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Interviews

DOLL SYNDROME: Intervista a Yuri Antonosante

Viaggio alla scoperta del cinema indipendente di genere. Rubrica a cura di Luca Ruocco

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Domiziano Cristopharo firma il secondo capitolo di un’agghiacciante trilogia filmica iniziata con l’angoscioso Red Krokodil, dramma da camera sulla droga abrasiva: Doll Syndrome, film shock che racconta senza filtri censura i frutti marci di una vita di alienazione, auto-mortificazione e malata solitudine.

Abbiamo incontrato Yuri Antonosante, uno dei tre attori protagonisti del film.

[Luca Ruocco]: “Doll Syndrome” è il secondo capitolo di una trilogia filmica ideata e realizzata da Domiziano Cristopharo. Prima di realizzare il film hai avuto modo di vedere il precedente capitolo “Red Krokodil”? Come pensi che la storia che hai interpretato possa collegarsi a quella narrata nel film precedente?

[Yuri Antonosante]: Certo! Ho visto la prima fase di questa trilogia e l’ho trovata di una profondità e di una poesia, in termini visivi, di rara creazione. Rispetto alla domanda su che tipo di collegamento c’è, vi posso certamente dire che la trilogia si esprime con 3 diversi film che non sono affatto prequel o sequel di se stessi, quindi non c’è un vero e proprio collegamento, ma un’identità precisa e distinta  per ogni film.

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[LR]: Hai avuto già modo di lavorare con Cristopharo su più di un set. Cosa ti ha avvicinato a questo regista indie? E cosa condividi artisticamente con lui, che rende così solido questo sodalizio creativo?

[YA]: Io e Domiziano ci siamo conosciuti casualmente e ci siamo piaciuti artisticamente e fidati l’uno dell’altro sin dal primo momento. Il fatto che sia un regista indie poteva essere certo un punto a sua favore, preferendo io la forma e la verità con il quale si fa questo tipo di cinema. Ma ci sono anche registi dello stessa categoria che sono completamente lontani da questi parametri, quindi penso che Domiziano oltre ad essere un regista indie sia anche un regista che va “oltre”, che non ha etichette . La cosa che condivido artisticamente con lui è la forza di credere in ciò che si fa , di non mollare di trovare soluzioni alle idee. Di lasciarsi andare e di trasformare ogni forma emozionale ed ogni “senso” a servizio dell’arte.

[LR]: Quella raccontata in “Doll Syndrome” è una di quelle storie “irraccontabili”! Uno di quei film costruiti volutamente guardando [e pensando] “oltre”, in cui anche il non guardabile diventa visto, vissuto, in un’opera di continuo shock dello spettatore. Come hai vissuto questo film? Parlaci del tuo personaggio e del rapporto di set con gli altri due protagonisti.

[YA]: Ho vissuto questo film attraverso il mio solito atteggiamento quando lavoro nei film di Domiziano: affidandomi e fidandomi alla chiarezza del suo stile. Questo film a differenza di altri ha un valore importante, per me, perché il personaggio che mi è stato affidato richiedeva molta attenzione, pazienza e la ricostruzione di un dolore interno/mentale  più che fisico. Non e’ stato affatto facile affrontarlo, soprattutto in un periodo in cui affrontavo la perdita di una persona a me molto cara. L’approccio con il personaggio è stato quindi un approccio sinceramente duro, difficile ma liberatorio alla conclusione del lavoro.

Il mio personaggio rappresenta quella parte del mondo, della società, da “annullare “perché scomoda”, affianco all’oggetto del desiderio. Io sono l’uomo della “bambola” reale, quella di carne e costituisco quindi un ostacolo. Sono un italiano medio che pur mostrando carattere e forma fisica  si lascia annullare, senza opporsi, da un sistema che per sopravvivere ha bisogno dell’uso estremo e materiale della forza.

Il rapporto con Tiziano e Aurora e’ stato fantastico , ci siamo conosciuti e compresi sin dall’inizio. E’ stato come salire su un’auto con degli sconosciuti  e correre in pista  alternandoci l’un l’altro a 200 km orari, con estrema fiducia.

[LR]: Come ti sei preparato alla performance, e cosa pensi cha un’interpretazione del genere possa averti lasciato?

[YA]: Mi sono preparato come faccio sempre , ricordandomi gli ingredienti che contano per cercare di dare il massimo: concentrazione, ricerca, fiducia e amore… ma non dimentico anche che,  come dice Joaquin Phoenix,  “recitare é uno sport estremo”. Questa interpretazione mi ha lasciato una grande memoria [forse la più grande in termini interpretativi], che potrò’ riutilizzare con gioia e consapevolezza.

Mi ha lasciato anche il bel ricordo di una persona scomparsa che a suo modo mi ha aiutato e mi aiuta ad andare avanti artisticamente: mio cugino Nicola.

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[LR]: Parlaci dei tuoi trascorsi artistici, e del tuo rapporto [da spettatore] con un tipo di cinema così duro e morboso.

[YA]: I miei trascorsi sono stati molto differenti fra loro, ma con un comune denominatore sempre presente: la ricerca. Grazie alle varie forme stilistiche  che ho voluto scoprire ho potuto capire qual è la strada da seguire o quale potrebbe essere [non voglio dare una chiusura a questo pensiero e vorrei pensare che il percosso sia ancora molto lungo]. I trascorsi mi permettono di realizzare ciò che piano piano sto costruendo.

Il primo rapporto da spettare con un cinema duro è stato strano, sicuramente perché non avevo né le “esperienze” né “l’età ” per comprenderlo. Ora invece lo comprendo e lo rispetto .

[LR]: Il protagonista assoluto, e assolutamente negativo, di “Doll Syndrome [interpretato da Tiziano Cella], a differenza di una parte canonica con delle battute scritte, recita più degli altri, una parte di auto-mortificazione e abbrutimento per tutta la durata del film. Puoi parlarci della costruzione sul set del personaggio affidato al tuo collega? Quale tipo di equilibrio attoriale vigeva nelle scene che hai condiviso con lui?

[YA]: Rispetto alla prima domanda penso di non essere la persona più indicata per darti una risposta. Il lavoro che un attore fa è sempre intimo e personale. L’equilibrio che vigeva era quello di chi cerca di fare il proprio lavoro al meglio rispettando i colleghi.

[LR]: Hai avuto già modo di vedere “Doll Syndrome”? Riusciresti a estraniarti e a darci un tuo punto di vista “da spettatore”?

[YA]: Certo ho avuto modo di vederlo, ma non voglio fare né da spettatore, né dare un punto di vista… Penso che potrei influenzare troppo il pubblico e, come sappiamo, ogni spettatore può avere e creare, attraverso la visione , una sua ” rispettabile” opinione o chiave di lettura.

[LR]: Hai già altri progetti in cantiere?

[YA]: Si ho un progetto legato alla televisione e ad una mia grande passione che e’ il mondo del palato. E’ un progetto che ho scritto con Jonathan Silvestri e Donatello della Pepa. Il resto , per scaramanzia , non lo anticipo. Mi auguro anche che nei prossimi cantieri ci sia sempre un film con Domiziano Cristopharo e tante altre esperienze.


Luca Ruocco

Roma, Marzo 2014

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