In sala dal 6 agosto per Warner Bros. Pictures, Weapons segna il ritorno in cabina di regia dell’apprezzato Zach Cregger, anche autore della sceneggiatura. A distanza di tre anni dal cult horror Barbarian, il cineasta americano sceglie di raccontare una storia dalle premesse originali, che affonda le sue radici nelle paure ancestrali delle persone e nelle leggende tramandate di secolo in secolo.
Spinto dalla passione e guidato dall’esperienza, Cregger gioca abilmente con i topoi del genere, andando a costruire uno scenario perfetto, entro cui immergere gli spettatori e tenerli sempre sul filo del rasoio, pronti a saltare sulle poltrone da un momento all’altro e desiderosi di farlo.
Weapons | La trama
Sono le 2:17 di un mercoledì come tanti. 17 bambini di una stessa classe si svegliano, si alzano dal letto ed escono di casa nel mezzo della notte. La mattina, la maestra Justine Gandy (Julia Garner), ultima arrivata alla Maybrook School, trova l’aula completamente vuota, a eccezione di un alunno, Alex Lilly (Cary Christopher). Mentre il mistero resta irrisolto, la comunità si stringe intorno ai genitori dei ragazzi scomparsi.
Non sei un genitore, sei un’insegnante.

Tra loro, Archer Graff (Josh Brolin) non si arrende all’idea di aver perso il figlio Matthew (Luke Speakman) e passa giornate intere a guardare le registrazioni delle telecamere che hanno ripreso la misteriosa fuga. Tra diffidenza, dolore e dipendenze pericolose, tutti affrontano la situazione a modo loro, fino a che le loro strade non si incroceranno, portando a galla qualcosa di assolutamente inaspettato e terribile.
Un uso intelligente dell’horror
Weapons fa dell’horror un pretesto per mostrare le falle di una società che sembra avere sempre meno vie di salvezza. Sfruttando un piccolo microcosmo come lente di ingrandimento, la storia suggerisce riflessioni su temi quali il bullismo, l’indifferenza, le superstizioni, l’isteria di massa. Sebbene il fulcro della pellicola resti l’intrattenimento e la volontà di spaventare, funzionale e apprezzabile si rivela la base su cui è costruito l’impianto narrativo.
La struttura a capitoli, ciascuno dedicato a un differente personaggio, crea, tassello dopo tassello, un quadro ampio, sfaccettato, dentro il quale andranno a inserirsi le varie vicende. Esattamente come fa Archer con la pianta della cittadina, su cui traccia le traiettorie percorse dai bambini scomparsi, le linee narrative si intrecciano conducendo a un unico punto, se così si può dire, risolutivo. L’unico lato negativo è da rintracciarsi nell’inevitabile rallentamento del ritmo, originale rispetto al genere di appartenenza e completamente ribaltato sul finale.

La regia rimane il punto di forza di Weapons, con le suggestioni e i rimandi a classici intramontabili come Shining. Tra le scene più a effetto, la sagoma di un mitra che spunta tra le nuvole, sopra il tetto di una casa, a indicare la minaccia che si cela al suo interno. Se le armi del titolo possono essere intese in tanti modi diversi, è importante riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni e sul modo in cui ci si relaziona agli altri.
*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.