La pandemia non ha soltanto fermato il mondo: lo ha anche osservato da vicino. Ci ha costretti a confrontarci con i nostri corpi, le nostre case, le nostre relazioni… e con la nostra solitudine. Il cinema, da sempre specchio della realtà, è stato testimone e narratore di questa trasformazione. Dal 2020 in poi, il modo in cui il desiderio viene rappresentato sullo schermo ha subito una svolta sottile ma significativa. L’intimità — e non l’erotismo esplosivo o il sesso senza contesto — è diventata la vera protagonista.
Questa evoluzione narrativa riflette anche un cambiamento culturale più ampio: oggi si parla più apertamente di salute mentale, consenso, consapevolezza di sé ed esplorazione individuale. La sessualità non è più rappresentata soltanto come esperienza condivisa, ma anche come percorso personale. Ed è in questo contesto che oggetti come i sex toys — un tempo considerati fuori luogo in una narrazione “seria” — trovano una nuova naturalezza.
In tempi di distanziamento fisico, il contatto umano ha acquisito un valore simbolico del tutto nuovo. Ciò che prima era quotidiano (una carezza, un bacio, un corpo che condivide lo stesso letto) è diventato desiderio, rischio, a tratti anche trasgressione. Molti registi hanno saputo cogliere questa nuova sensibilità e hanno iniziato a raccontare il desiderio da una prospettiva diversa: più intima, più introspettiva, più reale.
Un esempio emblematico è The Worst Person in the World (Joachim Trier, 2021). Pur non affrontando direttamente la pandemia, l’atmosfera emotiva del film — la ricerca dell’amore, la paura dell’impegno, la fragilità del corpo — risuona profondamente con lo stato d’animo collettivo di quegli anni. Il desiderio, in questa pellicola, non viene urlato: si percepisce. Passa attraverso gli sguardi, la tensione delle parole non dette, le scelte difficili che feriscono ma liberano.
Anche in Aftersun (Charlotte Wells, 2022), l’intimità diventa un linguaggio segreto tra padre e figlia, fatto di silenzi, piccole routine ed emozioni appena accennate. Sebbene non ci sia erotismo nel rapporto centrale, il film trasmette in modo commovente quanto possa essere fragile il legame umano. E in quella vulnerabilità si nasconde una forma di desiderio: quello di connessione, di essere visti, di non essere soli.
Un’altra pellicola che rappresenta bene questo cambiamento è Passages (Ira Sachs, 2023), dove il triangolo amoroso tra i protagonisti si sviluppa tra impulsività, tenerezza ed egoismo. La sessualità è presente, certo, ma non come atto meccanico o spettacolo fine a sé stesso. È una forma di espressione, di potere, di paura e di affermazione identitaria. Il corpo si mostra, ma non come oggetto: come campo di battaglia emotivo.
Dopo la pandemia, sembra che il cinema abbia riscoperto l’erotismo partendo dalla quotidianità. Non è più così comune vedere scene di sesso scollegate dalla trama o dalla costruzione dei personaggi. Al contrario, c’è un tentativo più consapevole di mostrare come le persone si desiderano nel caos, nella tristezza, nella confusione. Come cercano conforto nella pelle dell’altro, e come il piacere possa essere anche una forma di resistenza.
Di fatto, l’inserimento di oggetti legati al piacere nella narrazione cinematografica ha smesso di essere una curiosità per diventare un simbolo. In film come Good Luck to You, Leo Grande (Sophie Hyde, 2022), una donna matura assume un escort per ritrovare il contatto con il proprio corpo. La storia è raccontata con empatia, ironia e una delicatezza che rifugge ogni cliché. Qui la sessualità è auto-scoperta, e il desiderio non ha bisogno di giustificazioni: solo di spazio.
Racconti come questi ci ricordano che il cinema non riflette solo ciò che siamo, ma anche ciò che vorremmo essere. In un’epoca segnata dalla distanza, dall’introspezione e dalla vulnerabilità, raccontare l’intimità diventa un modo per prendersi cura di sé. Per ricordarci che il piacere — condiviso o solitario che sia — resta una parte essenziale della nostra umanità.
Forse è proprio per questo che oggi, più che mai, si nota una tendenza in cui i momenti intimi non sono più il culmine della narrazione, ma il suo cuore pulsante. E in questa nuova forma di raccontare il desiderio, c’è spazio per la tenerezza, il dubbio, la ricerca… e anche per quei piccoli gesti che, come una carezza o un sussurro, ci riportano al presente. Al corpo. All’altro.