di Marie: la Chiesa della Perseveranza.

E, in effetti, di perseveranza ne occorre molta alle nostre protagoniste per affrontare le difficoltà di ogni giorno legate al loro status di straniere subsahariane. Alla giovane pastora per non cedere alle notizie che la vogliono nel mirino della polizia. A Naney per racimolare quei soldi che la porterebbero in Europa assieme alla figlia lasciata tre anni prima nella sua Costa d’Avorio. A Jolie che, pur avendo le carte in regola, è costretta a vivere sulla sua pelle le conseguenze dell’odioso clima discriminatorio.

Tra loro si muove Kenza, già vittima di una tragedia in mare ed emblema suo malgrado dell’infanzia violata. Kenza che gioca e si muove leggera nella casa comune, e accetta le decisioni altrui con un’accondiscendenza così incondizionata da insinuare il dubbio di una rassegnazione troppo anticipata.

Promis le ciel

Promis le ciel, un racconto all’insegna della naturalezza e dell’equilibrio

La trama e l’argomento trattato, tuttavia, non delimitano geometricamente il raggio d’azione di Promis le ciel, che anzi rifiuta l’incasellamento tout-court come film sull’emigrazione per andare un po’ più in là, alla scoperta del profondamente umano che si nasconde dietro stereotipi e pregiudizi, all’esplorazione di sentimenti spesso soffocati.

È per questo che Sehiri sceglie lo scavo psicologico, la rifinitura dei caratteri, la chirurgia della scrittura. Perché vuol parlare di “donne” piuttosto che di “migranti”. Perché si oppone all’uso discriminatorio e spersonalizzante di quest’ultima parola.

“Donne”, dunque, come termine che restituisce identità e dignità.  Donne nel senso più vero della parola, con i loro dolori nascosti e le loro paure. Creature moderne ed emancipate che la talentuosa autrice lascia agire – con orgoglioso spirito femminista – in un contesto fatto di uomini perlopiù inetti e indifferenti. Un contesto reso credibile da un’impostazione assolutamente realista dove la naturalezza dei dialoghi, delle interazioni e delle varie situazioni elidono, da una parte, il rischio dell’invettiva, e dall’altro, quello del melodramma e del buonismo.

La delicatezza del reale secondo Sehiri

Sehiri, infatti, forte della sua esperienza da documentarista, cerca credibilità e autenticità. Conferisce tridimensionalità ai suoi personaggi. Respinge la lacrima facile. E proprio per questo finisce per commuovere.

La regista prova, nei limiti del possibile, a mantenersi leggera evitando che lo spettatore si ritrovi sin dall’inizio dinanzi alla dirompenza del dramma che affligge le protagoniste. Non lo enfatizza, ma anzi lo stempera con lampi di brillante ironia. Lascia che emerga poco a poco, insinuandolo nelle notizie alla radio, adombrandolo nelle raccomandazioni al telefono di un padre preoccupato. Fa in modo che irrompa in tutta la sua virulenza soltanto nell’ultima parte, verso un finale amaro dove le catartiche parole di rabbia di Naney e quelle del bellissimo brano di chiusura dei Delgres rappresentano il segno di una sconfitta costante e universale.

È tutto ciò che, assieme all’ottima performance dell’intero cast femminile, rende Promis le ciel un racconto di grande spessore e rilevanza. Un film di pregio assoluto – presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes 2025 come pellicola di apertura della sezione Un Certain Regard – che conferma l’ottima impressione fatta da Erige Sehiri con il precedente Il frutto della tarda estate, e che fa assurgere la stessa franco-tunisina al gotha della contemporanea cinematografia afro-europea.

Promis le ciel

  • Anno: 2025
  • Durata: 92'
  • Genere: Drammatico
  • Regia: Erige Sehiri