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In Sala

Sangue

Quello che “Sangue” non ha è un “disegno” generale. Non c’è regia. Non c’è interpretazione dei temi trattati. C’è Pippo Delbono che racconta se stesso e basta. Ecco, è questo che, prima di tutto, non mi sembra cinema

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Anno: 2013

Nazionalità: Italia – Svizzera

Genere: Documentario

Durata: 92’

Regia: Pippo Delbono

 

Ero molto curiosa di vedere questo documentario ideato e realizzato da Pippo Delbono. Chi lo conosce, e sono in tanti a conoscerlo e ad apprezzarlo per la sua intensa attività teatrale, sa bene di trovarsi di fronte ad un artista che affronta in maniera molto energica e personale i grandi temi e i grandi conflitti dell’esistenza umana, della nostra realtà, della nostra anima.

In Sangue tutto questo, però, rimane soltanto un potenziale, un’idea mal orchestrata. I protagonisti del documentario sono lui stesso, sua madre Margherita, Giovanni Senzani, ex esponente delle Brigate Rosse, e le macerie di L’Aquila dopo il terremoto. I temi del racconto, tanti, troppi, sono la morte, la guerra, la compassione, l’amore, il dolore, la fede e anche l’illusione.  Temi che Delbono fronteggia in prima persona nel corso del lungometraggio: tenendo per mano la madre durante il decorso della sua malattia e accarezzandola, una volta priva di vita; dialogando con il suo amico Giovanni sul senso della lotta per un ideale che porta all’uccisione di un uomo, per mano di un altro uomo; camminando nelle vie deserte di un luogo dimenticato da chi dovrebbe averne cura.

Questo film è stato molto dibattuto da un punto di vista etico, già alla presentazione al Festival del Film di Locarno, dove tra l’altro, si è aggiudicato il Premio Don Chisciotte. Francamente a me non interessa disquisire su se sia morale o meno filmare un cadavere o dar voce ai racconti di lotta di un ex brigatista omicida, anche se di cose da dire ce ne sarebbero. Preferisco fermarmi prima e considerare questo documentario da un punto di vista propriamente cinematografico. Quello che Sangue non ha è  un “disegno” generale: il filo che lega l’amicizia di Delbono con Senzani alla malattia e la morte della madre e alla situazione di L’Aquila l’ho trovato piuttosto inesistente. Sarebbero potuti essere due o tre film distinti, magari sviluppati e girati con più cura, con una direzione precisa. Non c’è regia. Non c’è interpretazione dei temi trattati. C’è Pippo Delbono che racconta se stesso e basta. Ecco, è questo che, prima di tutto, non mi sembra cinema.

Ginevra Natale

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