U are the Universe di Pavlo Ostrikov, è un eccellente produzione dall’Ucraina, recuperata al BIFAN 2025, che in Italia ha esordito al Trieste Science+Fiction Festival 2024 sbancando i premi più ambiti.
Il lavoro del regista Pavlo Ostrikov è una complessa sceneggiatura dove la parola e il dettaglio sono fondamentali per sostenere l’eccellente performance solitaria del protagonista Volodymyr Kravchuk.
In un prossimo futuro, il camionista spaziale Andriy Melnyk trasporta spazzatura nucleare su una nave cargo diretta sulla luna abbandonata di Saturno, Callisto. Mentre è in orbita, la Terra esplode all’improvviso ed Andriy diventa l’unico essere umano vivente. Finché non riceve un messaggio da Catherine, meteorologa francese su una lontana stazione spaziale. Nonostante le difficoltà, Andriy decide di raggiungerla. (sinossi ufficiale dal Trieste Science+Fiction Festival)

U are the Universe di Pavlo Ostrikov, copyright True Colours Glorious Films
La fantascienza poetica di U are the Universe
Ci siamo in fretta abituati ad una fantascienza che ci porta lontano, dove la forma di mondi impossibili si materializza magicamente. In questo film pare, ironicamente, di avere a che fare con una fantascienza così verosimile da perdere la sua connotazione “fanta”. E rimane piuttosto agganciata ai cuori per la delicatezza con cui si disegna un racconto concreto sulla solitudine, la speranza e il sogno dell’amore.
Pavlo Ostrikov alla regia e Volodymyr Kravchuk sulla navicella in totale solitudine, lavorano in sinergia e ammiccano consapevolmente a grandi film precedenti dove il tema della resilienza o del viaggio spaziale solitario è stato esplorato: Moon o The Martian, ma anche l’intramontabile Her torna alla mente, o il previo Cast Away.

Volodymyr Kravchuk in ‘U are the Universe’ di Pavlo Ostrikov, copyright True Colours Glorious Films
Essere l’ultimo
Andriy è rimasto l’ultimo uomo, e incredibilmente (e con un po’ di magia cinematografica) non se la passa poi così male sulla navicella spaziale. O almeno pare così all’inizio, quando riesce a tenere lontani i brutti pensieri con l’entusiasmo della liberazione da ogni costrizione e uno humour coinvolgente.
Quegli sporadici cedimenti emotivi sono gestiti con classe, e il regista li spinge lontani con deferenza, senza necessariamente voler rappresentare Andriy come un super eroe, ma esaltando le sue insolite strategie. È essenziale per questo l’approccio leggiadro del protagonista, costretto a recitare nel soffocante spazio di una navicella ricostruita, che al pubblico è lasciata da esplorare afferrando i dettagli con occhiate rapide. Così cogliamo il giradischi, i giochi di società, i sottaceti del pranzo e la poltrona difettosa (anch’essa al centro di un gradevole scambio narrativo).
Con un beffardo colpo di scena scopriamo però che non è davvero l’ultimo umano rimasto a fluttuare nello spazio. Inizia così la parte centrale del film in cui i due superstiti comunicano con messaggi vocali mediati da un traduttore robotico, e il protagonista si sposta tra una porzione della navicella e l’altra ascoltando i vocali di questa donna sconosciuta. Si torna adolescenti insieme ad Andriy, si torna incuriositi dal primo contatto e nervosi nell’attesa delle risposte.
Ben oltre la fantascienza
U are the Universe vive di fantascienza quando l’esterno della navicella viene richiamato dalle inquadrature a raccontare l’immensità e la vastità dell’universo. Non certo l’universo del titolo, per il quale si ammicca invece all’amore appena sbocciato tra Andriy e Catherine.
Se fuori è l’assoluto spaziale, umanità, solitudine, resilienza ed amore si materializzano quando ci chiudiamo stretti stretti nel perimetro della navicella spaziale. Saltare dal kammerspiel all’infinito dello spazio è un gioco su cui Pavlo Ostrikov opera anche grazie ad una cura delle luci non scontata e peculiare.
Non è soltanto l’abilità con gli spazi, i generi e le citazioni a colpire; Ostrikov si rivela essere un giocoliere di emozioni, e condensa sul finale la speranza di tutte le fazioni del pubblico, mettendo d’accordo l’ispirazione più romantica con quella più fantascientifica.
Sarà a tratti un film di licenze poetiche scientifiche, ma diventa sensato garantirle ad un protagonista che non è il “classico” astronauta della sopravvivenza come i modelli americani ci hanno consegnato. E ancora di più, ci sembra dovuto garantirli a chi è riuscito a creare un’opera di tale cura sullo sfondo di un paese sotto assedio.