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‘The Last Bet’: un cortometraggio sulla morte, che parla soprattutto della vita

Una scommessa quotidiana tra due anziani coniugi diventa il modo più dolce — e crudele — per esorcizzare la paura di rimanere soli.

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the last bet

Chi dovrebbe morire per primo, in una coppia che si ama da tutta una vita?
Chi dei due è così egoista da voler restare — o così generoso da desiderare di andarsene, pur di non assistere alla fine dell’altro?
È da questa domanda teneramente atroce che nasce The Last Bet: la storia dell’ultima scommessa tra due anziani coniugi. Un pezzetto di cioccolato, ogni giorno, all’“ultimo dei due”. Un gioco, certo. Ma anche un rituale piccolo e affilato, con cui Leni ed Ernst affrontano l’indicibile: la solitudine che la vecchiaia porta con sé, la paura non tanto della morte quanto del dopo, quando non ci sarà più qualcuno a dividere il cucchiaino, a ricordare le stesse cose, a esserci.
Il cortometraggio della regista austriaca Meike Wüstenberg — distribuito da MUBI — ha il coraggio di guardare in faccia questa dolce catastrofe quotidiana. Lo fa senza retorica, con una grazia scabrosa, asciutta, che riesce a far sorridere persino mentre ci stringe la gola.

La paura di morire è spesso la paura di rimanere soli

Wüstenberg mette in scena due personaggi anziani, una coppia legata da un amore che ha ormai perso il sapore di vitale freschezza, ormai lontana, ma che ha assunto quello dei piccoli atti condivisi, della routine che diventa legame profondo. Dietro la tenerezza c’è però un’ansia costante: cosa succede se uno dei due muore prima dell’altro? Che cosa resta, a chi rimane?
The Last Bet fa leva proprio su questa tensione per costruire una narrazione lieve, ma per nulla superficiale. La regista riesce a farci sorridere mentre i protagonisti, con candore quasi infantile, si prendono sagacemente gioco della morte. Addirittura scommettono su di essa, in continuazione. Ma fino a che punto riusciranno a spingersi? Quale sarà quest’ultima scommessa?

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La regista Meike Wüstenberg

L’ironia come forma di difesa (e di resistenza)

La forza del film sta nel tono: mai patetico, mai compiaciuto, mai pesante. L’ironia che attraversa ogni scena si fa dunque resistenza: una strategia oculata per affrontare il declino senza cedere al cinismo.
In The Last Bet la morte non è negata, bensì è svuotata del suo potere paralizzante. Viene osservata, pianificata, presa in giro, ma con quel pudore che solo gli affetti autentici riescono a esprimere.
Il risultato è un’opera che sa essere sia tagliente che teneramente malinconica, senza mai  però rinunciare alla leggerezza. C’è qualcosa di Chantal Akerman nella cura per i dettagli del quotidiano, ma anche un’eco lontana della commedia amara alla Roy Andersson: la vita come teatro dell’assurdo, dove l’unico vero atto di coraggio è continuare ad amare.

Una regia che osserva senza giudicare

Meike Wüstenberg gira con uno sguardo preciso ma discreto. La macchina da presa è spesso fissa, come se volesse rispettare i tempi e i ritmi dei suoi personaggi. Non li forza, non li manipola. Li osserva, lasciando che siano loro a raccontarsi attraverso i gesti più banali: preparare un caffè, sistemare una fotografia, sedersi in silenzio sul bordo di un letto.
Questa scelta registica permette allo spettatore di immergersi senza filtri in un universo emotivo profondo, fatto di pudori e di complicità non dette. E, proprio per questo, ancora più vere. La Wüstenberg in meno di quindici minuti riesce a farci affezionare profondamente a Leni ed Ernst, facendoci temere per le loro sorti, raggiungendo picchi di tensioni davvero pregevoli. Poiché, si sa, scherzare con la morte è sempre pericoloso. Anche se lo si fa in maniera lieve. 

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Una dolcezza che non diventa mai zuccherosa

Il rischio, con un soggetto del genere, sarebbe stato quello di indulgere in una tenerezza artificiosa, costruita a tavolino. Ma Wüstenberg è abile nel dosare i registri. Il quotidiano, in The Last Bet, è una poesia sommessa: ci sono i fiori appassiti, il cibo riscaldato, le risate improvvise, le carezze goffe. C’è tutta la verità di un amore che non cerca più conferme, ma presenza. Quella presenza silenziosa e costante che riempie la casa di senso, che si muove tra le stanze come un’abitudine amata. Ed è proprio quella presenza, più ancora della morte, a fare paura: il pensiero che un giorno ci si sveglierà soli, che nessuno finirà la frase che stavi per dire, che il cucchiaino accanto al tuo resterà fermo nel cassetto.
In questo, forse, sta la lezione più profonda del film: non si teme tanto la fine, quanto il vuoto che si lascia, o peggio ancora, quello che si eredita. La morte è un evento. L’assenza, una condizione. Ed è contro quella che si combatte, ogni giorno, con una battuta, un gesto, una piccola scommessa fatta di cioccolato.

Conclusioni: una scommessa vinta

The Last Bet non è solo un corto su due anziani che scommettono sulla morte l’uno dell’altra. È un racconto su come si continua a vivere anche quando tutto sembra rallentare. Su come si costruisce una resistenza affettiva attraverso l’ironia, la condivisione, la lentezza.  Su un amore che è, prima di tutto, capacità di esserci.
La regista firma un piccolo gioiello che non urla, non commuove con la forza, ma accompagna con grazia. E nel farlo, ci ricorda che forse il senso ultimo della vita sta proprio nel non voler restare soli a guardare il buio.
Un film lieve, ma con un cuore gigantesco.

The Last Bet

  • Anno: 2024
  • Durata: 14'
  • Distribuzione: MUBI
  • Genere: Commedia, drammatico
  • Nazionalita: Austria
  • Regia: Meike Wüstenberg
  • Data di uscita: 01-July-2025