Quando il rifiuto lascia un vuoto, quando la città pare schiacciare più che accogliere: da questi semi germoglia la storia di Aiko, adolescente statunitense protagonista di More Beautiful Perversions, il nuovo lungometraggio di Pavli Serenetsky, già vincitore del Best Narrative Feature all’Athens Film Festival 2025 e in concorso al Lucca Film Festival.
“Sentirsi soli in una grande città fa più male che dalla mie parti” cantava Lucio Corsi nella canzone Freccia Bianca dell’album Cosa faremo da grandi? (2020) per esprimere quella sensazione di smarrimento e solitudine che può accompagnare il passaggio dalle vaste distese naturali al grigiore anonimo delle grandi metropoli. È proprio questo ciò che vive Aiko (Zahara Jaime), cresciuta tra i rumori e abitudini della città, lontana da radici e spazi ampi. Un pomeriggio, dopo scuola, decide di inseguire una sconosciuta, Deedi (Alli Logout), all’interno di un bosco misterioso. Il loro tempo insieme è breve, ma così d’impatto che Aiko inizia a capire cosa sia successo solo quando è tutto finito.
In questo ambiente estraneo e affascinante, la ragazza si confronta con un universo vegetale fatto di forme, colori e significati inattesi, scoprendo nuove possibilità di relazione con la natura e con sé stessa. L’incontro con le piante le apre uno sguardo nuovo sul mondo e sul proprio futuro.
Una struttura frammentata

Girato in 16mm, il film è narrato in tre parti, intervallate da sequenze in bianco e nero che mostrano fogliame, dettagli di natura, segni che appaiono e scompaiono come istantanee fragili. Queste pause visive agiscono come segnalibri narrativi: aprono varchi nella memoria e permettono al racconto di trascendere la semplice storia per diventare un’esperienza emotiva e sensoriale.
Serenetsky adotta una narrazione frammentata, fatta di salti temporali e visioni che ricordano il sogno. Lo spettatore non è un semplice testimone: diventa complice, attraversa con Aiko il tempo tra passato, presente e ciò che resta dell’esperienza vissuta. Le sequenze in bianco e nero funzionano come uno specchio dell’anima, offrono pause che respirano come ricordi, indugiano su dettagli naturali, creano un senso di smarrimento dolce e inquieto.
Un incontro che cambia tutto

Nel presente del film, Aiko racconta la sua esperienza, filtrata dalla memoria, incerta sul confine tra ciò che è accaduto e ciò che ha immaginato. Deedi diventa figura simbolica: fata, natura viva, possibilità di ciò che potrebbe essere se avesse occhi diversi. Il modo in cui Serenetsky costruisce queste figure è delicato, quasi lirico.
La natura non è solo sfondo: è cornice, rivelazione, conforto. Quando Aiko inizia a vedere le piante, a toccarle, a respirare il verde, cambia lo sguardo che ha su se stessa. Il film suggerisce che la disconnessione che molti avvertono nella vita urbana – il rumore, la folla, la fretta – può intaccare l’anima tanto quanto il corpo. Ritrovare un contatto con il mondo naturale non è fuga, ma riscoperta.
Questo tema universale – sentirsi soli, essere persi, trovare un ponte verso l’altro e verso sé stessi – risuona come ricordo personale. Non si tratta di mera malinconia: c’è speranza nelle connessioni che Aiko stabilisce, in ciò che lascia che il bosco le insegni, in ciò che raccoglie come tesoro interiore.
Una favola fuori dal tempo
More Beautiful Perversions è un film che chiede di rallentare. Non è per chi cerca trama lineare, azione prevedibile o risposte chiare. È per chi è disposto a perdersi un po’, a lasciar vagare lo sguardo, ad ascoltare i silenzi tra una scena e l’altra.
Serenetsky non punta al grande colpo visivo, ma al dettaglio che resta: al fogliame mosso dal vento, al suono che vibra nell’aria, al ricordo che torna quando meno te lo aspetti. In definitiva, il film è una favola moderna, che parla di amore, perdita, natura e memoria , capace di portare chi guarda dentro sé stesso, se solo si aprisse al mistero della bellezza spezzata.