The Last Skiers, pluripremiato cortometraggio del 2023 diretto da Veronica Ciceri, è in concorso al TerraLenta Film Fest 2025. Presentato in numerosi festival internazionali – tra cui il Watersprite Film Festival e il Banff Centre Mountain Film Festival nel 2024 – il film si è aggiudicato, tra gli altri riconoscimenti, il premio Best Documentary Short Film ai British Short Film Awards 2024.
Negli ultimi cinquant’anni, la temperatura media invernale nelle regioni del Nord Italia è aumentata di circa 1,8°C, senza tenere conto delle differenze regionali. Al Pian dei Resinelli – altopiano prealpino situato in provincia di Lecco – un tempo si sciava fino a metà aprile. L’impianto ha chiuso negli anni ‘80. San Primo ha cessato l’attività nel 2013, così come Caspoggio.
Non si tratta di casi isolati: negli ultimi decenni, ben 249 stazioni sciistiche sono state definitivamente abbandonate, mentre altre 138 sono chiuse temporaneamente. Eppure, negli ultimi anni sono state finanziate infrastrutture sotto i duemila metri di altitudine, dove, stando alle ultime ricerche, a quote così basse l’innevamento naturale è sempre più precario. Secondo le stime più recenti, il 2040 potrebbe segnare il punto di non ritorno per la pratica dello sci su piste non artificiali.
The Last Skiers
I protagonisti di The Last Skiers raccontano cambiamenti avvenuti nelle stazioni sciistiche – le stesse in cui da bambini hanno imparato a sciare – e si interrogano sul proprio rapporto con la montagna, concentrandosi in particolare sulla situazione del Monte San Primo. Una delle voci dice:
“Tornare a San Primo è oggi un modo nuovo di vivere la montagna, senza impianti da sci. Significa camminare, fare scialpinismo o trainare la slitta di mio nipote. Quello che ci manca oggi è una stagione: l’inverno è scomparso. Un tempo andavo a scuola con gli sci o con la slitta. Oggi sembra qualcosa che potrebbe succedere solo nel Nord Europa. All’epoca, invece, era normale anche a soli 40 chilometri da Milano.”
Attualmente, il paesaggio di alcune stazioni sciistiche evoca scenari surreali: lunghe strisce di neve artificiale, strette e luminose, circondate da distese di prati subalpini. Si capisce come non sia una buona idea sopperire alla scarsa frequenza delle nevicate con l’uso di cannoni sparaneve, in quanto la neve artificiale richiede una quantità di acqua che, in tempi di crisi idrica, non ci si può permettere di sprecare. Alcuni produttori di neve artificiale, talvolta, usano additivi chimici per favorire il mantenimento della neve anche a temperature più alte, anche se in Italia questo processo non è consentito. Inoltre, i costi dell’innevamento artificiale potrebbero influire sul costo degli skipass, rendendo inaccessibili gli impianti alle fasce di popolazione con redditi medio-bassi.
I finanziamenti alle infrastrutture potrebbero aver ricevuto un incentivo anche in vista dei Giochi olimpici invernali di Milano Cortina 2026, con l’obiettivo di “riqualificare” il paesaggio montano. Una logica non dissimile da quella applicata in molte aree costiere dove – in vista della stagione turistica – interventi invasivi di pulizia delle spiagge hanno un impatto significativo sulla conservazione della biodiversità e dei sistemi dunali.
Un nuovo modo di abitare la montagna
Nel cortometraggio, Veronica Ciceri alterna found footage e riprese effettuate nel febbraio 2023, durante il picco della stagione sciistica, per raccontare uno dei tanti tasselli del mosaico della crisi climatica. Le testimonianze raccolte dagli abitanti del posto, che ricordano i tempi in cui gli impianti erano luoghi di incontro e comunità, mostrano come il cambiamento climatico agisca anche sulla dimensione sociale del paesaggio. Le immagini degli impianti in disuso – imponenti strutture arrugginite su sfondi aridi e spogli – evocano l’irreversibilità di certi danni ambientali. Un fenomeno analogo a quello dell’amplificazione artica contribuisce ad accelerare questo processo: la riduzione del manto nevoso rende la superficie del suolo più scura, favorendo l’assorbimento della radiazione solare e il conseguente riscaldamento.
The Last Skiers sottolinea la necessità di ripensare il nostro modo di abitare la montagna, non solo nel rispetto dell’ambiente naturale, ma anche da una prospettiva culturale e collettiva.
“Oggi che per me si è chiuso uno dei più bei capitoli della vita (anche se arranco ancora con gli sci, ma è una cosa completamente diversa, anche se l’investitura delle Alpi, eclissata e mortificata di giorno, continua però ad accompagnarmi durante il sonno con l’ostinazione e l’intensità dei tempi lontani, cosicché tutte le notti dell’anno, dico tutte, tranne quando mi trovo appunto in montagna, io le montagne le sogno: sgangherate, deludenti scalate che tuttavia mi offrono ancora il gusto dell’abisso).”