Constance Klaue, regista tedesca, debutta con il suo primo lungometraggio, Punching the world (Mit der Faust in die Welt schlagen), alla 75ª edizione del Berlin Film Festival e concorre alla 21ª edizione del Lucca Film Festival.
Il film, basato sull’omonimo romanzo di Lukas Rietzschel, segue le vicende di due fratelli, il maggiore Philipp (Anton Franke) e il minore Tobias (Camille Moltzen), mentre affrontano con grande difficoltà lo sgretolarsi imminente della loro famiglia. La storia avviene in una Germania che continua a vedere grandi disparità sociali e discriminazioni tra la zona est ed ovest, e che fatica a ricostruirsi.
L’importanza del tempo e della musica
Punching the world racconta un arco temporale che va dal 2006 al 2015. La prima scena si apre con le ultime giornate di sole e calore, qualche settimana prima dell’inizio della scuola. Tobi e Philipp fanno il bagno al lago, scherzano con la madre, esplorano i dintorni, sono spensierati. Tutto sembra andare per il verso giusto e, l’inizio del film, così luminoso e accogliente, ne è la prova.
Tuttavia, come ogni racconto drammatico che si rispetti, quella felicità verrà pian piano infranta e lascerà spazio a rabbia, dolore e sofferenza.
Un po’ come in Requiem for a Dream (Darren Aronofsky, 2000), le stagioni, il susseguirsi dei giorni e la quotidianità che si ripete guidano il ritmo della storia, portando sempre piccoli o grandi cambiamenti. Entrambi i film iniziano d’estate, con premesse felici e ricche di sogni, che si infrangono e si sgretolano fino a precipitare nell’inverno, stagione simbolo di decadimento, buio e patimento.
Un altro elemento che unisce i due film è il ruolo centrale della musica.
Constanze Klaue la usa non solo per mantenere alta la tensione narrativa, ma anche per amplificare le emozioni dei due fratelli, che si sentono impotenti di fronte alla separazione dei genitori. Quando i ragazzi sono sereni, la musica si fa giocosa; quando si arrabbiano, diventa incalzante, frenetica e martellante. Nei momenti di tristezza, invece, si affievolisce quasi del tutto e lascia spazio ai rumori di fondo: il vento, le voci alla festa di paese, i silenzi pesanti dei genitori a tavola.
Se in Requiem for a Dream la musica conduce alla follia e all’alienazione di sé, in Punching the World accompagna verso la rassegnazione e la perdita di speranza.
Frattura esterna e interna

In un mondo apparentemente unito, ma in realtà sempre più fragile e diviso, si inserisce una fase storica tanto cara a Klaue: la riunificazione della Germania vista attraverso gli occhi dei bambini.
Già nel suo primo cortometraggio, Lynchen 92 (2000), aveva esplorato lo stesso tema. In questo film, però, adotta un approccio diverso: trasforma la casa in costruzione e la famiglia di Philipp e Tobi in una potente metafora di un Paese incapace di ricomporsi, ancora lacerato da discriminazioni e sofferenza.
La regista mostra gli elementi discriminatori in modo graduale, aggiungendone uno o due a ogni cambio di scena, fino a saturare lo schermo con aggressioni, rabbia e razzismo. Si comincia dal disegno di una svastica su una roccia nel cortile della scuola di Tobi e si procede con insulti urlati dai ragazzi, come “ebreo” o “gay”, in apparenza scherzosi, fino a raggiungere il culmine della crudeltà in due episodi terribilmente violenti e disturbanti. Il primo mostra Stefan, il padre dei ragazzi, uccidere un pesce vivo sotto gli occhi vitrei del figlio maggiore. In quel gesto brutale esplodono la rabbia e la tristezza represse dell’uomo, simbolo di una società distrutta e stanca. Il secondo episodio vede un gruppo di bulli neonazisti, compagni di classe di Philipp, spargere i resti di un maiale sul portico di una famiglia turca.
In entrambe le scene, i fratelli partecipano in modo indiretto, trascinando la narrazione e mostrando la loro impotenza. Incapaci di affrontare il dolore, si lasciano coinvolgere in situazioni dalle quali vorrebbero allontanarsi, rivelando allo spettatore non solo il loro stato d’animo, ma anche quello dei cittadini della Sassonia, la provincia in cui vivono.
Prendere a pugni il mondo
Un’altra figura di rilievo è quella di Uwe, un amico di vecchia data di Stefan ed ex membro della Stasi (servizio di spionaggio della DDR), che un giorno si presenta a casa loro chiedendo aiuto, dopo aver perso il lavoro e la moglie.
Uwe incarna un passato che si ripresenta ciclicamente, un futuro privo di luce, mentre Stefan simboleggia un presente incapace di liberarsi delle catene del passato, rassegnato alla crudele inevitabilità della vita.
Tobi e Philipp sono spaventati e allo stesso tempo attratti dal nuovo arrivato, ma capiscono presto che dal suo arrivo il loro mondo è andato in frantumi, così come la loro famiglia.
La loro casa non sarà mai completata e loro, stanchi e disillusi dalla vita, vorrebbero solo gridare e prendere a pugni il mondo.